1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Palermo. Già, da giovane scrivevo dei pensieri che scaturivano dalla mia mente. Il mio compagno di banco si accorse che erano troppo impregnati di pessimismo, in quanto all'epoca vivevo momenti non esaltanti dal punto di vista esistenziale: la mancanza di amici, un amore perso in modo stupido, senza una precisa volontà di farlo. E tutto per una impossibile, irrefrenabile e insopportabile gelosia di lei, che amavo molto. Poi, c'era dell'altro: insoddisfatto della vita in quasi tutti i suoi aspetti. Io ho dato molto peso al valore dell'amicizia e a quello della famiglia, ma insieme ad una donna che avrei realmente amata.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
É la notte. Vado a letto molto tardi, perché mi piace leggere, informarmi, ma specialmente scrivere. Io sono uno di quegli uomini a cui piace più scrivere che leggere. E, comunque, la lettura non la disdegno.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Sono gli autori sudamericani (il cileno Pablo Neruda, il colombiano Garcia Marquez, l'argentino Borges) e della penisola iberica (il portoghese Saramago e lo spagnolo Garcia Lorca). Mi piacerebbe avere tempo per leggere qualche opera di Marquez, perché leggendo la sua vita, ho appreso che il suo stile di scrittura è scorrevole e improntato ad un connubio tra realtà e fantasia, tra storia e leggenda. Ho letto la vita di Grazia Deledda e sto cominciando a leggere il suo romanzo più famoso: "Canne al vento". La vita di questa scrittrice mi affascina. Ecco, voglio dire che leggo di più le vite degli autori che i loro romanzi. Occorrerebbe un'altra vita per farlo. Purtroppo, ho cominciato in tarda età ad interessarmi di letteratura in modo più approfondito. Di Grazia Deledda ammiro molto il fatto che nonostante avesse frequentato solo le elementari e proseguiti gli studi in privato, continuò ad essere affamata di cultura, anche dopo aver sospeso gli studi. Aveva un talento ineccepibile. Era scrittrice di poesie, romanzi, novelle. Di lei si disse che non era una casalinga dal talento letterario sorprendente, ma era una vera e autentica scrittrice, che la portò a vincere il Nobel per la letteratura nel 1927.
4. Perché è nata la sua opera?
Perché amo descrivere la vita in tutte le sue sfaccettature e in tutti i suoi molteplici aspetti. Della vita amo scovare le più intime situazioni emozionali dei personaggi principali e non.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Non so. Il contesto sociale in cui ho vissuto mi ha aiutato a prendere visione della realtà, di quella vera. Mi ha aiutato a divenire più maturo, più riflessivo e più paziente verso tutto ciò che mi circonda e verso molta gente. E il contesto sociale, assieme alle esperienze di vita e alla lettura, mi hanno aiutato ad esprimere le mie sensazioni ed emozioni in maniera più appropriata e raffinata. Certamente, non scrivevo in egual modo in giovane età.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
É senza dubbio un modo per raccontare la realtà per me. Per evadere dalla realtà sono sufficienti i sogni che ci aiutano molto e anche pensare ad occhi aperti e vedere così una realtà che ci piacerebbe fosse come la vogliamo noi. Io sono realista. Non mi piace pensare a ciò che non esiste e che non può avverarsi per come vorremmo. A costo di soffrire. Ma la sofferenza, a volte, è necessaria per maturarci. Anche a 67 anni come li ho io.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Né tanto né quanto. Non mi pongo mai il problema di descrivere in un substrato gli aspetti della mia personalità. Mi piace invece calarmi nei personaggi che descrivo. Cerco di andare a braccetto con la psicologia e con la psicanalisi per i personaggi difficili, che amo tanto. Chi soffre lungo il percorso della propria vita lo sento parte di me. Amo tutto ciò che è difficile da comprendere, perché vi è più soddisfazione quando si riescono a risolvere determinati problemi. Di me, dunque, non c'è molto in quello che scrivo perché sono più interessato alla descrizione delle personalità del prossimo. Tuttavia, forse, non mi rendo conto che qualcosa del mio intimo c'è in quello che scrivo. Ma non comincio a scrivere certamente con questa intenzione.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
No. Ritengo che nessuna influenza ha operato su di me nei miei scritti. Mi ritengo originale in ciò che scrivo. Il mio libro è una raccolta di poesie.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mia cugina. Ma il contenuto del mio libro è una raccolta di poesie, come già accennato. Non è un romanzo. Già, vi sono molte persone che hanno manifestato l'intenzione di leggere il mio libro appena verrà pubblicato. Mi hanno riferito, oltretutto, che leggere romanzi è più piacevole che leggere poesie. Forse le poesie sono noiose? Beh... è una scommessa che faccio con me stesso. Avrei potuto propormi per un romanzo che ho già scritto, dal titolo: "La guerra nei cieli", imperniato sulla sciagura aerea nei cieli tra l'arcipelago ponziano e l'isola di Ustica, accaduta il 27 giugno 1980. Ma più che un romanzo è un breve racconto. E, comunque, se ne potrebbe trarre ugualmente un libro. Ma la mia intenzione è quella di farmi conoscere, inizialmente, al grande pubblico come aspirante poeta. Poi, se lo meriterò, verrà il resto. Ho in mente altra roba da far pubblicare: novelle, poesie, un romanzo (come già detto), aforismi, pensieri del giorno (che altro non sono che riflessioni), recensioni sull'arte e su quello che determinati artisti vogliono rappresentare nelle loro opere.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Non saprei. La tecnologia va così spedita che non fai in tempo ad acchiapparla che ti sfugge. Comunque, non sarei stupito se accadesse ciò: l'ebook in sostituzione del libro cartaceo. Ma dovranno trascorrere ancora anni perché questo succeda. E, comunque, il cartaceo ha sempre il suo fascino. Come succede vedendo una foto su carta, che visionarla al p/c.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
E' utile. Ma se si può evitare, meglio la lettura che l'ascolto.