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BookSprint Edizioni Blog

21 Lug
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Intervista all'autore - Elena Di Giorgio

1.  Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Per me la scrittura è elettricità, è una scossa che mi fa sentire viva e in pace con me stessa. É quella scintilla che migliora anche la giornata peggiore. Nello scrivere ci metto tutto l’impegno possibile, lasciandomi guidare dalla corrente dei miei pensieri e abbandonandomi ad essa.
Costellare di stelle nere un foglio bianco è sempre una sfida. Puntualmente mi domando “Cosa riuscirò a creare questa volta?” e la risposta a volte si fa attendere, poiché magari l’ispirazione non viene.
Non so mai come andrà a finire, una volta scritte le prime frasi: se la bozza composta rimarrà tale oppure verrà plasmata fino a diventare qualcosa di cui andare fieri, che sia un libro o un racconto.
Quando mi siedo davanti al computer e guardo la pagina immacolata mi sento sempre percorrere da un brivido, perché la scrittura è anche adrenalina. Una sensazione che adoro è quel senso di vertigine causato dall’avere per la mente tante idee vorticanti che vogliono solo adagiarsi sulla carta. Le parole si accalcano e si aggrovigliano tra loro per formare frasi, i suoni si tramutano in lettere. È magia, insomma.
 
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Francamente, è presente davvero poca realtà: è più che altro un lavoro di immaginazione. I tratti autobiografici affiorano quasi solamente dai dettagli, come il luogo in cui è ambientata la vicenda – località di montagna dove di norma vado in vacanza con la mia famiglia –, gli accenni agli Scout e al Liceo Classico. Inoltre mi sono ispirata a persone del mio quotidiano per descrivere l’aspetto fisico dei personaggi presenti in “Layla”. Tuttavia la protagonista assume dei comportamenti che, nella maggior parte dei casi, rispecchiano il mio carattere – o, perlomeno, il carattere ancora un po’ acerbo che avevo quando ho scritto questo libro (tra i 12 e i 14 anni). A differenza del libro che sto scrivendo adesso, che è profondamente intriso di realtà, “Layla” non racchiude in sé il mio mondo, ma soltanto alcune sfaccettature di esso.
 
 
3.Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

É stato un traguardo, assolutamente. Quando ho cominciato a scrivere le prime parti era più che altro un modo per passare il tempo, niente di più. Tuttavia, dal momento in cui ho cominciato ad immaginare la trama, i nomi dei personaggi e i valori che volevo trasmettere, mi sono appassionata sempre di più a quell’intrattenimento. Mi sono impegnata con tutta me stessa, ero determinata e profondamente convinta di volerlo finire, anche solo per soddisfazione personale. “Layla” è stato il risultato di un duro lavoro durato tre anni e, grazie all’aiuto fondamentale dei miei genitori e della casa editrice BookSprint, è stato possibile realizzare un sogno che pensavo sarebbe rimasto tale. Ora posso avere tra le mani, toccare, osservare quel libro bianco e viola e pensare con orgoglio “Ce l’ho fatta”.

4.La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
 
Ad essere onesta ho avuto solo un’incertezza, ovvero se aggiungere o meno un titoletto accattivante. Il dubbio è stato sollevato e poi risolto in un arco di tempo molto breve, uno degli ultimi giorni prima della pubblicazione. L’ipotesi era “Layla e il Branco Selene”, perché forse avrebbe attirato di più l’attenzione del lettore o avrebbe spiegato un po’ il contenuto del libro, però alla fine ho preferito la semplicità schietta di “Layla”.
 
5.In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

 Questa è davvero una domanda difficile. Con il tempo ho accumulato tanti libri che, di volta in volta, si sostituivano per contendersi il titolo di “preferito”, e ancora oggi non so quale sia effettivamente il migliore tra tutti. Al momento sto leggendo “Ivanhoe” di Walter Scott e me ne sono innamorata: il XII secolo, gli intrecci nella storia, la psicologia dei personaggi ma, soprattutto, lo splendido modo di scrivere di Scott mi hanno davvero catturata. Ora come ora posso affermare che “Ivanhoe” è il mio romanzo preferito e che, senza ombra di dubbio, in un’isola deserta gradirei avere la compagnia del grande Walter Scott in carne ed ossa, in modo che possa sempre narrarmi vicende cavalleresche per intrattenermi.
 
6.Ebook o cartaceo?
 
 
Questa domanda è la causa di molte e comuni discussioni, e qui dirò la mia opinione. Ovviamente ognuno dei due ha i suoi punti di forza e quelli di debolezza, l’Ebook è meno costoso rispetto ad un libro, la sua creazione non ha ripercussioni troppo gravi sull’ambiente, è leggero come l’aria e non occupa il minimo spazio; invece il cartaceo non è esattamente tascabile, pesa, è ingombrante e soprattutto bisogna fare uso di un numero esorbitante di alberi – il cui numero sta diminuendo drasticamente – per poterlo ottenere.
Nonostante questi suoi difetti, tuttavia, preferisco in ogni caso i libri nella loro forma concreta e materiale, così da poterli posare sugli scaffali per poi osservarli compiaciuta, accarezzarne benevola la copertina, annusare l’odore penetrante della carta e dell’inchiostro, sentire il fruscio delle pagine. Potrò anche essere vista come una ragazza all’antica o stereotipata, ma avere un libro tra le mani è un piacere di cui non posso fare a meno. Tuttavia, se un giorno il libro venisse dichiarato antiecologico, sarei pronta a rinunciare al cartaceo, non potendo fare altro che custodire con gelosia e amore i tesori di carta e inchiostro che ho accumulato in questi anni.
 
7.Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

 A dir la verità non la definirei una carriera, ma piuttosto un passatempo fondamentale. L’inizio di tutto è stato alle scuole medie, quando ancora avevo poche preoccupazioni per la testa e tanto tempo libero da riempire. Come ogni dodicenne, sognavo di diventare adolescente e fantasticavo sul futuro – che mi sembrava lontanissimo e, quasi, un’altra realtà –, scoprivo piano piano i miei interessi e mi ci buttavo a capofitto.
Capire che mi piaceva scrivere è stata un’illuminazione improvvisa. Non appena compresi il motivo per cui aspettavo con impazienza il giorno del tema in classe – l’unica tra i compagni –, cominciai subito a mettere su carta ogni mia riflessione o fantasia. Ero convinta, da ragazzina entusiasta e ambiziosa qual ero, che un giorno o l’altro sarei diventata famosa e apprezzata come J. K. Rowling – progetto alquanto difficile e altamente irrealizzabile, ma i sogni non vanno mai scartati. In ogni caso so che non farò affidamento solo sui libri che pubblicherò e che quindi non intraprenderò la carriera di scrittrice, tuttavia non posso assolutamente rinunciare alla scrittura: è semplicemente fondamentale, non posso farne a meno. Quindi, per avere i piedi in più staffe – come mi consigliano spesso – terrò questo bene in secondo piano, mantenendolo appunto come passatempo, lasciandomi così la possibilità di dedicarmi ad un altro traguardo: quello di fare il lavoro che amo, ovvero la restauratrice di dipinti nei siti archeologici.
 
8.Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
 
Se la memoria non mi inganna, la scintilla è nata grazie ad una storia raccapricciante che mi raccontò mio padre. Mi parlò di un caso che stava seguendo, il caso detto “La fossa dei cinghiali”, il che fa già intravedere il contenuto della vicenda. In sintesi, una banda di bracconieri era solita seppellire le carcasse sanguinolente delle loro prede in una fossa nascosta in un bosco di montagna. Furono scoperti perché i resti, decomponendosi, emanavano un fetore tale da essere sentito anche a grande distanza.
Questo episodio mi sconvolse a tal punto da far nascere in me un profondo senso di rivolta verso quell’ignobile e aberrante pratica che è il bracconaggio. Volevo diffondere la voce che esistono certe crudeltà, dato che alcuni miei coetanei non sanno nemmeno che fenomeno sia. Spero, quindi, di aver dato un contributo – seppure molto piccolo – a sostegno della protesta contro il bracconaggio.
 
9.Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

 É stata ed è tuttora una soddisfazione incredibile, una gioia tale che per assimilare la notizia ho impiegato del tempo. Durante l’elaborazione della copertina, dell’impaginazione, la correzione di eventuali errori e tutto il resto, io mi sentivo quasi un’intrusa, perché non riuscivo a capacitarmi del fatto di aver raggiunto un tale traguardo. L’emozione ha preso il posto dell’estraniazione nel momento in cui ho aperto lo scatolone contenente un numero altissimo di copie del mio libro. Quell’istante è stato impagabile ed indimenticabile. Ero orgogliosa di me stessa, ma anche estremamente grata verso i miei genitori e la casa editrice BookSprint, che mi hanno fatto il regalo di Natale più bello di sempre.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
 
Devo ammettere che chi ha letto per prima le bozze e mi ha seguita passo dopo passo nella composizione di “Layla” è stata mia sorella Giulia, che non si stancava mai di leggere tutti i capitoli e tutti gli appunti che piano piano scrivevo. Spesso mi ha fornito suggerimenti su frasi, nomi, avvenimenti ma, soprattutto, non mi ha mai negato il suo appoggio morale.
La persona che – dopo mia sorella, ovviamente – ha letto il libro nella sua forma piuttosto coerente e uniforme è stato mio cugino Matteo, che al mare ha trascorso un intero pomeriggio con il mio computer sulle ginocchia anziché andare in spiaggia per farsi un bel bagno.
I miei genitori sono stati onnipresenti, un po’ come Giulia. Mi hanno incoraggiata a continuare a scrivere, consigliandomi sempre di coltivare questa passione. Sono stati loro i primi ad aver letto da cima a fondo la versione perfetta e completa del mio libro e sono loro il motivo per cui sto rispondendo a questa intervista. Se non avessero deciso di regalarmi “Layla” cartaceo, se non avessero escogitato la sorpresa a mia insaputa, ora non sarei qui a contemplare quel libro – con i fiori disegnati da me in copertina – che ora svetta nella mia libreria.
 
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
 
Credo che sia una grande idea. É utile agli stranieri che desiderano imparare la lingua italiana e certamente costituisce un aiuto per le persone anziane o per coloro che non vedono bene. Tuttavia, come ho detto per quanto riguarda il confronto tra libro cartaceo e libro digitale, io per il momento preferisco toccare con mano ciò che sto leggendo, ma non escludo affatto la possibilità di usufruire dell’audiolibro in futuro.

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Sabato, 21 Luglio 2018 | di @BookSprint Edizioni

2 COMMENTI

  • Link al commento Maddalena Cutaia inviato da Maddalena Cutaia

    Ho letto il libro di Elena e nonostante la mia età mi sono immedesimata nella coraggiosa protagonista!
    Nel libro di Elena c’è amore e passione civile.
    Bravissima, continua così!!!

    Martedì, 24 Luglio 2018 19:44
  • Link al commento Giuseppe Di Giorgio inviato da Giuseppe Di Giorgio

    Complimenti! Mi auguro di leggere presto il tuo secondo libro.

    Martedì, 24 Luglio 2018 19:41

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