1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere per me è un lavoro, un impegno, una catarsi, una soddisfazione, un piacere. Ho scritto testi differenti in base alle iniziative e alle richieste. Ho provato il fascino misterioso dello scrivere come ghostwriter, la diligenza e l’elasticità mentale del recensire volumi di vario genere, la fatica costante del lavoro di ricerca per nutrire le menti dei lettori di saggistica, il sommo piacere della scrittura di romanzi dettati da improvvise ispirazioni, il gusto della consuetudine di curare il mio blog “La scorribanda legale” che attrae per la varietà dei contenuti proposti.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Io sono una donna, il protagonista è un uomo. Potrebbe esserci un legame a livello inconscio oppure no. Brian Tayor ed io abbiamo indubbiamente in comune l’aver perso la figura paterna all’età di sedici anni, il senso di smarrimento, il dolore della perdita, il brio dell’iniziativa, l’obiettivo di serenità e stabilità.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Mi ha affascinato tanto scrivere la storia di Brian Taylor. Ho avuto modo di accostarmi al vero mestiere dello scrittore rendendo la mia esperienza e competenza complete. Non più solo una saggista alle prese con una miriade di ricerche. Alla base della stesura c’è stato un lavoro di ricerca, ma ben differente rispetto ai precedenti volumi. Ho un aneddoto speciale che condividerò con voi nell’ottava domanda. Posso davvero affermare che quest’opera si è scritta da sola.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Il titolo è stato sicuramente ponderato con cura anche se non potrà mai trasmettere tutti i contenuti del manoscritto nella loro complessità, ma solo la forza della passione che vince su tutte le avversità.
L’opera si propone di veicolare alcune tematiche giovanili di stringente attualità come il senso di appartenenza al gruppo e lo spirito di emulazione. Il contesto generale è quello della libertà che degenera in libertinismo e conduce all’abbandono scolastico, al consumo massiccio di alcool e stupefacenti. Non meno importante è la questione della promiscuità sessuale con relativa prevenzione da malattie veneree e gravidanze non programmate.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Mi sono posta tante volte la stessa domanda accedendo alla mia biblioteca privata e tutte le volte mi sono ritrovata a considerare che un libro solo non sarebbe sufficiente. Porterei con me diversi manuali di sopravvivenza o anche solo dei volumi di saggistica che stimolino il ragionamento dato che le sfide che attendono una scrittrice avventurosa su un’isola deserta fanno sì che non ci si annoi. Con buone probabilità porterei con me carta e penna per favorire il concepimento di un nuovo romanzo d’avventura.
6. Ebook o cartaceo?
Assoluta compresenza. L’ebook è un’idea geniale che si è concretizzata, ma non è paragonabile al rapporto umano e fisico che si instaura con la carta. Impugnare il proprio libro preferito, percepirne l’odore dei caratteri di stampa, inserirci il segnalibro personalizzato, sgualcirlo inevitabilmente, riporlo in borsa e portarlo con sé ovunque capiti…è un qualcosa che non può essere replicato.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Il mio libro “Theatrum mundi. Sbarco sulla Luna” reca una dedica che risponde alla domanda: “A Max, un vecchio amico. Lo scultore riesce ad intravedere in un blocco d’argilla la futura scultura. Allo stesso modo hai visto in me il germe dello scrittore quando ero ancora una ragazzina di scuola media”. Il mio compagno di banco non vedeva l’ora di poter leggere i miei compiti in classe di italiano. Ogni volta conservava nello sguardo lo stupore della prima lettura e mi chiedeva se avessi mai pensato di fare la scrittrice da grande. Il tempo gli ha dato ragione.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Non ho mai avuto intenzione di scrivere un romanzo. Sono una saggista e il mercato editoriale meno recente offre già valide opere. Un pomeriggio d’estate però, mi ritrovai a scrutare il panorama che il balcone di casa mi regala. Ripensai agli anni di spensieratezza del periodo adolescenziale, il più felice della mia vita. Guardai in lontananza e fui permeata da un’ondata di adrenalina. Fu nel momento in cui liberai la mente dallo stress della quotidianità che venni raggiunta, anzi fui folgorata da un’ispirazione: i personaggi e la loro storia erano approdati nella mia mente. Mi erano giunti in visita come da un luogo remoto. Ogni sequenza mi appariva così nitida e le emozioni così enfatiche. Non ho mai ritenuto possibile un evento simile.
Ho dovuto far attendere i protagonisti il tempo necessario per studiare il lavoro di sceneggiatori come Snyder poi ho lasciato che il racconto fluisse.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Nonostante sia il mio settimo libro a prendere vita, direi che quell’emozione effervescente tipica del libro d’esordio si avverte sempre, anche se con quel senso di maturità acquisita dopo anni di carriera editoriale. È molto forte l’entusiasmo che accompagna l’idea che presto il volume potrà essere gustato da altre persone.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Essendomi sempre occupata di saggistica, ho considerato l’idea di sottoporre l’opera direttamente al vaglio di un comitato di redazione esperto per una valutazione che fosse severa.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L’audiolibro rappresenta senz’altro una magnifica innovazione. Inizialmente la associavo ad un valido ausilio per i non vedenti, ma può coadiuvare anche i più piccoli nell’esercizio della lettura scorrevole e con una corretta intonazione emulando il file audio. Tuttavia ritengo che debba esserci sempre una compresenza con il testo scritto in forma digitale o cartacea.