Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Comincerei col dire che cos’è per me non scrivere: è uno stato di disagio emotivo simile a quello che ti fa aspettare qualcosa di gratificante, che tarda a presentarsi. Scrivere invece è molto divertente, perfino quando a condurti alla scrittura è la sofferenza.
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Uno scrittore, di cui purtroppo non ricordo il nome, ha detto che si scrive ciò che si conosce.
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Le poesie che compongono questa raccolta le ho scritte nel tempo, man mano che mi si presentavano per uno stimolo della realtà esteriore o interiore. Dare voce ai pensieri, alle emozioni fa evolvere e diventare consapevoli di quello che si è.
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stessa per deciderlo tra varie alternative?
È stato il sistema dei social a costringermi a inventare “affascinanteninfea” come nome utente per iscrivermi ad uno di essi. Perciò innanzitutto ho provato ad iscrivermi con il mio nome, ma il sistema l’ha rifiutato, perché già molto in uso.
Quindi, come si fa di solito, ho aggiunto la mia data di nascita,
ma neanche questo ha funzionato; ho smesso allora di provare e ho cominciato a pensare senza meta e non so da quali recessi della mente è venuto a galla "Lo stagno delle ninfee" di Monet e da lì le parole affascinante e ninfea, perché quei fiori mi appaiono bellissimi e misteriosi e dunque affascinanti.
Naturalmente l'affascinante ninfea non sono io, ma proprio la ninfea.
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Porterei “Madame Bovary di Gustave Flaubert. Quello che mi arriva da esso è proprio ciò che a Flaubert veniva imputato come eccessivo e cioè il suo lirismo. Flaubert era oltre gli schemi letterari dell’epoca, tanto da tracciare la strada per la modernità del Novecento.
Ebook o cartaceo?
Tutt’e due: l’e-book permette di leggere ovunque, per non parlare della comodità di poter portare con sé tanti libri. Ma a letto, prima di dormire, leggo un libro cartaceo: l’odore della carta è più piacevole, dell’odore dello smartphone, ammesso che ne abbia uno; la sua luce, il suo colore, quelli della carta intendo, sono più morbidi e conciliano meglio il sonno.
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittrice?
È dall’adolescenza che ho cominciato a scrivere poesie e diari e qualche racconto e da allora non ho mai smesso, ma scrivevo per me; non mi passava proprio per la testa la possibilità di fare della scrittura una professione. Poi qualcuno ha cominciato a dirmi che avrei potuto pubblicare qualcosa di ciò che scrivevo. Mi sono decisa a farlo dopo anni di discreta insistenza da parte del qualcuno di cui sopra, che altri non era che il mio futuro marito.
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Come ho già detto, scrivo da tanto e di solito porto con me un quaderno dove annoto tutto ciò che mi colpisce e sulla cui copertina è scritto 'Poesie'. Una mattina che uscii per spese, camminavo in una via del centro della mia città, quando un uomo in corsa mi urtò: io finii contro una vetrina e il secchiello senza cerniera, che portavo su una spalla cadde a terra.
Una donna sulla porta di un negozio vide la scena e accorse. Mi chiese come stavo, mi aiutò a raccogliere la borsa, il suo contenuto e il quaderno delle poesie, senza omettere di informarsi su di esso. Le spiegai. Fu molto sorpresa per quello che le dissi essere un hobby. La signora mi raccontò davanti ad una tazza di caffè al bar di essere un'insegnante di italiano, in giro, anche lei per spese nel suo giorno libero. Cosa potevo sperare di più dal destino, se non la possibilità di conoscere qualcuno, che potesse darmi un parere sui miei componimenti poetici? E così colei che mi aiutò in una circostanza sgradevole, poi è diventata la mia consulente di poesia e ottima amica.
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Ho provato affetto. Me ne sono resa conto e mi sono detta con una certa incredulità:
«Voglio bene a un libro?»
Poi ho pensato che ho sempre amato i libri, oltre che come conduttori di parole, proprio come oggetti. Eh, sì! Li trovo belli e ne sono gelosa, io che di gelosia non ho quasi esperienza.
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Mio marito.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non posso farne a meno, ormai. Quando cucino preferisco non avere presenze umane intorno ma, a me piace tanto ascoltare racconti e Eduardo De Filippo e il suo ‘O rraù.