1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
L'amore per la poesia è nato a 17 anni. Una mia insegnante di italiano un giorno recitò in classe una poesia di Montale, Meriggiare pallido e assorto. Lo fece con una tale carica che riuscì a trasferirmi una grande emozione. Da allora cominciai a leggere le poesie con grande attenzione e passione. Cominciai a leggere di tutto ma mi entusiasmò in modo speciale un libretto di Trilussa. Ne fui affascinato e ispirato, cominciando a cimentarmi nello scrivere dei sonetti satirici, che poi correvo a farli leggere agli amici. Ne erano molto divertiti e così cominciai a scrivere con assiduità.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Ci sono periodi di lunghi silenzi nei quali non si scrive nulla. Ma in realtà sono quelli i periodi in cui le poesie sono in gestazione dentro noi stessi. Poi escono come in un parto. Le scrivo nei momenti di ispirazione. Mi è capitato anche di notte.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Giuseppe Ungaretti e Alda Merini
4. Perché è nata la sua opera?
Scrivendo. Dopo due pubblicazioni non ho avuto ispirazione per diversi anni. In realtà dentro di me si seminava. Poi ho ripreso a scrivere. E poesia su poesia alla fine ho composto una raccolta. La cosa straordinaria è che c'è sempre un filo conduttore che le guida e le rende omogenee ad un tema. Quindi un'opera nasce perché vivi, perché si ha un solo merito: il coraggio di vivere, di mettersi in gioco, di osservare, di gioire e di soffrire.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Credo che la vera forza ispiratrice nasce stando immersi nella quotidianità, in qualunque contesto. Ciò che viene seminato nel nostro cuore è frutto di relazioni, di incontri a tutto campo. Il contesto sociale è importante ma ancor di più viverlo sapendo essere in ascolto. Senza questo approccio difficilmente si può essere creativi. Sono gli altri i nostri maestri.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è un bisogno di raccontarsi e di raccontare la realtà in cui si vive. Ma ho notato che è anche uno strumento utile per gli altri. Un giorno una mia amica mi disse di aver pianto dopo aver letto una mia poesia. Allora ho capito che noi le scriviamo ma poi non appartengono più a noi. Appartengono a tutti coloro che le incontrano.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tutto. Passa tutto attraverso i miei occhi e il mio cuore, la mia vita.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nelle tre pubblicazioni di poesie il qualcuno fondamentale è stato Gesù Cristo.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Il mio primo libretto lo ha letto mia figlia. Che ha sempre insistito per la pubblicazione. Alla fine ha vinto lei. E ne sono felice, aveva ragione.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Sì, credo che il futuro sia quello. I più assidui fruitori della tecnologia sono le future generazioni. Anche se l'abbinamento lettura-giovani attualmente non è promettente. Ma non perdiamo la speranza
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Questa possibilità potrebbe avvicinare alla "lettura" molte persone e soprattutto le future generazioni. Potrebbe essere più comodo e quindi più facile per sconfiggere la pigrizia.