1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
La scrittura è evasione, ma è anche un momento di confronto con la realtà. È il modo più semplice di trasportare qualcosa sul foglio, e non tanto emozioni o sensazioni, ma vissuto, ciò che di più intenso si possiede. Quando scrivo lo faccio di impulso, è un getto di istinto, non lo puoi fermare, forse proprio perché è necessario espellere. Come nascere e morire, questo è scrivere, provare anche a rileggersi.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
La vita reale in modo più o meno forzato condiziona lo scrivere, in continuità con il proprio vivere, scrivere rappresenta l'occasione di liberarsi da pesi che nella realtà tendiamo a nascondere. C'è molto del mio vissuto, ma c'è anche molto del mio non vissuto, di qualcosa che è solo nella mente, ma che merita uno spazio per potersi realizzare.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere quest'opera mi è servito a misurarmi con il mondo della scrittura: ho realizzato altre opere per così dire, tenute nel cassetto, variando i generi, quest'ultima però, diversamente dalle altre mi ha offerto la possibilità di liberarmi di ciò che mi pressava. Vivere l'amore, o comunque qualcosa di simile, non lo chiamerei così, e viverlo a 16, 17 anni può sembrare così deleterio talvolta, ma è un esercizio per restare vivi.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del libro è stata molto combattuta. La mia cifra stilistica, per così dire, mi impone di scegliere un titolo totalmente distaccato dal contenuto: il motivo è che il lettore ha bisogno di stimoli, è un titolo di caratura internazionale può spingerti ad essere curioso, ma comporta anche un cortocircuito, spingendo a non leggere. Questo è l'effetto che voglio.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Certamente il libro che mi ha spinto a scrivere: "Uno nessuno centomila". Pirandello è il pioniere del disturbo, non siamo solo quello che facciamo vedere, ma soprattutto quello che non mostriamo. Questa frammentazione ci permette anche in un'isola deserta di non essere mai soli.
6. Ebook o cartaceo?
Preferisco il cartaceo, lo preferisco per mantenere la ritualità del libro che si legge, si tocca, si vive. L'ebook è il futuro, senza dubbio rappresenta ciò che verrà, ma il cartaceo non si potrà mai sostituire nelle emozioni che si provano dall’acquisto al "prestito" del libro all'amico.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
In realtà non mi definirei uno scrittore, ma un disturbatore, un distruttore del velo di ipocrisia che ho intravisto nello scenario della scrittura, quello che esalta l'amore o come la perfezione assoluta, o come manette e frustini. Sono l'elemento che prende in considerazione tutto il processo che è un’altalena.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Nasce dalla necessità di scrivere. Un pomeriggio mi sono accorto che era necessario buttare fuori un pò di scorie tossiche, ma di addolcirle, così, un po’ come in una sfida ho cominciato a battere al computer, consapevole che avrei smesso poco dopo. Invece stavolta mi sono ricreduto, non ho potuto fermare il flusso di pensieri. Allora mi sono detto, questo lockdown, sarà proficuo per la scrittura, e ho mantenuto la parola.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Si prova grande soddisfazione è inutile negarlo, ma anche un po’ paura. Tutto ciò che si scrive rimane indelebile, non si può cancellare, in qualche modo ti rappresenta. Chi scrive però, è molto più di ciò che scrive, e a volte è proprio l'opposto. Nel mio caso ho scelto di essere il mio libro ma anche il suo detrattore.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La prima persona che ha letto il mio libro è un'amica. Avevo bisogno del suo parere perché lei, un po’ come me, ha vissuto delle situazioni, e per questo ne ha compreso a pieno il significato.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro è sacrosanto, nel dare la possibilità a tutti indistintamente di leggere l'opera: non basta poggiare gli occhi sulle pagine, a volte la giusta intensità vocale, il giusto ritmo, possono fare la differenza nel vivere una scena, o un capitolo. Che Dio benedica questa nuova frontiera!