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22 Ago
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Intervista all'autore - Francesco Antonio Giordano -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Nato il 18/01/1955 a Mileto (VV), città sede vescovile, punto di partenza per Ruggero I d'Altavilla per la conquista, latinizzazione della Calabria e della Sicilia e che ha dato i natali a Ruggero II il Normanno.
Maturità scientifica, laurea in medicina e chirurgia, specializzazione in medicina interna presso l'Università di Pavia. Ha scritto poesie e pensieri dal 1969 fino al 1990, poi una lunga pausa fino al 2006 quando ho deciso di mettermi alla prova con un romanzo intitolato "U Ceramidiu"
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Di solito il tardo pomeriggio e il primo mattino
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Andrea Camilleri con i romanzi storici e civili
 
Perché è nata la sua opera?
Dalla paura che parlare troppo in televisione, sui giornali, sui media di femminicidi e violenza sulle donne potesse portare a un aumento del "fenomeno" attraverso l'emulazione, la liberazione dei mostri, delle ossessioni, delle fragilità di un mondo maschile che non accetta l'autodeterminazione delle donne, l'assurda convinzione che il possesso, il dovere, le catene stiano alla base della relazione amorosa tra un uomo e una donna, la negazione che sia la libertà di amare il vero motore di un rapporto equilibrato dove l'uno pensando al bene dell'altro riceve gioia, felicità.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Molto, direi tantissimo. Ho sempre avuto insegnanti, educatori, amici, dai quali ho imparato che la libertà degli altri è un diritto inviolabile, anche quando la si pensa diversamente e che la violenza, quale mezzo di convinzione, serve solo a far male, anche a chi la esercita. La mia maestra diceva che le donne in particolare non bisognava toccarle con l'intenzione di fare loro del male, nemmeno con un fiore.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Raramente è una fuga. Lo può diventare in contesti esistenziali che mettono alla prova il proprio io e lo portano quasi vicino alla sua disintegrazione, più spesso invece è un mezzo per raccontare quello che noi pensiamo sia la realtà, ma non dobbiamo dimenticare di non prendere abbagli. La cosiddetta realtà ha bisogno di essere verificata, certificata da evidenze inconfutabili, altrimenti si rischia di raccontare le nostre impressioni, i nostri sentimenti che spesso, come verità, sono molto diversi da quelli percepiti e "sentiti" dagli altri.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Molto del romanzo è autobiografico, quindi in esso racconto quasi dieci anni della mia vita. Fanno eccezione i primi due amori, inventati, funzionali per descrivere il passaggio dal mondo immaginario, nel quale il ragazzo del tutto o niente si dimena tra conflitti e speranze, al mondo della realtà, dove, quando tutto sembra perduto, il servizio militare, il lavoro, le responsabilità, la presenza di "Sofia", gli fanno capire che, oltre al bianco e al nero, esistono altri colori con cui costruire le tessere per assemblare il mosaico della propria vita.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Mia moglie
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Al mio amico Mario che fa il correttore di bozze per vari editori
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Credo di sì, anche se preferisco il cartaceo.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ottima opportunità per coloro che, facendo dell'altro, trovano piacere ad ascoltare un libro letto magari da un attore o dallo stesso autore.

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