1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
È un impulso, un bisogno. È come un antidoto alla vita vuota e piatta. Il desiderio di catturare i momenti belli e la paura di perderli per sempre. O l'urgenza di dare voce al dolore, al pianto o alla sconfitta. È come puntare un obiettivo e scattare fotografie.
L'emozione è quella di trovare sintonia in altre coscienze, avvicinarmi, confrontarmi o semplicemente sfiorarle per sentirne la vita. Scrivo per imparare. Perché può succedere che nella ricerca delle parole, nell'organizzarle e finalizzarle, come negli scambi interpretativi dei lettori, si aprano nuovi orizzonti concettuali. Mi riconosco in ciò che Mario Andrea Rigoni, grande saggista e critico letterario, ha espresso rivolgendosi a chi scrive: "Non scrivere né per te né per gli altri, né per l'oggi né per il domani, né per il guadagno né per la gloria. Insegui il tuo piccolo Assoluto."
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Quando scrivo non penso mai di raccontarmi, ma alla fine spunta sempre qualcosa che mi riguarda anche nelle poesie non autobiografiche. Nonostante il libro non abbia apparentemente un impianto concettuale strutturato, vi si possono trovare aspetti privilegiati che spesso ritornano nei versi come ad esempio l'amore, la ricerca, la denuncia che nella vita reale mi stanno molto a cuore. Sì, c'è tanto di me in questo libro.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
In parte l'ho spiegato nelle risposte precedenti. Posso solo aggiungere che la passione per la scrittura è sempre stata presente nella mia vita, fin da quando ero bambina. L'ho esercitata a fasi alterne, con lunghe pause e inaspettati ritorni: riprendevo a scrivere solo se avevo qualcosa per me importante da dire, ho lasciato che fossero gli eventi o le circostanze a guidare l'ispirazione, senza forzature. È quel che succede ancora. È forse per questo che la raccolta risulta eterogenea, con tematiche varie che scorrono senza un ordine predefinito ma da cui spero si possa evincere l'empatia con cui si cerca di osservare la vita provando a superarne la superficialità, l'apparenza.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
È stata forse una scelta troppo veloce, impulsiva, ma ho voluto seguire un'intuizione. Tra due opzioni ho scelto "Il bucaneve" per la sua valenza simbolica: un fiore piccolo e tenace che sfida il freddo e il buio per fiorire in tutta la sua bellezza. Una simbologia molto affine allo spirito con cui ho cercato di animare i miei versi.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
"Le memorie di Adriano" di Marguerite Yourcenar.
Mi affascina il personaggio di Adriano, imperatore, uomo di potere, tormentato dagli eventi e dal destino come qualsiasi altro uomo di ogni tempo, luogo e condizione. È un'opera sempre attuale carica di umanità e saggezza in cui ognuno di noi può riconoscersi. Sarebbe un bel viatico in un'isola deserta.
Tra gli scrittori preferiti indico appunto lei, per la sua originalità e il suo straordinario apporto alla cultura letteraria mondiale, ma anche Cesare Pavese, Fernando Pessoa, quest'ultimo per la profondità e ricchezza con cui si è immerso nel mondo dei sentimenti utilizzando persino personalità altre per potervi meglio spaziare.
6. Ebook o cartaceo?
Assolutamente cartaceo. Più adatto per chi ama soffermarsi con più calma sulla lettura, per chi non ama le letture frettolose. Ma questo penso abbia a che fare con le abitudini e le esigenze generazionali.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non c'è stato un momento preciso né una motivazione ragionata. Come ho detto prima è una passione che mi accompagna fin dall'infanzia. Non ho mai pensato a una carriera di scrittrice. Non mi considero un'artista!
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Nasce per l'esigenza di raccogliere le poesie in un unico volume, per non perderle e poterle meglio conservare. Insomma, vista l'età, lasciare qualcosa di mio, anche se piccola, a chi resta.
Un aneddoto? Molti anni fa una mia nipote, allora adolescente, lesse qualche poesia lasciata sulla scrivania. Ricordo di averla trovata coi lacrimoni. Non feci domande ma la sua commozione mi ha fatto riflettere sull'attenzione che chi scrive dovrebbe dedicare ai potenziali lettori.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Eh, non si è mai troppo grandi per provare emozioni… ma ,rileggendo il tutto, penso che avrei potuto fare meglio.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Mia sorella. Lei, inascoltata, mi suggeriva sempre di pubblicare.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Amo il teatro e mi appassiona la recitazione: penso sia uno strumento formidabile per creare un clima di coinvolgimento ed empatia. Spero trovi ampio spazio in generale ma soprattutto nelle scuole e in ambienti di formazione.