1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nata a Pisa, dove ho studiato e vivo. Insegno filosofia e psicologia.
La mia vita non ha avuto grandi sconvolgimenti esteriori, ma è stata un continuo vortice di pensieri, di domande spesso senza risposta, di inquietudini, di travolgenti desideri sognati e irraggiungibili. La parte esteriore non corrisponde alla mia anima.
La scrittura è il mio rifugio, la vera essenza. Non ho mai deciso di diventare scrittore, non so neppure se veramente sono degna di questo nome, non c'è stato mai un momento di partenza, tutto è andato senza un perché.
Scrivere è magia, una forma di onnipotenza dove tutto può esistere e dove tutto è realizzabile.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non esiste un momento preciso, a volte scrivo ininterrottamente per una notte, per passare poi a settimane di pausa, altre volte mi trovo ferma in un'area di sosta a scrivere pensieri su uno scontrino.
Non esiste un tempo, la scrittura non segue il tempo ordinario.
La storia è comunque dentro di me, anche quando materialmente non scrivo, ci penso, vedo i personaggi, li osservo con la mente, al punto che a volte invenzione e realtà si sovrappongono. I personaggi diventano familiari e a volte soffro nel lasciarli andare.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Potrei dire Camilleri o Carofiglio, ma il libro che amo leggere e rileggere anche se ormai è arrivato a non so quante riedizioni è “Il mondo di Sofia” di Gaarder.
Illuminante. Con linguaggio chiaro e scorrevole affronta il mondo della filosofia in modo unico. A volte lo apro a caso e trovo la risposta che cerco.
4. Perché è nata la sua opera?
Il romanzo "Mi chiamo Cecilia. Cecilia e basta" è nato dal desiderio di sottolineare come tutto ciò che appare spesso non è. Questa bambina e poi donna dalla vita difficile fatta di dolori e abbandoni, apparentemente disagiata si scontra con un mondo di persone apparentemente perbene, rispettate e stimate. "Apparentemente" diventa la parola magica che fa la differenza.
Volevo mettere in evidenza l'ipocrisia dell'essere umano, l'ipocrisia delle famiglie perfette, quelle della domenica vestite a festa, quelle che sbandierano il loro amore sui social, quelle che giudicano, persone apparentemente senza difetti. Apparentemente, appunto.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
La mia formazione letteraria è certamente stata influenzata dal percorso di studi e dalla mia professione, come ho detto insegno psicologia e filosofia e questo induce la mia mente a delle contorsioni, il contesto sociale che frequento, molto variegato, ha contribuito a fare un bagaglio di esperienze dirette ed indirette che senza dubbio mi hanno formata.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe le cose, mentre si racconta la realtà si evade modificandola se necessario. Realtà e finzione sono due aspetti della medesima medaglia.
Scrivere può essere evasione verso una realtà deformata.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Il libro non è autobiografico, ma una parte del mio vissuto ne fa parte, emozioni, paure, desideri in un modo o in un altro scivolano nelle pagine di un libro, non sono riuscita a trattenerle. Mi viene in mente Hitchook, compariva di sfuggita nei suoi film, stava allo spettatore identificarlo, cosi lo scrittore compare talvolta di sfuggita lasciando un segno di sé.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nella stesura dell'opera si sono rivelate fondamentali un luogo e una persona.
Il luogo si trova sulle rive del fiume Arno dove energia e pace riempiono l'aria, un luogo fatto di mistero e magia, la persona è un'amica con la quale mi sono confrontata. Fondamentali sono state anche altre figure che in qualche modo hanno dato forma ai miei personaggi.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
La prima persona che ha letto il romanzo è stata un'amica.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
So di essere una voce un po’ fuori dal coro, ma non credo che sarà il futuro della scrittura. Il libro, la carta, il tatto, l'olfatto, stropicciare le pagine, appoggiarlo sulle ginocchia, addormentarsi tenendolo sul petto, fare quella piegolina per lasciare il segno, infilarci una margherita e ritrovarla dopo mesi appiccicata fra le pagine...tutte sensazioni che l'ebook non può dare.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Sono poco informata sull'audiolibro, sicuramente un'ottima cosa, un nuovo modo di leggere o meglio di ascoltare, ma torno sempre a ciò che ho detto prima,
il libro per me resta "il libro".