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BookSprint Edizioni Blog

20 Mar
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Intervista all'autore - Rodrigo Normanni

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Rispondo con un aforisma che mi pare di avere trovato in un saggio di Magris su Bruno Arcurio e che condivido al 100% “Scrivere significa colmare gli spazi vuoti dell’esistenza quel nulla che si apre d’improvviso nelle ore o nei giorni, nell’improvvisa insignificanza degli oggetti, delle persone, degli eventi tra cui viviamo.” Aggiungo una frase dell’ultra 90enne Raffaele La Capria su una terza pagine recente “Nei ricordi trovo pensieri non inquietanti sul mio futuro.” E poi altri scritti di Claudio Magris in cui si citano di Montale versi straordinari a: Ti chiedo se così tutto svanisce, in questa poca nebbia di memorie.
Mi diedero il senso del tempo che si restringe, e il bisogno di fissare i ricordi sulla pagina. Non sui tristi display, simbolo della sempre più grande precarietà di tutto, che spiega la progressiva crisi denunciata della lettura, che probabilmente porta con sé una diminuzione del “Bisogno di pensare”, come recita il titolo di un libro recente di Vito Mancuso.

 

2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Con il personaggio reale, Roberto, condivisi nel 1976 e 1977 due convegni di una settimana ognuno ad Aberdenn, per la stessa multinazionale in cui lavoravamo, io a Roma e lui in Francia. Tolte una o due cene aziendali, il resto delle sere imparammo ad apprezzare il whisky di singolo puro malto, il modo di conversare silenzioso dei britannici – nonostante gli scozzesi siano ritenuti dagli inglesi “caciaroni”, pensate un po’…- e ci raccontammo. Io ero sposato da tre anni con mia moglie che mi aveva “tranquillizzato” una vita sentimentale alquanto movimentata, lui era sposato da due anni con una tranquilla farmacista francese, che… gli aveva “tranquillizzato una vita sentimentale alquanto movimentata! Aveva un anno più di me, dotato di fascino di quel tipo di pronta presa sulle donne, e dopo qualche bicchiere in più e miei commenti di invidia per quel dono naturale, ci confidammo anche di avere in comune qualche altro dono naturale tra quelli nascosti, condividendo però che si poteva chiamare dono solo se ne faceva un utilizzo non anomalo e trasgressivo. Tra le tante affinità di pensieri che scoprimmo di avere, c’era una comune forte curiosità e sensualità verso le donne e la loro sessualità , sentita fin da giovani, ma con la contemporanea comune sentita profondamente crescita di un rispetto totale verso le donne; una passione che potemmo definire diretta verso la femminilità. E quei racconti sui nostri rispettivi vent’anni li avevano talmente rivelati simili , e ricordato quanto a volte la sensualità irrisolta la rendesse ossessiva , che avevano giustificato un numero di brindisi quasi a livello dei temuti dopo cena delle serate aziendali scozzesi.


I suoi racconti, li “mixai” con i miei, ne feci racconti/memoria, e li conservai, senza avere alcuna intenzione di pubblicare libri e di utilizzarli, perché avevo una vita intensa di lavoro, viaggi, godibilità delle lunghe giornate con la piccola famiglia formata a Roma, hobbies sportivi come tennis nelle buone stagioni e sci in inverno. A distanza di anni,  quando cambiai azienda passando ad una italiana, seppi dai vecchi colleghi comuni che Roberto stava divorziando, e che pensava di trasferirsi ad una filiale della stessa multinazionale in Spagna. Mi ricordai che in quei due settembre scozzesi avevamo concluso di avere in comune quello che chiamammo “the trend to elsewhere”, la tendenza all’altrove, nelle scelte di vita, di lavoro e nell’amore, vista la comune instabilità delle nostre vite sentimentali prima del matrimonio. E brindammo a noi ed alla scommessa di esserci definitivamente tranquillizzati nei rispettivi porti tranquilli dei rispettivi matrimoni. Una sera del primo soggiorno settembrino scozzese, avevamo invitato a cena la segretaria del direttore di quella sede scozzese, una graziosa e spiritosa poetessa/manager, divorziata, con la quale commentammo una parte di quanto ci eravamo confidati , divertendola con quei racconti. Al convegno del settembre successivo, capii che quel mio “fratello in elsewhere” aveva proseguito intimamente la conoscenza di quella gradevole scozzese, e che quel brindisi alla tranquillizzazione nel porto dei rispettivi matrimoni era per lui una battuta.
Non lo rividi più, ma nel tempo al suo personaggio aggiunsi e “ rimixai” sia qualche angolo della mia stessa vita sentimentale prima del matrimonio, con altri fatti di fantasia che avevo archiviato nella memoria e negli scritti che avevo aumentato con il passare del tempo e la riduzione dei viaggi di lavoro, senza però obiettivi di pubblicazione ; con diversi epistolari che avevo nel frattempo tenuto con donne delle quali mi avevano colpito gli scritti trovati o su loro “blog” o su lettere alla posta tenuta da un settimanale femminile da una giornalista di costume alla quale mi ero legato da saltuaria frequentazione ma da amicizia rimasta, a livello solo intellettuale come quella per le altre due donne citate negli scritti, , molto sentita da entrambi. Le avevo conosciute , la giornalista di costume con la sua amica editrice ed un’altra amica psicologa e sessuologa, alla presentazione di una raccolta di poesie di una quarta loro amica, Tina Emiliani. Due di questi epistolari – cambiando date, luoghi e nomi delle due donne – li ho riportati nel libro.
Un altro “ mixage” l’ho realizzato dando l’immagine di Roberto ad una mio amico di gioventù napoletana perso di vista dai tempi del mio matrimonio. Un amico che ebbe una gioventù intensa di piacevoli parentesi di vita, perché aveva di famiglia mezzi economici ; cosa che utilizzavo per aggregarmi da… gregario non pagante a serate costose, week end a Positano, dove il padre teneva un cabinato che gli lasciava spesso, ed a serate comuni musicali in feste casalinghe o piccoli locali, dove io ero “vocalist” discreto e scarsissimo chitarrista, e lui apprezzato pianista o tastierista alla Peppino Di Capri. Anche grazie ai suoi frequenti inviti a queste parentesi, riuscivo a “ catturare” qualche ragazza, e ad averne qualche “dono”; piccolo, perché non arrivavo a carpire più di qualche “leggero petting”, ma erano tempi in cui questi limiti restavano difficilmente superabili anche per quell’”avatar” di quel Roberto conosciuto molti anni dopo. Anche nelle sue frequentazioni di ragazze di ambienti benestanti ma che restavano di costumi borghesi che allora, parliamo degli anni ‘50, restavano legati a concetti di verginità che furono superati in buona parte solo alla fine dei ’60, col femminismo sessantottino. Anche per questo eravamo spesso a caccia delle mitiche svedesi, non meno borghesi delle nostre ragazze, ma meno legate al mito della verginità. Ma sia io che lui finimmo sempre in bianco, anche se per la verità quelle ricerche furono poche e sempre programmate in modo abbastanza confusionario. L’unica volta che “catturai” una ragazza “nostrana” con cui superammo un po’ quei leggeri petting (ma solo “ un po’” , sempre abbastanza lontani da un rapporto completo) mi destò tale entusiasmo che… finii “fidanzato in casa”. E avevo quasi 22 anni, e lei 18. Fidanzamento che giunse fino alle pubblicazioni, quando ero stato trasferito dal lavoro da poco acquisito nel Veneto, per poi inconcludersi per l’entrata nella mia vita di un’altra ragazza molto giovane, slovena e di famiglia conservatrice e benestante, che non accettò mai l’unione con la figlia, con la quale intanto ero stato trasferito di nuovo al sud, ma a Roma. Solo dopo i ‘60, e dopo quasi vent’anni del matrimonio che dura tuttora, ho preso coscienza tardiva di avere arrecato danni – per un’egoistica volontà di conquistarle senza la certezza di amarle abbastanza - alle vite di quelle due donne che hanno incrociato la mia in modo pregnante prima del matrimonio. E dopo quattro anni – felici i primi due e poi sempre più condizionati da problemi anche economici – agevolai il suo ritorno in patria e in famiglia, dopo che aveva avviato una relazione con un giovane insegnante di pittura all’Accademia dove l’avevo iscritta per farle completare gli studi interrotti vendono via con me. E almeno imparai a riconoscere che in un “tradimento”, un termine da cambiare, perché quello tra lui e lei tradito, non è mai del tutto innocente come chi tra i due tradisce non è mai del tutto responsabile. E seppi poi, sempre da colleghi che avevamo avuto comuni, che Roberto continuò ad arrecare danni con il suo “trend to elsewhere”, anche alla donna che aveva sposato, e in qualche modo lo ritenni più condannabile di me, perché arrecare danno ad una donna non più giovane. Dai saggi di neuro scienze che mi hanno appassionato negli ultimi vent’anni, e da conferme ricevute dalla amica psicologa e sessuologa con cui sono rimasto in amicizia reciprocamente gradita , ho appreso e sentito emotivamente che – oltre alla maggiore intelligenza emotiva o forse anche per questa - la sensibilità femminile è sicuramente tanto più acuta della nostra, da potere lasciare la donna “tradita”, “bloccata” nei sentimenti e nella sessualità. Evento e presa di coscienza tardiva che mi ha colpito a mia volta, tanto da spingermi a farmi tralasciare e limitare a pochi cenni il racconto/memoria che descrivono le fine degli amori o il loro danneggiamento anche quando sopravvivono a se stessi.  Danneggiare i sentimenti e la vita di una donna è un modo di rischiare di uccidere l’anima non meno crudele del rischio di uccisione del corpo.

 

3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Associare i ricordi e le contraddizioni della mia vita alle rivelazioni che da pochi decenni leggo scoperte dalle neuro scienze sul rapporto tra il cervello organo meravigliosamente con funzioni di guida e gestione della coscienza. Con una presa di coscienza, seppure sempre tardiva, sulla differenza tra emozioni e sentimenti, e la consapevolezza che la maggior parte delle scelte sbagliate, in amore, sono causate dalla ricerca delle prime senza curarsi dei sentimenti o, nei casi più assolvibili, scambiate per sentimenti. Penso di potere spiegare meglio il senso di questa spinta a scrivere, ripetendovi quanto lessi in una trattazione di Silvia Ronchey “In morte di Hillman”:

Fu accusato di avere tradito prima Freud e poi Jung, ma partendo dalla psicanalisi, e poi mettendola in discussione, Hillman ha fatto irruzione nei campi dell’antropologia, della storia e perfino della politica. Sull’immaginario lettino, Hillman ha analizzato non più l’individuo, ma l’intera società, con la miriade di relazioni che si stabiliscono tra quelle irripetibili singolarità che sono gli individui.
Il suo concetto di anima risale a G.B.Vico: l’anima del singolo individuo non è una sostanza ma un’attività qualcosa che partecipa alla continua trasformazione dell’Anima del Mondo ……… ……………………….. Nei mille contrasti e conflitti della nostra vita quotidiana, in opposizione ai tentativi di razionalizzare la nostra esistenza, per Hillman …………………………............ l’esploratore dell’anima” cerca un’apertura nella trama del fato, come un varco nel tempo. E lo trova solo in alcuni momenti, se sta attento a coglierli, quei momenti. Come il tessitore di un ordito, che spinge la spola e la navetta attraverso l’apertura nei fili dell’ordito, e al momento giusto e solo allora, perché il varco ha solo un tempo limitato e il colpo va dato mentre resta aperto. Ecco, io penso di avere trovato nello scrivere e nei ricordi qualcosa che assomiglia a quella “trama del fato come un varco nel tempo” limitato, e la scrittura credo sia la mia spola e navetta che riesco a infilare nell’apertura dei fili. Non sempre, sia perché spesso sono lento e pigro, come “tessitore di ordito”.

 

4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Pensavo a “ Elsewhere”  termine inglese che mi ossessiona da decenni. Ma poi l’attuale mi è sembrato il più rispondente a un cenacolo di lettura.


 

5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Non saprei cosa scegliere. I più amati li rileggo ogni tanti anni e li riamo. E la qualità di quell’amore varia come sento di avere variato molto di me ogni numero di anni, penso di potere individuare cambiamenti ad ogni decade di vita. Al momento porterei il Graham Greene di “The end of the affair” (sento più rispondente l’inglese “ affair” ad una storia d’amore) e il Vito Mancuso di “Io e Dio”. Questo riempie bene il senso del Dio Misterioso, saltando i dogmi. E penso a una musica, se sull’isola potessi ascoltarla con batterie eterne . E in particolare Vivaldi delle “ Quattro Stagioni” e la “ Serenata”di Shubert, icone della esaltazione alla vita della musica barocca e della malinconia “felice” di quella romantica. Tendenze emozionali che ho sentito conviventi e penso lo siano in buona parte degli esseri viventi, anche se in modo inconsapevole o oscurato dagli eventi e cambiamenti della vita.


 

6. Ebook o cartaceo?
Cartaceo. Considero l'ebook una concausa della riduzione del "Bisogno di pensare" che le pagine del libro attivano.


 

7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Quando ho deciso l’ho detto prima. Che sia una carriera lo sento tutto da scoprire. A Booksprit specie Gerarda che ha avuto il maggior numero di contatti con me, sanno che ho ancora qualche dubbio…. Ma se sapessi che la lettura del mio scritto riuscisse a fare riflettere sulla bellezza della vita e su quanto sprechiamo quando non riusciamo a resistere alla spinta all’“elsewhere”, specie da giovani – e questa età oggi si prolunga spesso fino ai 50 anni, se non è danneggiata da salute o, appunto, da scelte dannose, lo considererei comunque una possibilità di “fare carriera”.


 

8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L'episodio può essere l'incontro con il vero Roberto e con la poetessa/manager scozzese , della quale ho conservato una sua raccolta di versi intitolata "Spirit of Ideals " che mi regalò ( forse per compensazione di avere regalato a Roberto qualcosa di più, anche se i versi li ho considerati e conservati come un dono ugualmente bello...


 

9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Penso che il cosa si prova di ogni cosa gradevole sia definibile al momento, come qualcuno scrisse che "la felicità, come l'amore sono tutti sentimenti che non ci lasciano il tempo di definirli, perché appena appaiono, quando noi ci soffermiamo a considerarli, sono già trascorsi."


 

10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Le tre amiche, con cui definii anche il personaggio Roberto. E la sua scomparsa potrebbe essere la sua scelta di morire, scomparendo. Un modo “elegante” e senza disturbo per nessuno. Tanto che negli ultimi anni, d’accordo con un comune amico musicista Enzo, degli amici che muoiono siamo d’accordo di dire “se n’è andato” , mai “è morto”.


 

11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ogni bene per i non vedenti o per stati fisici in cui fosse faticoso leggere.

Ma penso molto negativamente degli ebook. Un’alternativa seminatrice di danni irreparabili per “Il bisogno di pensare” che solo la pagina scritta può aiutare a mantenere vivo.

 

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Martedì, 20 Marzo 2018 | di @BookSprint Edizioni

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