1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono insegnante di liceo, ho studiato Lettere classiche e mi sono sempre interessate la storia antica e l'archeologia. Ho letto molto fin da bambina, e (ma non chiedetemi il perché, non saprei rispondere...) proprio da bambina mi attirava molto la scrittura, in cui tra l'altro me la sono sempre cavata piuttosto bene a scuola. Tuttavia, per molti anni, scrivere è stato solo un sogno che forse non mi rendevo neppure conto di avere dentro di me e molto ben nascosto nei miei cassetti... Poi, col passare del tempo, il contatto con il mondo della scuola, con i colleghi, con la vita dei ragazzi e con il loro modo di vedere le cose, mi ha finalmente dato l'idea di buttare giù qualcosa...
Questo è il mio secondo libro ambientato nel mondo della scuola.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Assolutamente la sera, dal momento che il giorno è tutto preso e si esaurisce tra scuola, figli e casa e anche qualche hobby, a cui mi dedico volentieri, come la musica.
Poi con il silenzio e il buio, senza distrazioni, figli e altro, riesco meglio a concentrarmi, a raccogliere le idee, i pensieri, a riflettere e a tornare indietro con la memoria che nel mio modo di scrivere è molto importante. La mia è una scrittura prevalentemente di ricordi e di riflessioni.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Assolutamente Andrea Camilleri, per motivi che vanno dalla sua capacità di rendere leggere anche le cose pesanti, passando attraverso la sua lingua particolare, il vigatese, per arrivare anche, ultimo ma non meno importante, al fatto che era siciliano e che parla della sua Sicilia, regione che io amo molto. Il punto di vista di Camilleri sulla Sicilia è sempre per me intrigante e affascinante. Anche per questo, cerco di stimolare la conoscenza di questo autore tra i miei studenti e non manco di organizzare periodiche gite scolastiche nei luoghi siciliani a lui e a me cari.
4. Perché è nata la sua opera?
È nata pensando di raccontare in modo disincantato e realistico, il mondo della scuola attraverso risvolti inaspettati e prendendo come spunto momenti esterni alle lezioni e all'aula in senso stretto. A tutto questo si uniscono le immancabili riflessioni di un’insegnante estremamente dedita al suo lavoro che ama profondamente questo mondo della scuola e dei ragazzi, che cerca di curare i suoi studenti in modo particolare e per questo gode di un rapporto privilegiato con loro. Questo è un libro che si basa sull'amore corrisposto tra un'insegnante e i suoi alunni.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Se ci riferiamo alla scrittura in senso stretto, come credo si sia capito dalle risposte precedenti, tutto libro è basato sul contesto in cui vivo e mi muovo, in cui lavoro, che non è sempre facile da gestire, con le sue grandi frustrazioni e altrettanto grandi dolori, ma anche le eccezionali soddisfazioni che solo la scuola può dare, e che, purtroppo, coloro che non mi hanno mai fatto esperienza, non sono in grado di capire pienamente.
Se invece ci riferiamo alla mia formazione letteraria in senso lato e ai miei interessi letterari e culturali, purtroppo il contesto in cui sono cresciuta, marginale e provinciale rispetto ai circuiti della grande letteratura e cultura, e contesto prevalentemente agricolo e artigianale, non ha favorito certamente l'acquisizione di conoscenze e competenze particolari né mi ha consentito il raggiungimento di alti obiettivi.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Certo per me è un modo per raccontare la realtà e, per farlo, la capacità di riflettere sulla realtà e lo sguardo lucido su di essa, su qualsiasi risvolto essa presenti, è fondamentale. Credo di essere una persona adatta a compiere questo tipo di lavoro. Non scrivo romanzi, la mia è una narrativa particolare proprio perché parte dal reale, attraversa la riflessione e torna al reale, attraverso fasi che io chiamo "liriche ", che scaturiscono dal mio animo di artista, ma che concedono pochissimo alla fantasia e all'evasione romanzesca. Quindi mantengo i piedi ben piantati per terra.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
In quello che scrivo c'è sempre tutta me stessa, nel bene e nel male: basta leggere. Non nascondo i miei punti deboli, anche se evito di celebrare eccessivamente le mie positività. Senza me stessa i miei libri non esisterebbero e questo non è affatto una banalità: non manipolo me stessa scrivendo e, che io piaccia o meno, sono tutta nei miei libri.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Per la stesura in senso stretto, no. Lavoro in grande autonomia e preferisco tenere tutto nascosto... prima di rivelare che sto scrivendo e soprattutto prima di rivelare "cosa" sto scrivendo. Anche la mia famiglia mi rimprovera per questo, perché da me non trapela nulla. Faccio un'enorme fatica a chiedere a terzi e a collaborare con altri per scrivere. Diciamo che sono molto autoreferenziale. In ogni caso, quando la scrittura procede bene e sono a buon punto, mando dei brani a qualche amico fidato perché esprima un giudizio e per capire se sto procedendo sulla strada giusta... I giudizi più o meno entusiasti mi fanno ragionare su ciò che ho scritto e mi fanno tornare sui miei passi oppure procedere più speditamente.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A una persona a me particolarmente cara della quale mi premeva il giudizio, e che volevo leggesse prima di tutti gli altri. Ma non dirò altro...
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
No. Questa risposta può sembrare categorica e presuntuosa posta in modo così assoluto, ma io ritengo che l'uomo non si sa così stupido da doversi affidare alla tecnologia E ritengo che l'uomo non sia nato per affidarsi completamente alla tecnologia. In questo vado forse controcorrente anche rispetto a molti miei colleghi che fanno dell'informatica il loro cavallo di battaglia. La carta è importante e il libro cartaceo è per l'uomo, inteso come persona, fondamentale, per il suo spirito, per la sua anima. Visione troppo romantica? Non ne sarei così certa: ancora parto dall'esperienza e dai feedback che mi vengono dagli studenti che quotidianamente ho di fronte, che pure appartengono tutti alla generazione digitale, molti dei quali non rinuncerebbero mai al libro cartaceo. Per concludere, non pretendo dai miei studenti che possiedano libri cartacei, se preferiscono l'ebook, ma caldeggio la carta stampata con grande convinzione.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ecco, questa è una questione diversa. Oggi come oggi, anche statisticamente, in mezzo a miliardi di persone, l'aumentato livello di alfabetizzazione, ma, purtroppo, il parallelo accresciuto numero delle problematiche inerenti la lettura eccetera, rendono spesso l'audio libro fondamentale. Ancora una volta la scuola ci insegna che lo studente DSA o con qualche altra particolarità..., ma anche lo studente che non ama leggere perché la lettura gli richiede troppo impegno fisico, può usare l'audio libro come valida alternativa al libro stampato. Se è possibile però, chi può leggere facilmente, non ne abusi!