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06 Mag
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Intervista all'autore - Ivan Buttazzoni

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono laureato in Filosofia e a luglio lo sarò anche in Storia dell'Arte. Vivo ad Udine, una piccola città sperduta nell'estremo Nord Est dell'Italia. Ho deciso di dedicarmi alla Letteratura e alla scrittura di testi critici realizzando la mia prima tesi di Laurea, e leggendo i romanzi di Jean Genet, le opere letterarie e critiche di Jean-Paul Sartre, e i diari di Simone de Beauvoir. Ho sempre pensato che per scrivere bisogna aver vissuto, avere un passato da elaborare, così ho aspettato i 37-38 anni per dedicarmi alla scrittura.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Tutto il tempo che posso. La scrittura è un esercizio costante. Bisogna scrivere anche e soprattutto quando si è privi di ispirazione. Perché solo scrivendo si impara a scrivere. Come tutti i mestieri la scrittura ha bisogno di un costante esercizio. La somma scrittrice Colette imparò suo malgrado a scrivere così, separandosi dal mondo e applicandosi per ore, quotidianamente.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Sicuramente H.P. Lovecraft. Può piacere o non piacere. A me piace infinitamente e devo dire che non c'è nessuno come lui. La sua capacità di creare mondi alternativi e sogni è insuperabile. Egli ha dato forma con la sua scrittura ad un universo, con una storia, una mitologia, una estrema coerenza interna che lo rende credibile. Lovecraft è per me il Maestro Assoluto della scrittura.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Voglio raccontare la mia vita, e gli incontri con persone particolari, eccentriche, fuori dalle regole, come fece Gurdjeff, come ha fatto Colette.
Il mio scopo è romanzare la mia vita per estrarne il contenuto spirituale. Ovviamente un solo libro non basta a fare ciò. Tutti i miei libri sono un frammento di una grande opera di una mia personale trasposizione di me stesso in Letteratura. Ho voluto dedicare questo studio alla personalità bizzarra di Manuel De Marco, con cui ho diviso un lungo periodo della mia vita e che è diventato un affermato pittore a Milano. Complimenti Manuel!
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Più che nel mio contesto sociale udinese, io mi sono formato leggendo le opere letterarie francesi composte intorno agli anni 40 del Novecento, in piena guerra, o durante l'occupazione nazista di Parigi. Ho sviluppato e ricreato in me quel fervido ambiente letterario. Ho ricostruito nella mia immaginazione l'urgenza di scrivere che avevano autori come Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, ma anche Jean Cocteau e Genet. Mentre il mondo crollava loro avevano la forza di scrivere, senza sosta. Questo può insegnarci tante cose.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe le cose e di più. Scrivere è un modo di trasformare la realtà, romanzarla, digerirla, metabolizzarla e ritesserla in forma esteticamente più seducente, come faceva Colette. È un modo di riflettere sulla propria storia, per questo non ho voluto scrivere a vent'anni, per scrivere serve un passato da rielaborare e ricreare, come un ragno tesse la sua tela. La scrittura migliore ha una forte radice nella realtà. Poi avviene il miracolo della trasmutazione in sogno, come ad esempio in Lovecraft. Io scrivo di me e della mia storia, anche se non sembra, tutti i miei libri sono frammenti di un diario esistenziale.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Il Principe delle Tenebre è un libro che tenta di parlare di un altro artista. È una sorta di psicanalisi esistenziale, un tipo di analisi alternativa alla psicanalisi freudiana che Jean-Paul Sartre tentò scrivendo le biografie di Baudelaire, Flaubert, Tintoretto e Genet. Anche io ho voluto inventarmi un mio metodo di analisi letteraria e filosofica di altri autori. È una sorta di analisi onirica della psiche degli artisti che ho scelto. Ho molti altri scritti simili che non sono stati pubblicati ancora su altri artisti… Ma ormai so benissimo che ogni Biografia è e non può non essere una Autobiografia. Non usciamo mai da noi stessi e, nonostante tentiamo di scrivere di altri, alla fine scriviamo sempre di noi stessi, di parti nascoste e profonde di noi. Quindi di me nel libro c'è tanto. Ciò che ho fatto è stato riflettermi in Manuel De Marco come in uno specchio, e descrivere ciò che vedevo.
 
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Un aggancio con la realtà rende la scrittura più semplice e fluida, piuttosto che inventare tutto di sana pianta io consiglio di radicarsi nel proprio vissuto e poi elaborare il tutto con la propria fantasia, anche fino al punto di renderlo irriconoscibile. Quindi fondamentale per me è stata la mia relazione esistenziale e vissuta con Manuel De Marco. Senza questo vissuto non sarei riuscito ad andare in profondità. Anche se è possibile scrivere di persone che non si conoscono o si conoscono appena (con riferimento ai miei saggi inediti su Saturno Buttò e Heather Nevay), avere un vissuto comune rende tutto molto più immediato, semplice, scorrevole, profondo ed incisivo.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Appena scritto il saggio l'ho inviato immediatamente via mail a Manuel De Marco a Milano. E lui ne è stato entusiasta ed estremamente grato.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Certo, io ho un migliaio di libri cartacei, ma trovo l'ebook estremamente comodo e agevole. Io leggo dal cellulare, senza problemi. Ovviamente per la Letteratura forse è più consigliabile il cartaceo, per una relazione sensoriale con la pagina di carta, ma per la saggistica e gli altri generi io sono totalmente per l'ebook. Il mio libro “Il Principe delle Tenebre” è molto agevole per essere letto in formato ebook.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Quando dipingevo per professione, stavo tutto il giorno sul cavalletto (la pittura richiede impegno infinito…) e non avevo tempo di leggere libri. Allora ho acquistato molti ebook. Li ascoltavo in cuffia, mentre lavoravo, perché avevo le mani impegnate da colori e pennelli. Quindi per me l'ebook è assolutamente da più di quindici anni uno strumento utilissimo. Così ho letto Lo Hobbit di Tolkien, le storie del Demone Bartimaeus, e i libri di Rudolf Steiner.
 
 
 
 
 

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Mercoledì, 06 Maggio 2020 | di @BookSprint Edizioni

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