Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Questo mio libro è dedicato a Dante Alighieri: è una mia personale interpretazione del suo pensiero e di quello delle persone illustri che egli incontrò nel suo immaginato viaggio ultraterreno.
Con un po' di superbia dirò che, scrivendolo, io mi sono sentito suo compagno di viaggio, anche io animato dal desiderio di colloquiare con i grandi personaggi dell'antichità che egli, come me, aveva conosciuto attraverso i loro libri. Io ho fatto quello che ho potuto per far conoscere alla gente dei tempi nostri le loro idee e le ragioni per le quali Dante li aveva tanto ammirati. Talvolta io, scorrendo le pagine dei loro libri, ho davvero l'illusione di comunicare con essi.
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Molto, perché, scrivendolo, io ho rivissuto episodi della mia vita reale. Dante, prima di diventare il grande poeta che tutti onoriamo, aveva partecipato attivamente alla vita politica e culturale della sua città, diventando un personaggio autorevole, ma un funesto colpo di stato appoggiato da forze straniere lo privò della patria e dell'onore costringendolo ad un esilio che durò tutto il resto della sua vita. Non voglio far confronti, ma qualche analogia posso riscontrarla con quello che è accaduto a me e a molti ex giovani della mia generazione, quella "sessantottina". Io frequentavo l'Università, quando in gran parte del mondo esplose la grande contestazione contro il monopolio del sapere e del potere da parte di potenti gruppi costituiti. Anche io fui coinvolto nelle proteste e, pur non avendo mai commesso niente di illegale, dopo la laurea in ingegneria civile non trovai lavoro in Italia e dovetti emigrare. La buona fortuna non mi soccorse come emigrante e nemmeno dopo il definitivo ritorno in patria ebbi la possibilità di esercitare con successo la professione di ingegnere. Così ho cominciato a scrivere libri e le esperienze della mia vita mi hanno aiutato a comprendere Dante.
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Non è questo il primo libro che ho scritto e pubblicato. Io ho cominciato a scrivere libri molti anni fa per riacquistare quella fiducia in me che gli insuccessi nella vita professionale e in quella politica mi avevano fatto perdere. Mi è stata di molto conforto la constatazione che molti altri scrittori e poeti in Italia hanno cominciato a scrivere per queste stesse ragioni. Volendo parlare di questo mio ultimo libro, io l'ho scritto per continuare la mia ricerca sul vero pensiero politico di Dante, che assai spesso lui stesso nasconde, sia per ragioni di evidente prudenza, lui esule e con una condanna per baratteria inflittagli dai suoi concittadini, sia perché si era proposto di insegnare agli italiani dei tempi suoi a ragionare con la propria testa.
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo non è stata per me un problema: ne avevo pensati diversi poi ho scelto il titolo che mi sembrava più attinente col contenuto del libro.
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Ovviamente porterei con me le opere di Dante, anche quelle considerate minori perché sono opere che non finiscono mai di suscitare dubbi e riflessioni in chi legge e ciò accade- io penso- per volontà dello stesso Dante che ha voluto la partecipazione dei suoi lettori nella scoperta di quelle verità che egli ci vuole comunicare. Quasi per le stesse ragioni porterei con me le opere del russo Dostoevskij che indaga sui misteri dell'animo umano.
Ebook o cartaceo?
Un libro per essere gustato deve essere stampato con caratteri che non sforzino troppo la vista di chi legge e accompagnato da illustrazioni che consentano un riposo momentaneo dell'attenzione.
L'ebook si presta meglio a realizzare questi obiettivi perché può essere stampato secondo la volontà di chi lo acquista, che lo può anche "personalizzare" inserendo fra le pagine i propri commenti e anche illustrandolo con immagini di proprio gradimento.
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Io mi sono laureato in ingegneria civile idraulica in un periodo nel quale l'Italia era ancora sotto l'impressione di grandi disastri alluvionali, come il Vajont e la grande alluvione di Firenze, ed avevo un forte interesse per la politica, essendo quelli gli anni della contestazione studentesca del '68, quindi ero naturalmente portato all'attività pratica nella professione da me scelta. Ma presto mi accorsi della estrema difficoltà di conciliare la passione politica con la professione di ingegnere. Dopo la laurea dovetti emigrare, ho subito all'estero gravi traumi e malattie e anche dopo il mio ritorno in Italia non ho avuto fortuna nella mia professione, che ho esercitato finché un grave incidente automobilistico, che mi provocò la frattura di una vertebra cervicale, col rischio di restare paralizzato per il resto della mia vita, mi persuase a rinunciare alla professione e dedicarmi alle lettere.
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Io non ho mai scritto romanzi ma libri autobiografici e poesie sul mio lavoro di ingegnere e sulle mie esperienze nel movimento studentesco romano, prima di dedicarmi alla saggistica letteraria. E su come sia nata in me la passione per la vita e le opere dei nostri grandi poeti posso dire, in tutta sincerità, che essa è stata generata dalla mia malattia. Ho detto che in Sudafrica ed in Arabia Saudita io ho subito gravi traumi sulla cui genesi nemmeno io posso dare lumi anche perché la guarigione è stata accompagnata dalla quasi completa amnesia di alcuni periodi della mi vita. Posso solo dire che la malattia era caratterizzata da allucinazioni, "psicosi con allucinazioni" era stata la diagnosi dello psichiatra che mi curò, e so anche che in quello stato scrivevo molto ma in un modo che denotava una evidente paranoia. Quel che ricordo è che molto scrissi sui miei ricordi del tempo del liceo e sugli studi classici che vi avevo fatto, nel mio stato di malato trovando conferma di ciò che si diceva negli anni della contestazione, che cioè la cultura che ci veniva impartita era una cultura "di classe", che cioè il pensiero di tutti i nostri grandi poeti e scrittori, arrivava a noi deformato secondo la volontà di chi gestiva il potere nella società. Guarito dalla malattia (almeno spero) mi rimase il dubbio e cominciai a indagare su vita ed opera dei nostri massimi artisti e poeti, constatando che veramente durante la loro vita molti di essi sono stati duramente perseguitati
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Dapprima certamente piacere, poi assai spesso delusione (parlo per me) nel constatare che fra i critici letterari e il grosso pubblico il libro non riceve la favorevole accoglienza che si sperava.
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Per questo mio ultimo libro, le cui copie stampate ho appena ricevuto, certamente i redattori della Book Sprint sono stati i primi a leggerlo, anche se alcuni capitoli li avevo già fatti leggere ad amici.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non so cosa pensarne. Io ho pubblicato u paio di audiolibri ma hanno avuto una diffusione assi limitata fra gli amici di casa.