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22 Ago
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Intervista all'autore - Enerina Iacopini

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Sono nata e vissuta a Fermo, una cittadina delle Marche. Non ho deciso io di diventare scrittore, lo sono sempre stata, fin dai tempi della scuola quando i miei temi erano presi ad esempio per l'originalità oltre che per correttezza. Scrivere è una necessità, come mangiare o dormire. Essere letti invece non lo è, anzi, provo una certa vergogna nel mostrarmi, come se essere letti fosse come mostrarsi senza vestiti: non lo si fa certo con chiunque.



2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Quando ero giovane studente scrivevo di notte, spesso con una pila accesa sotto le lenzuola per non essere vista dai miei, poi sempre di notte, dopo aver sistemato lavoro e famiglia; ora che ho la mia bella età, scrivo di giorno, quando posso, e comunque molto meno spesso di quanto vorrei, vuoi per stanchezza, vuoi per impegni familiari.



3. Il suo autore contemporaneo preferito?

Mi piace molto Simonetta Agnello Hornby. Mi piace lei, il suo modo di scrivere e anche il tipo di storie che scrive.Mi piace anche Norman Mailer, americano e premio Pulitzer.



4. Perché è nata la sua opera?

Non lo so. Vive con me da sempre. Ho cominciato a scriverla che ero in seconda media, ma la storia e i personaggi, anche se sapevo solo vagamente chi fossero erano lì già da molto prima. Poi naturalmente nel tempo sono maturata: ho letto, studiato, capito, affinato le mie capacità, anche linguistiche, ed ecco il risultato.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

Moltissimo. Ho la fortuna di avere molte amicizie fra scrittori, poeti, pittori, storici, saggisti... nei confronti dei quali mi sono sempre sentita la parente povera, cioè la romanziera. Di sera, a cena con loro non si parla di San Remo o di calcio, ma di Carlo Magno e il ritrovamento e la lettura della lapide della moglie ripudiata(l'Ermengarda di Manzoni) proprio qui dalle nostre parti o di Etruschi e Piceni, delle loro lingue sconosciute ai più, o magari dell'attribuzione o meno di un quadro a Carlo Crivelli, e ultimamente, di un Parmigianino, solo per dare qualche piccolo esempio, e questo avviene da più di quarant'anni. Non lo trovereste stimolante anche voi?

 




6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Decisamente un'evasione, La realtà storica dei mondi in cui mi muovo va rispettata, ma una volta immersa in quelle realtà, il resto è pura evasione.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Tutto e niente. Realtà: niente. Emotività tutto.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

No. La spinta a scrivere è tutta mia e viene da dentro.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

Ad una mia amica saggista ed esperta di storia antica.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

Sicuramente lo è, visto come corre la tecnologia per i giovani. Io prendo lezioni di computer e telefonino da mia nipote di dieci anni. Personalmente però, amo la carta stampata, ne amo l'odore, il tocco, il fruscio, e mi piace avere tutti miei libri negli scaffali intorno a me, a disposizione in qualunque momento. Volete mettere il fascino di un biglietto d'auguri cartaceo con quello di un biglietto spedito via internet?



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Molto utile, ma per i non-vedenti, e credo che anche loro preferiscano ancora il Braille. Io leggo col mio ritmo, con la mia intonazione, le mie pause, la mia espressività. Non mi soddisferebbe mai quella di un'altra persona, fosse anche il più grande attore del momento. Mio figlio, in un momento della sua vita in cui ha svolto un lavoro ripetitivo e poco coinvolgente, ascoltava classici in versione audio. Non so che utilità ne abbia tratto; certamente meglio che niente.

 

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