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21 Dic
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Intervista all'autore - Salvatore Russo -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato in un piccolo Paese durante la vigenza del disciolto partito fascista e quindi la mia formazione, come quella dei ragazzi di quel periodo, ha avuto l’impronta, durante il quinquennio della scuola elementare, della dottrina nazionalistica che portava avanti il Fascismo. Le letture di quel periodo erano rappresentate da fatti eroici di giovani che compivano  salvataggi di persone o comunque improntate all’amor di patria, rappresentandola sempre autentica ed importante.

La mia famiglia, dal punto di vista economico, era fondata sul lavoro nelle campagne, mio padre, come ho spiegato nel racconto in coda al libro, era un gran lavoratore della terra e molto attaccato ai suoi luoghi d’origine. La cultura di noi ragazzi di quel periodo era alimentata da testi controllatissimi dal regime.
L’idea di scrivere qualcosa mi è nata quasi per caso, per partecipare ad un concorso letterario di un club tennistico di cui sono socio, ma non mi sono mai considerato uno scrittore vero, anche perché non si può diventare scrittore ad una certa veneranda età. I lavori contenuti nei miei due libri che ho presentato per la pubblicazione possono essere considerati piuttosto un diario della mia fanciullezza e del periodo scolastico fino alla laurea. Studi compiuti in un periodo di oscurantismo, quale è stato il secondo dopoguerra.

Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
In realtà non c’è un momento definito della giornata in cui mi dedico alla scrittura, ma mi lascio guidare dall’ispirazione, e questo mi costringe a volte ad alzarmi persino  di notte per fissare certi concetti.

Il suo autore contemporaneo preferito?
Venendo all’età attuale, posso soltanto segnalare alcuni libri che ho letto di recente che mi sono stati regalati nel periodo natalizio. Uno è “L’inverno dei Leoni” di Stefania Auci che racconta la storia della gloriosa famiglia dei Florio che ha permeato della sua attività tutto un intero secolo; l’altro è “La misura del tempo” di Gianrico Carofiglio. La mia voglia di leggere comunque spazia ampiamente dai tempi classici ai moderni. Nella mia modesta biblioteca si possono rinvenire infatti libri classici che si riferiscono alla storia di Roma antica e anche libri che narrano storia dell’epoca attuale. Campeggia una Storia d’Italia in quattro volumi dell’inglese Denis Mack Smith ma vi sono volumi anche scientifici che sarebbe troppo lungo enumerare dei quali voglio segnalare soltanto il divertente “Al suo barbiere Einstein la raccontava così” di Robert L. Wolk. E ancora, libri classici come il Satyricon di Petronio, libri un po’ discutibili come quello dell’ateo Corrado Augias. Non mancano autori come Pirandello, Verga, D’Annunzio e Camilleri, e testi più leggeri lasciatici dal simpatico Luciano De Crescenzo.

Perché è nata la sua opera?
Mi ha incuriosito la teoria di Aristotele il quale sosteneva che per realizzare la giustizia occorreva osservare le leggi dello Stato in quanto esse ricoprivano tutto l’arco della vita morale. Questa asserzione mi ha fatto venire un dubbio: ma è sicuro che tutte le leggi dello Stato siano morali? Forse ai tempi di Aristotele la risposta sarebbe stata sicuramente positiva, ma con l’esperienza che ho potuto realizzare nei nostri tempi mi sono sorti mille dubbi in merito, per cui mi sono proposto di fare un’indagine sulla natura delle leggi nelle varie epoche della storia per individuare – come capeggia nel titolo del libro – le leggi giuste, leggi incomplete, leggi sbagliate e ingiuste.

Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Il contesto sociale nel quale ho vissuto nei primi anni non ha influito granché per i motivi che ho spiegato sopra, tant’è che mi sono deciso a scrivere qualcosa solo nell’età matura.

Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Io concepisco la scrittura solo come un modo per descrivere la realtà e non per evadere dalla stessa. Ritengo soprattutto che l’autore di un libro debba essere onesto con se stesso e con i lettori, descrivendo ciò che realmente pensa che possa essere il bene collettivo, sia per ragazzi che per adulti.

Quanto di Lei c’è in ciò che ha scritto?
Direi un buon 50% senz’altro.

C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nessuno in particolare.

A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A un amico magistrato.

Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Nonostante io possa apprezzare in alcuni casi la novità e i vantaggi di un ebook, non riuscirei mai a rinunciare alla lettura di un libro cartaceo, il cui contatto diretto e la possibilità di annotare ai margini qualcosa o sottolineare le parti più interessanti, lo rendono senza dubbio più interessante e invitante ai miei occhi.

Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo che possa essere un metodo per chi ha fretta forse e vuole guadagnare tempo, ma un libro – salvo per chi ovviamente abbia un handicap – deve essere letto con tranquillità e col tempo necessario che ci vuole per acquisirne i concetti. Io personalmente quando leggo, tengo sempre in mano una matita rossa e blu.

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