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16 Apr
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Intervista all'autore - Maria Cristina Tatafiore


 1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Per me scrivere rappresenta un atto di purificazione, in quanto con la scrittura riesco a pulire la mente, i pensieri più oscuri, che pur rimanendo nello stesso posto assumono un significato diverso. E' come se la scrittura mi permettesse di guardare un po' le cose dall'alto in basso, di sentirmi padrona di ciò che mi circonda; essa mi fa sentire capace di tenere sotto controllo e dare un senso anche al più inafferrabile ed elusivo degli aspetti della vita. Sarà un'illusione? Può darsi, ma mi fa stare bene, e questo è ciò che conta!
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Non amo le autobiografie, infatti la storia narrata nel libro non è stata vissuta da me in prima persona, anche se certi aspetti caratteriali di alcuni personaggi sono ispirati a persone che sicuramente mi sono passate davanti nel corso degli anni e che mi hanno lasciato in dono, ognuno a modo suo, tratti peculiari dai quali ho attinto per la costruzione dei diversi personaggi. Ovvio che poi l'immaginazione e la fantasia hanno fatto il resto!
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Una catarsi, un'immersione nei sentimenti e nelle emozioni dei protagonisti, essere di volta in volta prima l'uno, poi l'altro personaggio, perché, è vero, essi non sono me, non sono autobiografici, ma man mano che hanno preso corpo sono stata io a diventare loro, e questa credo sia una cosa che ogni autore debba ai suoi personaggi, una specie di riconoscenza, nel bene e nel male.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
E' stata naturale. "Al di là del vetro" non è soltanto una condizione fisica, il ragazzo che guarda il padre che non tornerà da lui, ma rappresenta la condizione umana di chi guarda qualcosa che non ha il coraggio di afferrare, di chi resta ad aspettare lasciando che la vita scorra senza rendersene conto, o peggio, di chi si rende conto che quel vetro non può essere oltrepassato, che non resta altro da fare che restare a guardare.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Siddharta, di Hermann Hesse, perché è un viaggio dentro se stessi, fa vedere la vita da una prospettiva spirituale che oggigiorno sarebbe utile ritrovare.
 
6. Ebook o cartaceo?
Cartaceo, tutta la vita!
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non la considero una carriera, ho sempre amato scrivere, forse dal momento in cui ho imparato a leggere e ho potuto rendermi conto della grandezza che può celarsi dietro una poesia, una storia. Ad un certo punto si desidera creare ciò di cui si è innamorati, ecco perché uno scrittore deve prima di tutto essere un avido amante dei libri.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Non nasce da nessun episodio in particolare, semmai da un insieme di fotografie impresse nella memoria e sovrappostesi nel corso del tempo.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
E' come se tutto ciò per cui hai lavorato venisse ripagato, al di là delle ipotetiche vendite o guadagni che ne possono derivare, è come un alito di vita infuso in un corpo inerme.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La mia migliore amica Adele, condivido sempre con lei per prima le novità.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Personalmente non ne faccio uso, ma sicuramente a molte persone può essere utile.
 

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