1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nata e cresciuta?
Sono nata a Grassano, cresciuta, nel corso dell’anno scolastico, per quattro anni a Matera per frequentare il magistrale e durante gli studi universitari a Bari. Dopo il matrimonio per alcuni anni a Policoro e infine a Matera, dove vivo attualmente.
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Ad un adolescente consiglierei di leggere libri quali quelli di Daniel Pennac, che lo aiutino ad avere fiducia in se stesso, che valorizzino le sue virtù (perché ogni bambino ne ha), che occorre scoprire e fare emergere.
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
È inevitabile che si opti ormai per l’eBook come conseguenza dello sviluppo delle nuove tecnologie, per i tanti aspetti positivi come la praticità e la facilità di potersene servire ovunque, per i nuovi stili di vita, soprattutto dei giovani.
Non bisogna comunque sottovalutare, secondo me, gli aspetti positivi del libro cartaceo quali l’emozione che provoca già toccarlo, sfogliarlo, farlo proprio, evidenziando passi (frasi o semplici parole), che ci hanno colpito, che facciamo nostri e che possono aiutarci a superare situazioni difficili, …
Infine il libro cartaceo ci rassicura e ci tiene addirittura compagnia.
Non riuscirei a concepire una casa senza libri cartacei. Sarebbe un deserto nella sua accezione negativa di “mancanza di vita”.
In medio stat virtus. Si potrebbe comprare, quindi, l’eBook quando la lettura è finalizzata alla conoscenza obbligata di determinati argomenti, come i libri scolastici, il libro cartaceo quando è una scelta, un regalo che si può offrire ad altri o a se stessi e che diventa prezioso, da custodire.
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
La scrittura, secondo me, inizia come colpo di fulmine (è quello che è successo a me) poi, però, potrebbe diventare un amore ponderato, del quale non si riesce più a fare a meno. Più si scrive e più si ha voglia di scrivere, più si riflette, si migliora, ci si confronta, si hanno idee che si sente il bisogno di esternare per fare spazio ad altre, … più si sta bene.
Oserei dire, quindi, che la scrittura, corretta nell’espressione e nei contenuti, che mira a trasmettere messaggi positivi a prescindere dall’argomento, avulsa da interessi utilitaristici, denigratori, … permette di far vivere emozioni e siccome “la vita è vivere emozioni”, la SCRITTURA È VITA.
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Il problema del razzismo e, quindi, dell’integrazione.
Partendo dal concetto che sono tanti i tipi di razzismo, sin da bambina ho sentito il bisogno dell’accettazione dell’altro come essere umano. Soffrivo molto nel vedere escludere in determinati contesti, ingiustamente, per motivi vari, chi avrebbe potuto partecipare anche se in maniera diversa, personale, nei limiti delle proprie possibilità.
Grazie, poi, all’insegnamento, ha costituito il fil rouge delle attività che programmavo. Ho sempre colto ogni occasione per presentarlo e svilupparlo perché l’ho ritenuto basilare ai fini formativi.
Ora, in pensione, visto che il tempo passa ma il problema resta, o meglio si acuisce a livello mondiale, grazie o a causa della globalizzazione, ho sentito il bisogno di svilupparlo in forma romanzata anche grazie alla conoscenza di immigrati e alla frequentazione di alcune persone che collaborano con associazioni che si occupano degli immigrati. Anche loro hanno contribuito a rafforzare la mia visione inclusiva.
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Il messaggio che vorrei trasmettere si potrebbe sintetizzare in:” Serena convivenza sociale globale”.
Capisco bene che sembra utopia, un sogno, ma io sono convinta che, solo se tutti ci facessimo guidare dal buon senso e se la formazione, dalla più tenera età e nel corso di tutta la vita, poggiasse su questo obiettivo si potrebbe arrivare a raggiungerlo.
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccola o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
No, assolutamente non ho mai pensato di scrivere dei libri. In un primo momento l’ho fatto per colmare il vuoto che mi circondava quando sono andata in pensione. Abituata com’ero ad essere sempre impegnata a programmare, organizzare attività didattiche, che mi assorbivano e alle quali dedicavo con piacere tanto tempo, tante energie, la mia vita oserei dire, mi sono ritrovata a vivere un disagio che la scrittura mi ha permesso di superare.
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Sono tanti gli episodi che ricordo con piacere perché mi sono ispirata alla realtà per cui non sono episodi inventati. Anche se, nel rispetto della privacy, ho cercato di modificarli, arricchirli. In pratica dietro ogni personaggio c’è una persona, un cuore che palpita.
Uno comunque degli episodi che mi ha stimolata a scrivere il romanzo è costituito da un concetto espresso da una ragazza che, in occasione di alcuni incontri informali ma significativi, quasi quale portavoce dei problemi che vivono gli immigrati, mise sullo stesso piano il bisogno che abbiano noi europei di realizzarci, di mirare a migliorare la nostra vita viaggiando, superando i confini, anche se, in verità, in determinati casi potremmo anche vivere bene in Italia e il bisogno di gente che, invece, il più delle volte, viene costretta ad emigrare anche dalla povertà, dal terrorismo, dalle guerre. In molti casi si tratta, quindi, di una vera fuga che non sempre assicura esiti positivi.
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Mai. Già quando ho iniziato a scriverlo avevo nella mia mente la sintesi del percorso del libro che inevitabilmente si è arricchito durante la stesura.
10. Il suo autore del passato preferito?
Il mio autore del passato preferito è Gustave Flaubert, che mi ha colpito per il suo realismo, che mi guida nella stesura delle mie opere ma in forma sensibile non impassibile. Si fonde, infatti, con i miei sogni e, quindi, suscita emozioni profonde.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che sia molto significativa per numerosi motivi.
Permette, innanzitutto, di cogliere aspetti che la lettura personale potrebbe trascurare. Coinvolge, astrae dalla realtà, fa vivere le storie narrate, fa provare emozioni che, una lettura individuale, non sempre potrebbe garantire. Lo sto sperimentando con l’ascolto di alcuni miei libri. Molto incidono, naturalmente, il ritmo, il volume, il tono, elementi basilari di una lettura espressiva.
L’audiolibro educa, inoltre, all’ascolto e all’espressione i bambini che non sanno ancora leggere.
Permette a chi ha problemi di disabilità, di difficoltà di lettura, di non sentirsi diverso, escluso.
È il massimo, infine, quando si ascolta un audiolibro in una lingua straniera che si cerca di imparare, che si vuole perfezionare o che si ama semplicemente.