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02 Mar
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Intervista all'autore - Tullietto Affernik

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Per me scrivere, come l'ascoltare musica, è lo strumento più efficace per sentire un contatto con "afflati trascendenti". È davvero un autentico incantesimo per me. C'è qualcosa che sento quando leggo e ascolto Bach, per esempio, che mi fa dubitare che quello che percepiamo o sentiamo, quando i nostri sensi e il nostro sistema nervoso sono stimolati, sia unicamente un'emozione fisica... anche se probabilmente è proprio così e si tratta solo di suggestioni.

Ma l'aspetto che mi è più caro di queste due forme di espressione, la scrittura e la musica, è che per me svolgono la funzione di un ponte magico, una comunicazione "quantistica", dove spazio o tempo svaniscono, tra il presente e il passato, tra il presente e i miei ricordi d'infanzia, le mie prime fantasticherie. Si tratta di fantasie "impastate" con i miei vaghi ricordi e con le impressioni eidetiche della mia fanciullezza: niente riscalda il mio cuore più di quando posso riviverle... accade quando ascolto alcuni brani del mio Elton, o Bach, e leggo taluni scritti per me unici e speciali. In fondo i sogni della nostra infanzia, quelle memorie eidetiche, sono come delle impressioni verso le quali per tutto il resto della nostra vita rivolgiamo i nostri occhi e il nostro cuore, non smettiamo mai di ricercarle. Tutto ciò a cui diamo il nome di felicità, sono delle affinità a quei sogni. Per me è così, vivo la mia vita prevalentemente in una forma interiore.

 

2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
È un libro praticamente autobiografico, anche se trasfigurato in una chiave Fantasy. Di me nel libro c'è quasi tutto, o comunque le parti più significative del mio passato remoto, del mio passato imperfetto e prossimo. Le invenzioni letterarie sono soltanto i trilli e gli arricchimenti, tutto il tema è vita reale, anche se i personaggi sono gnomi, fate, troll e folletti.


 

3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Per me è stata anche una forma di cura... ho vissuto dei periodi emotivamente burrascosi, certe emozioni e certi stati d'animo erano così intensi da non farmi dormire un solo minuto per intere settimane. Nel libro sono condensate tutte queste testimonianze, che d'altronde includono anche l'altra faccia della luna, quella oscura, dove non c'era un barlume di luce. Ho cominciato a scrivere il primo capitolo subito dopo la morte di mio padre: ero in una fase decisamente fluttuante e piuttosto squilibrata... lo scrivere questo libro mi ha aiutato ad effondere, ed infondere sulla carta, che più che altro era il mio monitor Philips, non dico il male, perché tale non lo considero, ma quell'affezione che mi possedeva e mi influenzava, che mi scombussolava la coscienza e soprattutto l'umore.


 

4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Questa è una domanda interessante perché effettivamente ho cambiato il titolo per ben tre volte. La prima volta si trattava di quella successione di parole "Elle Sun Elle De La Cronqvet", che non è altro che un richiamo fonetico-semantico a delle memorie eidetiche, quindi a costruzioni fantastiche della mia infanzia, o comunque a sogni lucidi.

La seconda volta volevo solamente semplificare il titolo dandogli il nome del protagonista, lo gnomo CyndiBop: Ellie-Sunla CyndiBop.
Infine, nella parte più frenetica della stesura del libro, che consiste più che altro in aggiunte slegate dalla trama fondamentale, ho conosciuto in internet una deliziosa ragazza di nome Myndi. Ho intrattenuto delle lunghe e approfondite conversazioni con lei, parlando degli argomenti più intimi, e non intendo certo argomenti di carattere sessuale, tutt'altro, è stato soltanto uno svelamento degli affetti più reconditi del mio essere e dei miei ricordi. Trovai con lei un'affinità davvero curiosa e singolare... ancora oggi non dimentico. In quel periodo, nel quale tra l'altro tutte le mie emozioni risultavano enormemente dilatate, decisi quindi di fare una fusione con CyndiBop e di cambiare dunque il titolo in MyndiBop.

 

5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Certamente Hans Christian Andersen. Mi basterebbe un suo libro di fiabe, che contenga magari “L'Angelo”, una delle cose più belle che io abbia letto nella mia vita. Inoltre l'affinità che sento di avere con lui è per me qualcosa di speciale, non solo letteraria, anche se certo non mi posso paragonare ad Andersen nella tecnica, sarebbe una presunzione assurda naturalmente: io parlo infatti soltanto del gusto. Credo che io abbia in comune con Andersen il gusto letterario. Ma c'è di più, le emozioni inconcepibilmente intense, totalizzanti e vibranti che sento leggendo Andersen non le provo leggendo nient'altro. Forse “I Dolori Del Giovane Werther” è l'unico libro Off-Andersen che sortì più o meno gli stessi effetti. C'è una parte nascosta della mia sensibilità che sembra piangere di commozione quando leggo quel meraviglioso scrittore danese. Il suo libretto fiabesco Libro Illustrato Senza Illustrazioni (o Libro Di Immagini Senza Immagini), tradotto in Italia con il titolo “Dialoghi Con La Luna”, è il secondo segreto libretto che mi porterei nel bagaglio a mano, o magari nasconderei in una tasca interna dell'impermeabile, nel viaggio aereo verso l'atollo deserto, tanto al metal-detector non suonerebbe: suonerebbe invece nel modo più dolce nel flauto d'affetto del mio cuore.


 

6. Ebook o cartaceo?
Cartaceo. Nulla potrà mai sostituire la genuinità, l'emozione della carta, il suo fruscio, la sua magia. Vale per me lo stesso discorso dell'analogico con il digitale. Il digitale è senz'altro comodo, fast, plurifunzionale, immediato. Sappiamo tutti dei suoi vantaggi. Con un click puoi leggere intere enciclopedie che mai avresti potuto trovare se non esistesse il digitale, internet e le moderne tecnologie. Ma c'è una controindicazione per me: è senza vita. Quando guardo una videocassetta, o ascolto un nastro nel mio mangianastri Philips del 1987 (avrete ormai capito quanto io sia un fan del brand), sento emozioni irreplicabili, uniche e speciali. Un cd, o ancora di più un file audio è immensamente povero di espressione in confronto. Lo stesso vale per un ebook, certo il contenuto è sempre lo stesso, ma leggere le stesse cose in delle pagine magari un po' ingiallite è un sogno al confronto, le emozioni immillate: è come confrontare una lince in peluche con una lince vera... vogliamo mettere?


 

7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
In realtà per me è più una passione che una vera occupazione. Io suono il pianoforte, seppure mi dedicherò sempre più esclusivamente all'organo e soprattutto al clavicembalo. Però questo libro, che ho cominciato all'inizio dell'estate del 2010, e terminato tra mille interruzioni nel 2012, anche se di tanto in tanto fino ad oggi, ricamavo, affusolavo e aggiungevo... questo libro, dicevo, non è affatto la prima cosa che ho scritto: è la prima opera compiuta che ho scritto. Io sono sempre stato un po' grafomane già dall'adolescenza. Quand'ero piccolo, quando avevo quattro, cinque anni, riempivo una miriade di block notes con partite immaginarie del campionato olandese di calcio, e poi andavo a replicarle nel cortile del condominio dove abitavo, insieme ai miei amichetti. I primi anni di liceo, specialmente da quel fatidico anno della mia riscoperta della "fanciulla affettuosa", infondevo in pagine sparse lodi d'affetto, elegie e composizioni romantiche alla Minnesanger: frammenti in parte raccolti nel libro. La "fanciulla affettuosa" è semplicemente una bambina, o più che altro la fantasticheria-ricordo idealizzata, di una bambina che incontrai quando avevo tre anni, una sera in una cena tra amici di famiglia: mi successe qualcosa alla quale non ero minimamente preparato e non lo dimenticai mai più. I miei sensi erano incantati dai suoi occhi e il suo sguardo: per tutta la sera e la notte la seguii ovunque cercando di attirare la sua attenzione, semplicemente non potevo farci niente: era un magnetismo che mi sopraffaceva, ero come ipnotizzato. Il ricordo che conservai di quell'incontro infantile, il ricordo delle fattezze e dell'essenza di quella bambina è il fulcro della mia vita affettiva, o più completamente della mia vita interiore, e lo sarà sempre; è il fulcro quindi anche del libro.

Una cosa è certa, se quell'incontro speciale di quella che ho percepito come un'affinità elettiva che mi colmava tutto il mio essere di bambino, non fosse avvenuto, io probabilmente non avrei mai scritto nulla nella mia vita. A parte le partite del mio fittizio campionato olandese.

 

8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
La nascita del libro nasce da un'interiore necessità che sentivo, di riassumere in modo lucido le fasi di tumulto emotivo che avevo appena passato. Mio padre era appena morto ed io ero in un frangente frenetico della mia interiorità. Mi era già stato diagnosticato il disturbo bipolare, ma penso che quell'evento, la perdita di mio padre, abbia enfatizzato e intensificato i sintomi e la mia affettività, intesa in senso scientifico. Sentivo appena dopo la sua morte di dover raccontare la mia prima vera e propria euforia, più specificamente psicosi o mania. Infatti tutto partì da lì.

Dopo il primo capitolo però iniziai il vero e proprio racconto. Se devo essere preciso però, la mia idea di scrivere una specie di romanzo in una specie di pasticcio fra Sturm Und Drang e Fantasy, era già fiorita nella mia testa ed è stata suscitata da un'esperienza di vita pseudo-adulta, di un amore non corrisposto. L'intenzione era di raccogliere i frammenti delle lodi affettuose dell'adolescenza e inoltre i messaggi d'amore che dedicai ad una ragazza in un periodo di fluttuazione emotiva pre-psicosi, e quindi prima della morte di mio padre: una frequentazione che poi sfociò ineluttabilmente, visto anche lo squilibrio che regnava su di me in quel periodo, come ho detto in una delusione amorosa. Nacque così l'idea di condensare il mio affetto d'infanzia fondendolo con quella potentissima e intensa delusione d'amore, fondendo anche insieme le altre passioni della mia vita, ambientando quindi il racconto in un mondo Fantasy di gnomi e fate: gli gnomi sono infatti uno dei miei più grandi interessi. Ebbi dopo la delusione amorosa una cosiddetta depressione ed euforia reattiva, cioè indotta sia da effettive influenze sentimentali, e sia da endogeni scompensi biochimici (causa dell'affezione mentale): quindi dalla potenza almeno doppia. Il libro in fondo indaga anche sull'influenza dei sentimenti cosiddetti fisici o reali, sebbene possano altresì essere unicamente interiori e quindi immaginari, sugli effetti e le dinamiche proprie del disturbo bipolare. Sugli effetti anche delle escursioni psichiche in frequenze diciamo non normali e non conosciute, effetti sulla nostra coscienza, e forse anche oltre la nostra coscienza.
Un aneddoto riguarda la stesura del capitolo 7. È un capitolo che dà una svolta letteraria al libro e ne introduce una seconda fase, forse quella più lirica e poetica. Scrissi quel capitolo in una sola notte di febbrile attività psichica, nonostante fossi sotto l'effetto di farmaci, che a dire il vero prendevo e non prendevo. Quando mia nonna si alzò alle sei del mattino io stavo quasi per finire il capitolo. Mi rimproverò tantissimo perché evidentemente era preoccupata delle conseguenze della mancanza di sonno. La cosa non mi toccò affatto, appena terminato il capitolo, feci colazione e andai nella mia adorata S'Anea Scoada, al mare, a passeggiare lungo le falesie, passai la notte seguente là, era pieno inverno e non c'era anima viva, mi sedetti su una roccia e passai tutta la notte guardando il mare in tempesta, c'era una buona luna. Di tanto in tanto registravo appunti per lo svolgimento dei capitoli seguenti. Quando tornai a casa la mattina dopo buttai giù uno schema del resto dell'opera, ebbi tutto chiaro. Fino ad allora, sebbene avessi una traccia in mente e dei punti fondamentali da sviluppare, ogni capitolo era solo la silhouette in chiaroscuro di una talea prima che venisse realizzato.

 

9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È più di una semplice soddisfazione, è un motivo d'orgoglio. È l'effetto elettrizzante dell'arte, quando crei qualcosa di tuo, dalle cose più piccole come il fare dei biscotti alla margarina, o la composizione di un brano, oppure la scrittura di un libro. La magia del creare, lo Schaffen, come dicevano i pre-romantici tedeschi. Credo che sia una delle cose più belle della vita, una delle funzioni più nobili del nostro intelletto, molto più grande del semplice apprendere.


 

10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
In realtà il libro nella sua interezza non l'ha mai letto nessuno. E solo due o tre persone hanno avuto la possibilità di leggere degli stralci. Una di loro è una mia dottoressa.


 

11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Una variante molto diversa dal libro scritto, non credo che potrà mai sostituire la lettura, appunto perché si tratta di una forma differente di comunicazione. Però perché no... se ben letto da una bella voce è splendido poter ascoltare un libro. Costa poca fatica e talvolta può essere anche più piacevole... credo che a quel punto ci potremmo affezionare molto alla voce narrante.


 

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Martedì, 06 Marzo 2018 | di @BookSprint Edizioni

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