1.Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Pola, in Istria, primogenito di una famiglia borghese benestante costretta dalla crisi dell’anteguerra, nel ’39, a trasferirsi a Milano dove mio padre si affermò come ottimo medico dentista. Ho subito tutti i terribili bombardamenti alleati del ’43, perdendo la casa due volte, ho patito il crudele razionamento, assistito alle angherie dei nazi/fascisti e le cruenti rappresaglie dei partigiani e in me stava prendendo forma la convinzione che l’uomo vuole convivere con la sua ottusa ferocia senza conoscerne i confini. Decisi di diventare scrittore, al terzo anno di liceo, dopo una serie di “dieci” e “dieci e lode” che il mio insegnante di lettere ebbe la bontà di attribuirmi nei temi in classe.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Quasi sempre nelle mie notti insonni, anche per scacciare quegli attacchi di ansia che vogliono prendere le redini del mio fragile equilibrio interiore.
Raramente nei pomeriggi, ma solo se piove o quando la nebbia sfuma i contorni degli alberi nel mio parco.
Mai di mattina, i giornali per me, sono un rituale sovrano.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Dante, perché lo considero un contemporaneo perenne.
Federico Garcia Lorca per la sua coraggiosa tristezza o forse per la sua sete di nostalgie impossibili.
4. Perché è nata la sua opera?
Perché sentivo, prepotente, l’urgenza di esecrazione dei misfatti dell’Al Quaeda e dell’Isis, degli insulti alle religioni sfruttate per convincere i “martiri” ad immolarsi per esse. Perché qualcuno doveva denunciare tutti i fatti che hanno provocato la reazione degli islamici radicalizzati, perché tutti dovevano condannare l’arroganza degli invasori dell’inerme Palestina e l’ipocrisia di chi finge di combattere il Califfato ma gli vende il petrolio agli “infedeli” per finanziarsi la loro scomparsa.
Le Guerre Sante, le Crociate. Le Sacre Inquisizioni non sono i disegni divini, sono solo il parto del Dio Denaro, vero Moloch da sempre.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Moltissimo, perché ho speso la mia vita tra borghesi edonisti, tesi solo nell’affermazione sociale ed economica e quindi mi hanno offerto innumerevoli esempi da non seguire. Qualcuno li ha classificati:
“Pellicce di visone dalle mutande sporche.”
Decine di anni di “marciapiede” sono stati il mio master… e sono felice così!
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Può essere entrambe le cose o il loro contrario.
Purtroppo spesso, lo scrivere è solo narcisismo letterario o peggio… onanismo lessicale.
Io stimo solo l’autore sincero, se mi accorgo che mente, butto il libro nel cestino… o lo regalo ad un conoscente antipatico.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Con gli eventi non ho niente a che fare, li ho solo descritti, ma le riflessioni, le conclusioni, gli stati d’animo, sono lo specchio autentico delle mie incertezze e dei miei controsensi interiori.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Sì, il mio Padre Spirituale, un sacerdote cattolico che la pensa esattamente come me e mi ha spronato ad affrontare questa avventura.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mia moglie, accanita lettrice e critica spietata.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook
È un ottimo strumento ma mi auguro che non spariscano le librerie e le biblioteche; sono certo che le nuove tecnologie sapranno offrirci anche altre soluzioni.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È una cosa geniale, non solo per i ciechi o gli infermi ma anche per i pigri e gli amanti della buona recitazione. Inoltre l’audiolibro consente….
Suraf Killic venne a mancare in una opaca sera d’autunno quando la nebbia sfumava i rami ormai spogli dei lecci del suo parco.