1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato e cresciuto a Roma, città che amo nonostante i suoi problemi e le sue contraddizioni e dove tutt’ora vivo. Durante gli anni del liceo sono sempre stato uno di quegli studenti molto capaci nei temi di italiano. Ma tra l’essere “bravi” nello scrivere seguendo una traccia tra i banchi di scuola e “diventare” uno scrittore, vi è ovviamente un abisso. Innanzitutto credo che non si scelga di diventare uno scrittore. Quella dello scrittore, legittimata o meno dalla pubblicazione, è innanzitutto un’indole. Una capacità innata che, come tutte le capacità, va perfezionata.
Quella dello scrittore è un’indole, poiché uno scrittore è tale non solo nel momento in cui si siede alla scrivania per la stesura di un romanzo o di una poesia, ma è scrittore innanzitutto quando si muove nel mondo. Si diventa scrittori grazie alla capacità di percepire le persone, le parole, i luoghi e le storie in modo particolare. Nel modo in cui si colgono dettagli che molto spesso sfuggono a tutti gli altri.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Quella della scrittura, come del resto tutte le attività artistiche, non è un’attività come le altre.
Non può essere forzatamente relegata in un preciso momento della giornata. Non è un processo meccanico. C’è innanzitutto l’ispirazione. E l’ispirazione può sopraggiungermi ovunque: in macchina mentre guido e ascolto della musica, in metropolitana, durante un allenamento in palestra o in un locale in compagnia di amici. In generale, la notte (e credo che questo valga per la maggior parte degli scrittori) è il momento della giornata più proficuo e oserei dire “più giusto” per la scrittura. Il buio e l’oscurità tipiche della notte, infatti, rallentano il tempo e forniscono la giusta quiete e il giusto ritmo, essenziali al poeta e allo scrittore per la stesura delle sue opere.
L’attività dello scrittore è un’attività molto solitaria e in questo, la notte, la facilita moltissimo.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Come la maggior parte degli aspiranti scrittori non posso fare a meno di citare Ernest Hemingway.
Egli è senza dubbio il primo passo, quasi obbligato, non solo per chi si avvicina alla lettura, ma soprattutto per chi aspira a definirsi uno scrittore. Attualmente nel panorama letterario internazionale, il mio autore preferito è sicuramente lo scrittore giapponese Haruki Murakami, del quale amo la straordinaria capacità di far immergere il lettore nell’atmosfera dei suoi racconti.
Nel contesto italiano prediligo Erri De Luca e Michele Mari, del quale apprezzo soprattutto le poesie.
4. Perché è nata la sua opera?
La mia opera “Poesie distrutte” nasce dall’esigenza di radunare in una piccola raccolta, alcune mie poesie scritte negli ultimi sei anni. Un arco di tempo per me molto proficuo per quanto riguarda il componimento di poesie. Fin dal momento in cui si è consolidata in me “l’indole dello scrittore”, ho sempre pensato che il primo libro che avrei pubblicato sarebbe stato un romanzo.
Ma così non è stato. Quindi posso dire che solo grazie ad una serie di eventi e casualità è nata questa mia opera.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Più che il contesto sociale nel quale ho vissuto, credo siano state le esperienze e gli eventi personali ad aver influito nella mia formazione letteraria.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Molto spesso ho sentito parlare di “evasione dalla realtà” in merito all’attività dello scrittore e del romanziere, ma non sono d’accordo. Nessuno può evadere dalla realtà, con nessun mezzo. La nostra società ce ne propina sempre di nuovi e di presunti tali, ma infine nessuno risulta essere davvero valido.
Scrivere, a mio avviso, è piuttosto un antidoto alla realtà. Molto spesso infatti la realtà, per le persone più sensibili, può assumere le sembianze di un veleno. Quindi scrivere non diventa solo un modo per raccontare e reinterpretare la realtà che ci circonda, ma soprattutto un vero e proprio antidoto ad essa.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Gran parte dell’ispirazione che mi ha permesso la stesura di queste poesie, la devo ad esperienze personali. Di conseguenza c’è molto di me in ciò che ho scritto, come è naturale che sia. La mia speranza, come quella di qualsiasi altro scrittore, è che qualche lettore ritrovi tra i versi da me composti, anche se in minima parte, alcune delle emozioni e delle esperienze che lo hanno segnato. Esiste un “filo invisibile” che lega scrittori e lettori, fatto di sensazioni e percezioni personali, ed è ciò che garantisce il successo di uno scrittore.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
La scrittura è un’attività solitaria e, in quanto tale, chi si è rilevato fondamentale per la stesura della mia opera, è solamente il sottoscritto.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Dopo aver radunato queste poesie in una raccolta e dopo avergli dato un titolo, le ho fatte leggere ad una mia amica. Una persona a me molto cara che, proprio come me, nutre una forte passione per la lettura e per la scrittura. Il suo giudizio è stato sicuramente molto importante e fondamentale per la pubblicazione di quest’opera. Colgo infatti l’occasione per ringraziarla.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Credo che in parte lo sarà, anche se da estimatore e purista della carta stampata non posso che dispiacermene. Infatti per il vero lettore, toccare, annusare e sfogliare un libro con il suo caratteristico odore, rappresenta quasi un gesto erotico e tutto questo nell’ebook viene a mancare. Sono fermamente convinto che comunque l’ebook avrà un futuro mentre il cartaceo sarà sempre più “di nicchia”. Non solo per ovvi motivi di ecosostenibilità, ma soprattutto per una questione di comodità. Il digitale occupa uno spazio fisico quasi inesistente, se paragonato ad un’intera libreria. Per come la vedo io il libro in versione cartacea diverrà, per la letteratura, quello che i cd e i vinili stanno diventando per la musica. La gran parte di noi, infatti, per la maggior parte del tempo ascolta musica in digitale e credo che presto sarà così anche per la lettura dei libri.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non sono un grande sostenitore dell’audiolibro, ma credo che la poesia possa avvalersi dell’audiolibro per essere maggiormente divulgata e apprezzata. Se è vero che nella poesia ciò che conta è la musicalità e il ritmo, allora provate ad immaginare come possa “arrivare” al lettore una poesia letta, recitata e interpretata da un attore professionista. Non credo che l’audiolibro possa essere il futuro dei romanzi, ma senza dubbio potrà essere il mezzo attraverso cui la poesia acquisterà nuova gloria. Quella che gli spetta.