Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Pavia nel 1970, ove risiedo e vivo tuttora. Mi è sempre piaciuto leggere e scrivere, così come ai miei genitori. Mio padre era un appassionato di storia, in particolare di quella pavese, di cui possedeva parecchi libri; mia madre invece leggeva opere di narrativa, scriveva poesie sia in italiano che in francese (era nata in Francia), nonché ricordi d'infanzia, dell'immediato dopoguerra, quando l'Italia era molto diversa dai giorni nostri.
Ho scritto il mio primo diario a sette anni, a cui ne sono seguiti altri, che scrivo tuttora, anche se saltuariamente, in cui ricordo episodi della mia vita, non necessariamente significativi, gite scolastiche, vacanze al mare, eccetera.
L'idea di comporre un libro è nata nel 2012. Volevo esternare certi miei pensieri ed opinioni su temi d'attualità, come il bullismo, l'amicizia, l'eutanasia, i pregiudizi verso chi è diverso, l'ipocrisia. Durante la stesura del mio primo romanzo (La bambina prodigio che sembrava vecchia), ho cercato di suscitare delle emozioni nel lettore. Tuttavia l'opera mi sembrava incompiuta, volevo spiegare cos'era successo alla protagonista, per cui, a distanza di diversi anni, ho pensato di fare il seguito. Il romanzo attuale, un fantasy, è assolutamente comprensibile anche non avendo letto il primo.
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Il lavoro in ospedale non mi lascia molto tempo libero, per cui ne approfitto quando posso. Ci sono dei giorni in cui non conto le ore che dedico alla scrittura, ed allora il tempo vola, arriva l'una di notte senza che io me ne accorga. È capitato che, mentre facevo una passeggiata in un parco, mi venivano in mente alcune aggiunte al romanzo in via di formazione ed allora, carta e penna a portata di mano, mi sedevo su di una panchina e buttavo giù qualche riga.
Il suo autore contemporaneo preferito?
Piero Angela, che ho avuto il piacere di conoscere di persona nel 1999, quando è venuto a Pavia. Riesce a rendere comprensibili anche i concetti più difficili.
Per quanto riguarda i romanzi, citerei Wilbur Smith.
Perché è nata la sua opera?
In questo romanzo, come preannunciato dal titolo, c'è molta avventura. Io penso che il compito di uno scrittore, al di là di raccontare la trama, sia quello di dare una morale, fornire degli insegnamenti, o qualcosa del genere. "L'isola maledetta" è un fantasy, ma tra qualche decennio potrebbe essere considerato un resoconto di fatti realmente accaduti. Fino a che punto si può spingere la scienza? Possiamo porle dei limiti? È giusto usare come cavie i topolini? Chi decide cosa è eticamente lecito e cosa no? Ciò che era tollerato in passato, non lo è più ai giorni nostri, e viceversa. Un tempo si estorcevano le confessioni con la tortura, oggi è giustamente condannata. Certi diritti si sono acquisiti solo in tempi relativamente recenti. Il tempo, la conoscenza della storia, la cultura, l'informazione, tanti sono i fattori che cambiano le persone e la società. Questi sono quesiti che il lettore potrebbe porsi dopo che avrà letto il romanzo.
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Ho ricevuto un contributo sostanziale dai miei genitori che, come ho specificato prima, sono stati due grandi lettori. Mi sovviene a tal proposito una considerazione sentita nel corso di una trasmissione televisiva: un bambino può avere una predilezione per un'attività, senza neanche saperlo, perché ne ignora l'esistenza stessa. Ma se l'ambiente in cui cresce gli fornisse adeguati stimoli, è molto probabile che il bimbo coltivi tale passione. Questo può valere per qualsiasi cosa, dalla musica alla danza, dalla scrittura al disegno.
Prima di accingersi a scrivere, si dovrebbe leggere molto.
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Dipende dal genere letterario. Nei miei due romanzi ho sempre delineato un "eroe", una persona a cui fare riferimento, quella che molti vorrebbero essere. A volte la realtà è talmente brutta che uno si rifugia nella lettura, ed allora si immedesima in quell'eroe, che non è altro che un comune mortale. Con il termine "eroe" non intendo quelli dei fumetti, ma chi ha il coraggio di comportarsi in un determinato modo anche se è l'unico a pensarla così, che non si fa intimidire dai pregiudizi, che combatte per un ideale, che difende i più deboli, anche se ciò potrebbe andare a suo discapito.
La realtà può essere scritta in tanti modi, così come la storia.
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Ho voluto inserire dei personaggi con il mio stesso carattere, come se io facessi parte della storia. Chi mi conosce bene, vede in più di un personaggio l'autore. Non avendo vissuto esperienze estremamente avventurose, ho immaginato come avrebbe reagito uno come me in situazioni analoghe.
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Più di qualcuno direi qualcosa, ossia la passione per le storie avventurose. Penso che nella formazione di uno scrittore giochino un ruolo fondamentale l'ambiente in cui è vissuto, ciò che ha visto o sentito, od esperienze personali. Tutto ciò ha plasmato il mio carattere, che si riscontra, in misura più o meno palese, nelle mie opere.
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mia moglie Anna Maria, che mi ha fornito utili consigli.
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
È probabile, anche perché si tende ad usare sempre di più il computer. Io preferisco il modello cartaceo, non ho ancora preso confidenza con l'ebook. Come ogni cambiamento, dev'essere graduale.