1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sto arrampicandomi, vedo molto vicini i '90. Vengo da Nord ma ho vissuto un po' ovunque e da quasi mezzo secolo ho la mia dimora sulle colline alle spalle di Chiavari, riviera ligure di levante. La vita l'ho percorsa in modalità molto diverse fra loro, sempre intensamente, fra lavoro creativo e passioni entusiasmanti.
Non c'è stata la decisione di diventare scrittore, c'è sempre stato fino dalla adolescenza il desiderio di mettere sulla carta idee, riflessioni, versi. Sciogliere con la penna quanto avevo dentro. Quindi poesia, narrativa, elzeviri.
Generosi con me molti quotidiani nazionali e non.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Il lavoro mi impegna molto. La sera e parte della notte sono i momenti più frequentati ma ho trascorso periodi in cui, mentre lavoravo, appoggiavo quanto avevo in mano per scrivere subito ciò che mi passava per la mente... e riprendere il lavoro immediatamente dopo.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Paolo Giordano .
4. Perché è nata la sua opera?
"547, Quel mezzo ..." è il seguito del mio romanzo "Un Ragazzo di nome Giò".
Il progetto è una trilogia che si dovrebbe (uso il condizionale per via di quella arrampicata che spero mi porti in vetta) completare con il terzo romanzo, "Cometa", che sto scrivendo da circa un anno. La trilogia di cui parlo, poiché è storia vera, nasce dalla convinzione che le storie di tutti noi sono importanti: ognuna porta a questo patrimonio immenso una molecola di accrescimento, un approfondimento, una visione diversa.
Questa opera quindi nasce perché non si perda la memoria del passato.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Negli anni dell'adolescenza e in quelli immediatamente successivi la seconda guerra mondiale e la vita nel suo contesto mi hanno aperto, senza che me ne accorgessi, alla realtà più dura insegnandomi a rispettarla e a trattenerla ben viva nel cuore e nella mente. Di seguito, invece, l'avere conosciuto e frequentato nomi importanti della letteratura, della danza, della fotografia e della pittura ha creato nell'animo un vortice di ineguagliabile valore, per il quale sono debitore.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Secondo ciò che si scrive è l'una e l'altra cosa.
Per la mia trilogia scrivere è il modo per raccontare la realtà.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
In questo e nel precedente romanzo di me c'è tutto.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Assolutamente sì, c'è, si chiama Betti, è il mio angelo custode.
Una breve annotazione: 1956. Con il mio manoscritto sotto il braccio (200 fogli battuti a macchina) mi reco da Elio Vittorini per affidarglielo e averne un giudizio. Oggi sarebbe impossibile: c'è un anno luce di mezzo, però c'è Betti.
Betti al computer, correzioni, stesure riviste e riscritte, cambi di carattere, spostamenti in su, di lato, corsivi, corpo 12, corpo,18 ... Instancabile, paziente, precisa, sovente suggeritrice di una forma migliore ... appunto: fondamentale.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A lei, a Betti: non poteva essere un'altra persona.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Purtroppo sì anche se io spero che non sia questo il suo futuro.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ritengo sia valida.