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02 Nov
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Intervista all'autore - Umberto Pontone

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Normalmente il mestierante della penna è un artigiano senza emozioni, ed io non sono uno scrivano logorroico. Se qualche rigo ho scritto, era per tenerlo nel cassetto. Esser riuscito però a scoprire la trama segreta delle Avventure di Pinocchio, questo è stato davvero un momento emozionante.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Niente. Il mio era uno sforzo di meningi su un'opera altrui.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Una gran fatica, perché in corso d'opera ho dovuto alquante volte cambiare registro ermeneutico, per la complessità dell'opera collodiana, sfuggente ad ogni logica monotematica, come i geroglifici egizi, risolti dal genio di Champollion.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo di un libro è sempre difficile. In pochissime parole bisogna condensarne il contenuto. Ricordo ad esempio quello che chiedevo a mia figlia, il riassunto di un libro di Jack London, “Zanna Bianca”, quando lei frequentava la quinta elementare. Le chiesi di farmene il riassunto prima con cento parole, e lei contò, poi con cinquanta, e lei ricontò, poi con venticinque, poi con 12, poi con sei, infine con tre al massimo quattro, la risposta, molto calzante, fu: mangia o sarai mangiato. E l'abbracciai.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Veramente ne porterei non uno bensì quattro: “La Divina Commedia” di Dante, “Le Avventure di Pinocchio” di Collodi, “Così parlò Zarathustra” di Nietzsche e le “Lettere” di Seneca, apparentemente lontanissimi tra loro, incredibilmente somiglianti: il loro fine, il miglioramento e lo (la parola è di Julius Evola) dell'animo umano.
 
6. Ebook o cartaceo?
Cartaceo, cartaceo! e parole non ci appulcro.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
L'approccio a Pinocchio cominciò circa venti anni fa, o forse anche più, con appunti che sembravano dar lume su numerosi punti oscuri dell'opera, metodicamente poi depennati, approfondendo la lettura. Convintomi che si trattava di un'opera segreta, per iniziati, mi mossi alla ricerca di opere esoteriche, che illustrassero i rituali templari, rosacrociani e massonici, ma non bastò. Occorreva qualcos'altro. La soluzione, con dolor di vene e polsi, venne con l'avervi scoperto dei riferimenti danteschi, e da questi il passaggio all'astronomia, di cui sono un ingenuo appassionato, risolse l'enigma, per cui lo stimolo a scriverne, ma non a pubblicare.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
La lettura di lavori recentissimi su Pinocchio, di autori anche, lontanissimi dal sentiero da me impreso, mi ha fatto cambiare idea, e quindi dare uno spessore organico ai miei appunti, col fine della pubblicazione, da cui, ne son certo, e lo dico senza modestia, nascerà un nuovo filone di studi collodiani.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Prima di rivolgermi a BookSprint mi son fatto fare una copia presso una bottega di fotocopie, per emendarne alcuni punti o refusi, quindi mi ero già fatto un'idea del possibile risultato editoriale.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Il mio faticoso lavoro nessuno l'ha mai letto, se non qualcuno della Adelphi, a cui l'avevo proposto e che non lo ha reputato editabile nella sua linea editoriale. Gli sconosciuti - lo sapeva molto bene già Seneca - se non hanno un presentatore apripista, fanno strada solo post mortem.
Volentieri l'avrei dato in lettura ad un Gran Maestro della Massoneria Azzurra, ma non ne conosco e non spenderei tempo per cercarne uno.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Una novità utilizzabile solamente in tram. Lo studio richiede carta, penna. e calamaio, come si diceva una volta.
 
 
 
 
 

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