1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Per me scrivere è un modo per sottolineare il mondo e l'insieme di tutte le cose che mi accadono intorno, per condividerle con gli altri.
Quando scrivo ho la sensazione di mettere in evidenza il mio stato d'animo, di aprire una finestra interiore per il lettore.
Le mie emozioni quando scrivo dipendono per lo più da quello che sto cercando di esprimere, da quello che vorrei trasmettere: gioia o dolore, rabbia o soddisfazione, bellezza o amarezza, meraviglia o coraggio.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
All'inizio il mio obiettivo era descrivere la vita normale dei bambini africani, quelli che vivono in campagna. Volevo soltanto raccontare questo fatto di "normalità", semplicemente. Ci sono molte notizie riguardo ai bambini che vivono in quel mondo, ma queste trattano soprattutto gli eventi straordinari, il più delle volte si soffermano sulla miseria di tanti luoghi. Alla fine mi sono ritrovata a scrivere di tante cose che avevo vissuto insieme ai miei fratelli, a scoprire attraverso le righe che stendevo sui fogli quanto ero stata felice.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere quest'opera per me significa far sentire l'ecco della mia voce fino ai confini della terra.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo non è stata semplice. Dopo vari tentativi, ne ho formulati tre. Non riuscivo a scartarne nemmeno uno perché mi piacevano allo stesso modo, però ho trovato una soluzione. Li ho usati tutti e tre, rispettivamente in ciascuna delle tre versioni linguistiche pronte del libro: quelle scritte da me in francese e in italiano, e quella tradotta in inglese da una coppia americana di amici miei. In francese "IIA PECHE AU BAMBOU, Tableaux et Leçons de Vie"; in italiano "BATUBA MAN BETI, Vita Felice di un Bambino Africano"; in inglese "BATUBA, AFRICAN CHILD, A Diary of Memories, Frescoes and Lessons of Childwood".
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Se mi trovassi in un'isola deserta come il Robinson Crusoe del celebre romanzo di Daniel Defoe, porterei con me "Le mille e una notte", bellissima raccolta di innumerevoli racconti orientale di diverse ambientazioni e differenti autori, perché in quelle condizioni è come se il tempo fosse infinito, e leggerei un racconto al giorno, per farlo passare riempendolo con i vari personaggi, visitando con la mente i vari luoghi descritti.
Se invece mi ci trovassi per un ritiro volontario, porterei con me "UNA TERRA PROMESSA" di Barack Obama, un libro che dà speranza a chi parte quasi da zero, fa tanti sacrifici, sceglie una strada, quella della politica, e si ritrova a lottare, a perdere, a sognare, a vincere, a sbagliare, ad ascoltare, a dirigere uno stato grande come Gli Stati Uniti d'America.
Quello che mi ha ispirata di più della sua vita è il periodo ancora prima che Barack diventasse presidente: quella ossessione di cercare di fare le cose giuste per tutti i bisognosi, di confrontarsi con le istituzioni per cercare di aiutare gli emarginati nel suo paese.
6. Ebook o cartaceo?
Decisamente cartaceo, e credo sia così per la maggior parte delle persone che non usano i "Social". Inoltre toccare con le mani un'opera è una sensazione piacevole. Leggere su carta mi rilassa di più.
Ebook però è come avere una biblioteca in tasca. Geniale.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Ho deciso di intraprendere questa carriera grazie all'incoraggiamento di un'amica, e soprattutto quando sono riuscita a risparmiare per poter pubblicare un libro. Si scrivono tante cose, per tanti anni, da tanto tempo, ma rimangono nel cassetto, purtroppo.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L'idea di questo libro nasce seguendo dai giornali televisivi o dalla stampa o da diversi canali d'informazione le storie di bambini che annegano in mare, talvolta da soli senza i genitori. Mi chiedevo come siamo arrivati a questo, perché quel bambino o quella bambina che poteva vivere felice a casa sua finisse in quel modo. Mi chiedevo come potrei contribuire personalmente ad evitare questo; come potrei sensibilizzare la gente. Allora mi sono messa a scrivere per spiegare come si vive felici in tanti villaggi, con dei bambini e delle bambine che hanno uno spirito libero, genuino. Perché non custodire e rispettare quel modo di vivere? Come diceva Jean-Jacques Rousseau, "L'uomo nasce buono ma è la società che lo corrompe."
Magari con questo libro riuscirò a contribuire a salvare qualche "Batuba" da qualche parte.
Per quanto riguarda l'aneddoto, me ne viene in mente uno: mio figlio parla del libro che sta scrivendo sua mamma a un amico, nel quale, gli dice, ci sono tanti proverbi africani, e gliene cita uno: "Un dito troppo rigido non riesce mai a tirare le larve di palma fuori dalle loro gallerie, ma causa soltanto guai". Il suo amico ne afferra fin troppo bene il significato: viene consigliato a chiunque di agire senza violenza in ogni confronto con le persone per ottenere un esito positivo. E da allora, l'amico di mio figlio usa quel proverbio come un ricatto nei suoi confronti, per fermarlo in ogni situazione, girando sempre a suo favore le parole, e cercando di pronunciarle in dialetto africano.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Provo una bella soddisfazione a vedere il mio lavoro prendere corpo. Ho la sensazione di aver realizzato qualcosa di utile, qualcosa di importante, per me e per gli altri perché, a mio parere, il libro fa viaggiare nel tempo i pensieri e le parole, che rimangono e si tramandano su carta di generazione in generazione.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La prima persona che ha letto il mio libro si chiama Tina Rinaldo, e vive in un paesi di circa duemila abitanti nel basso padovano, regione Veneto, a Megliadino San Vitale. In quel paese ci lavoro da tanti anni, e ci conosciamo quasi tutti. Tina mi chiama la sua sorellina nera. Mi ha adottata praticamente, lei, e tutta la sua famiglia, e mi ha fatto conoscere altre amiche nei paesi vicini, altrettanto preziose, Fiorenza, Franca, Giovanna, Irene, e tante altre persone che dopo di lei hanno contribuito a rendere migliore l'opera "Batuba Man Beti".
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
La produzione di autolibri su vinile e cassette risale addirittura agli anni trenta, per i non vedenti. Ma oggigiorno, ha preso un'importanza più grande, poiché molte persone dopo aver lavorato a lungo con gli schermi, preferiscono far riposare gli occhi, magari ascoltando un audiolibro.
Gli audiolibri possono far compagnia anche in macchina, a chi viaggia da solo per aiutarlo a rimanere sveglio, oppure a chi non intende ascoltare la radio o la musica, e preferisce una bella lettura.
Infine, secondo me, una lettura fatta bene e registrata su audio favorirebbe e migliorerebbe la comprensione di ogni testo.