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BookSprint Edizioni Blog

23 Ago
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Intervista all'autore - Lucia D'Addato

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Per me scrivere significa incollare la propria anima su carta. Significa voler dire un qualcosa che si spera venga compresa o, andando più nel dettaglio personale, significa strappare un sorriso. Sono sempre stata una persona auto-ironica, nel senso che ho sempre riso di me stessa per elogiarne pregi e difetti. Non che me l'abbia insegnato qualcuno, è sempre stata una mia caratteristica e sinceramente questa cosa mi rende molto fiera di me stessa. Scrivere per me è l'equivalente di dare gli occhiali ad un'altra persona, nel senso che lo invito a vedere le cose come le vedo io. Provo la stessa emozione di quando disegno e onestamente mi rende più che felice. Infine paragono il mio scrivere ad una trasfusione. Sì, so che a prima vista sembra un paragone strano, ma vi assicuro che è la stessa cosa. Voglio che ciò che scrivo entri nell'altro, si propaghi in tutto il suo essere fino a diventare parte del tutto. A mio avviso è un concetto che sfiora anche il romanticismo.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Direi il 99%. Non dico 100 perché, ahimè, il mio Lumos non ha mai parlato. Però sì, tutto quello che è presente nel libro si basa sulla mia esperienza personale. Ora, non voglio dire che il mio libro sia il caposaldo del trattamento del criceto, semplicemente mi sono sentita in dovere di raccontare quel che ho vissuto. Ho fatto anche degli errori, per questo do una dritta al prossimo. Direi che questo piccolo manuale, seppur breve, mi rappresenta del tutto. Ovviamente ho reso tutto più comico, proprio perché la mia personalità ha questo risvolto. Mi azzardo a dire che se qualcuno leggerà questo libro e gli piacerà, allora potrà andare d'accordo anche con me come persona.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Scrivere quest'opera per me significa dichiarare pubblicamente tutto l'amore che ho provato per Lumos che, ahimè, non è più con me da qualche mese. Ho scritto questo libro quando era ancora in vita, ma dopo la sua perdita ho deciso di proporlo a qualche casa editrice per pubblicarlo. E' stato un amico unico nel suo genere, di un'intelligenza rara fino all'inquietante, perderlo per me è stato come perdere uno di famiglia. Mi manca moltissimo e questo libro per me è il simbolo del nostro legame.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Il titolo è stato molto semplice da trovare, poiché come al solito non ho una grande fantasia. Forse ho avuto qualche dubbio quando il libro era ancora un'utopia, cioè aveva già il suo protagonista, ma non una trama. Dopodiché ho iniziato ad abbozzare un testo molto simile ad un libretto d'istruzioni, così ho deciso di trasformarlo in un manuale ed appioppargli un titolo apposito, senza fantasia. O almeno così pensavo. Ricordo che, quando il manuale era in fase di lavorazione, i miei parenti erano convinti che il titolo fosse uno scherzo. Mi spiego: pensavano che il titolo nascondesse un qualche significato nascosto e che parlasse di altro. Io ridendo risposi:"No, parla proprio di criceti, perché pensate ciò?" E loro:"Perché tu sei una matta e potresti scrivere una cosa diversa dall'altra per far cadere i lettori nella tua trappola" Un po' come quello scrittore che scrisse un libro su come capire le donne e poi il contenuto era formato da 100 pagine bianche. Geniale direi.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Ho sempre avuto una passione morbosa per il primo libro "serio" che lessi: "Io non ho paura" di Niccolò Ammaniti. Avevo 8 anni e il suo stile di narrazione mi rapirono a tal punto da leggerlo e rileggerlo più volte di seguito. L'ho riletto recentemente ed ormai ho perso il conto di quante volte ho divorato le pagine di quel libro. Nonostante tutto, non mi porterei solo un libro, sono troppo appassionata di letteratura e porterei di nascosto "Notre Dame de Paris" di Victor Hugo e "Il Miglio Verde"di Stephen King. Per quanto riguarda lo scrittore, credo che vorrei Charles Bukowski. Nonostante sia ritenuto un "vecchio ubriacone" o un "rozzo maleducato" dai media, ammetto di essere sempre stata affascinata dalla sua persona. Personalmente lo ritengo uno "tsundere", un termine giapponese che sta ad indicare un personaggio a prima vista freddo e crudele, ma che poi rivela di avere un buon cuore. Ha vissuto una vita difficile e movimentata, forse non ha dato la migliore immagine di sé al mondo, ma ho passato la mia adolescenza con i suoi libri e mi aperto gli occhi in molte cose, tra cui il realismo sporco della società di oggi.



6. E-book o cartaceo?

Sono la paladina del cartaceo. Molti mi diranno o penseranno che sono di mentalità poco ecologista, ma io credo che bisogna parlare di questo quando si parla di "spreco di carta" o "causa della deforestazione" e un libro fatto bene non lo è di certo. L'e-book può rivelarsi utile, è meno ingombrante ed ha molti altri pro, ma per me un prodotto cartaceo dà più soddisfazione. Per non parlare dell'odore dei fogli e dell'inchiostro, per me è poesia pura. Ne avverti in qualche modo l'essenza, non so se mi spiego.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Scrittrice? Io? Davvero sono una scrittrice? Okay, scherzi a parte, ho deciso l'anno scorso, quando avevo ancora 20 anni. Ho deciso di buttarmi nel mondo della scrittura per sfidare me stessa, come in una gara. E quando parlo di "gara" intendo una vera e propria corsa a ostacoli. A scuola non sono mai stata considerata brillante nella scrittura, né mi ci ritengo a livelli eccelsi, nonostante riconosca che qualcosa di comprensibile so scriverla. Ricordo che le mie professoresse mi tormentavano e denigravano perché "scrivevo troppo appesantito, periodi troppo lunghi e incomprensibili". La cosa che mi faceva più male era il fattore "incomprensibile", poiché in realtà quello che scrivevo si capiva a mio avviso. Mi sentivo non poco stupida davanti a tali considerazioni. Così, dopo la maturità, decisi di rimboccarmi le maniche e... puff! Ho iniziato a scrivere. Niente di complesso, ma efficace. Poi ho provato a farlo pubblicare ed eccomi qua. Ora come ora dedico il mio libro a tutte le mie ex insegnanti d'italiano.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Come ho detto prima, questo libro si basa su Lumos, il mio criceto. L'idea di scrivere questo libro è nato un pomeriggio d'estate, mentre stavo carezzando Lumos in camera mia. Essendo luglio era molto caldo, quindi anche lui soffriva parecchio il caldo. Per precauzione gli mettevo una bottiglietta d'acqua congelata, avvolta in un panno, all'interno della gabbia, per far sì che ci si mettesse vicino per avere un po' di fresco. Un giorno lo vidi scavare sul pannetto e mi misi a ridere nel vedere la scena. Quello sciocco voleva raggiungere disperatamente la superficie fredda della bottiglia per addormentarcisi sopra. Ovviamente era impossibile, visto che il panno era solido e, a furia di scavare, cadde all'indietro sulla segatura. Non si fece nulla, ma fece un versetto di protesta che mi fece piegare in due dalle risate. Era una comica. A quel punto, presa dalla tenerezza, lo presi e dissi: "È dura sopravvivere per un criceto, mh?" e lo baciai sulla testolina. Da lì nacque tutto.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Vedere il proprio lavoro finito e rilegato è una cosa che ti segna. Io personalmente piansi quando ricevetti il prototipo del mio libro, figuratevi cosa ho provato vedendo il mio lavoro finito. Quando me l'hanno messo in vendita ho iniziato a singhiozzare e urlare di gioia, mia sorella minore mi abbracciò fortissimo. Poi ho chiamato i miei e mia sorella maggiore che, al momento, si trova a Perugia per motivi di studio. Per me è stato un delirio di emozioni e mi fa ancora strano dire:" Sapete, ho pubblicato un libro!"



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

La prima che ha letto il mio libro è stata Giovanna, la mia sorella maggiore. Lesse il mio libro quando era ancora una bozza e le chiesi se poteva revisionarmelo. Sapete, avendo fatto studi classici e andando benissimo a letteratura, mi sono fidata ciecamente. Le piacque molto e me lo corresse tutto, impaginandomelo e cambiando i vari caratteri. Ha fatto un bellissimo lavoro e parte di questo successo lo devo a lei. Me ne approfitto per dirlo qui:

Grazie Gì, ti voglio tanto bene, ricordatelo sempre.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

L'audiolibro non è male, sentirsi una voce che racconta il libro fa molto teatrale. Sarà strano, ma ogni volta che si parla di ciò ho in mente un'immagine fissa. Mi fan andare indietro nel tempo, quando la maestra d'asilo era il mio "audiolibro". Mi raccontava le fiabe leggendo sui libri e ricordo che adoravo ascoltarla. Poi ho iniziato a leggere da sola e non ho più avuto a che fare con questa frontiera. Almeno fino a poco tempo fa. Qualche mese fa hanno inaugurato una libreria a Foligno, paese in cui ho vissuto per 17 anni, e ho avuto il piacere di ascoltare alcuni audiolibri. Non male, ma amo essere io la narratrice di me stessa.

 

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Mercoledì, 23 Agosto 2017 | di @BookSprint Edizioni

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