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08 Giu
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Intervista all'autore - Paolo Carpi

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Mia madre profondamente religiosa, di famiglia contadina, con 5 fratelli maschi. Mio padre titolare di un caseificio insieme al fratello fino ai primi anni '60. Poi eventi economici negativi e la perdita di tutto. Sono mantovano della bassa padana, ma vivo nel comasco da moltissimi anni. Ho 2 sorelle entrambe maggiori, ex insegnanti, ma Giordana morta suicida. Sono di indole riflessiva e pacata, ma con spiccata emotività. Sono sposato e ho un figlio. Ho sempre lavorato nell’industria farmaceutica come controllo qualità. Oggi sono pensionato, ma mi piace rendermi utile e aiutare gli altri. Scrivo poesie da qualche anno. Per me questo significa dare voce alla mia interiorità che risulta essere libera di manifestarsi attraverso la parola scritta.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
La notte, senza alcun dubbio. È nel silenzio e nell’assenza di qualche richiamo verso attività "altre" dovute alla parte diurna del giorno che mi posso concedere allo scrivere.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Leggo poesia soprattutto. Pessoa, Wislawa Szymborska, Martina Cvetaeva, Costantino Kavafis, Derek Walcott i miei preferiti. Salvatore Quasimodo un punto fermo delle mie letture. Ma leggo solo anche poesia di autori locali, sconosciuti perlopiù al grande pubblico.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Sì tratta di una silloge che raccoglie poesie scritte nell'arco di un lustro circa. Tema portante la mia incapacità di dare un senso al trascorre del tempo e della vita, che mi appare, per certi versi, incomprensibile, vana e segnata da un destino inesorabile che la rende fatalmente soggetta al dolore. Questa mia posizione mi mette in tensione continua con la propensione ad essere credente, anche se con un'idea di Dio non canonica, fino a dedurre di essere portatore di una certa ambiguità esistenziale causata dalle mie 2 anime: una razionale e l'altra irrazionale. Alterno infatti momenti di desolante pessimismo circa l'essere soggetto alla decadenza e alla morte ad altri, nei quali un barlume di speranza sembra essermi concessa da quella parte di me che "sento" propensa a sfuggire alla ragione, in cerca di risposte alle quali tuttavia non sa dare risposte definitive.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Penso sia la mia indole riflessiva e caratterialmente pessimistica, il motore principale della mia scrittura. Io sono di formazione tecnica (sono un chimico) e il mio confronto con la realtà è stato di natura tecnico- scientifica. Giudico il contesto sociale nel quale ho vissuto ininfluente sulla mia propensione a scrivere poesia. Certo, avvenimenti molto negativi per me, come il suicidio di mia sorella, amatissima, mi ha causato non poche ripercussioni anche di carattere esistenziale.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è un modo, una opportunità che concedo a me stesso di lasciare libero il pensiero di andare a confrontarsi con le tematiche a lui più sentite e care, senza ostacoli imposti da un ragionamento precostituito o da condizionamenti razionali di alcun tipo. È una condizione "di grazia" che accolgo volentieri quando possibile, e lascio fluire liberamente in me. In quell’ambito, la realtà può subire delle alterazioni percettive e non essere più il soggetto, ma diventare un complemento del mio essere profondo.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Moltissimo. Anzi direi tutto di me.
 
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
No. Ho scritto questa silloge "obbedendo" solo a momenti riconducibili alla necessità di dare voce a istanze del pensiero che riconosco orbitante intorno al pianeta abitato dalle mie ansie esistenziali irrisolte.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Le mie poesie sono, fino ad oggi, inedite. Ma tuttavia qualcuna di esse è stata letta in occasione di qualche manifestazione o riunione del gruppo letterario del quale faccio parte. Il suo nome: Acarya.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Forse della lettura di testi poco impegnativi da un punto di vista dei contenuti. Credo quella modalità di lettura essere conforme al tipo di società irrequieta e tecnocratica che pare oggi affermarsi. Ma il libro cartaceo continuerà ad essere a mio parere, "una presenza" irrinunciabile anche nel nostro mondo affrettato e superficiale.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Si molto, bene. So questa modalità essere molto apprezzata dagli anziani (come me...). Non affaticano la vista e l’ascolto risulta sempre essere molto attento incentivato forse anche, dalle buone performances dei lettori che danno "corpo e vita" ai testi letti da loro. In questo caso la tecnologia è benigna e non matrigna come ritengo invece sia per molti altri aspetti.
 
 
 
 
 

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Martedì, 08 Giugno 2021 | di @BookSprint Edizioni

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