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20 Feb
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Intervista all'autore - Mario Ugo Consani

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Da alcuni anni a questa parte scrivere per me è una grandissima soddisfazione. Ciò, nonostante lo faccia soltanto per una ristretta cerchia di pubblico: parenti, amici, conoscenti. Mi esalto a tal punto che, a detta degli altri, non mia, riesco a rendere avvincente anche un semplice commento. Perché ci metto sempre il cuore. Ma è quando scrivo le poesie che raggiungo il mio apice massimo. Mi prendono a tal punto che dall'emozione - mi tremano persino le mani - passo alla commozione. Non cerebrale, per carità, ma a livello di occhi umidi e persino di lacrime, se non addirittura pianto quasi dirotto. Ma poi mi fanno stare bene, tanto bene per ore e ore fino alla prossima che scriverò per cui tornerà la medesima sofferenza quanto la successiva e solita soddisfazione. Il peso che, prima, sento sulle spalle, dopo aver composto svanisce. Magari dura poco, ma mi è sufficiente per distrarre la mia vita dalle troppe delusioni che la affliggono. Scrivere poesie per me è si sofferenza, ma anche gioia. Immensa.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Tantissima. Le mie poesie parlano di me, della mia vita presente, passata e futura, di mia madre, di mio padre, dei cari ricordi d'infanzia, di donne e dell'amore che avrei voluto da loro, senza ottenerlo; di Natura, di Sardegna (la 'mia' amata Sardegna), delle escursioni che faccio, di esperienze vissute, di sogni.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Preferirei la domanda di riserva. Trattandosi soltanto di poesie, è un po’ difficile rispondere. A parte la soddisfazione di vederle raccolte in un supporto ufficiale, con esse io ho messo a nudo me stesso di fronte alla vita, mia e degli altri. Non ho avuto remore di sorta a esprimere i miei sentimenti, le mie paure, le mie emozioni quasi meravigliandomi di essere capace di farlo. Tutto qua.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

La scelta del titolo è stata immediata perché l'ho decisa appena dopo aver scritto i primi versi della prima poesia. Non ho mai abbandonato l'idea di quel titolo perché in esso è racchiusa tutta la mia sorpresa per essere riuscito a fare, all'improvviso, una cosa di cui non solo non credevo di essere capace - sebbene sarà poi il giudizio del pubblico a decretarne o meno il successo - ma anche perché avevo odiato le poesie fino ad un attimo prima che mi sovvenissero quei semplici versi. In verità, in passato ci avevo già provato per desistere, tuttavia, quasi subito per una sorta di rifiuto ancestrale verso quel genere letterario. Come detto, odiato perché a scuola mi avevano sempre obbligato a mandare a memoria e poi a sciorinare a pappagallo, in una sorta di gara tra compagni di classe, ogni genere di poesia sorvolando quasi di spiegarcene il significato e, soprattutto, farci rivivere la sofferenza, la gioia, i sentimenti d'amore, di amicizia, di fratellanza, di ribellione e quant'altro che ogni autore aveva infuso nella sua opera per tramandare ai posteri il suo pensiero, le sue sensazioni, le sue emozioni.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Purtroppo, sono un pessimo lettore quando invece in gioventù amavo molto la lettura perchè mi permetteva di evadere dal quotidiano. Io che ho sempre avuto una fervida immaginazione, un pò come Salgari, che mi ha spesso portato - e tuttora qualche volta - a immaginare avventure con tal dovizia di particolari da credere di stare vivendole realmente. Essendo solo al mondo, una volta uscito dal lavoro, ho poco tempo da dedicare a me stesso. Alla lettura preferisco l'aria aperta e quindi non perdo occasione per recarmi nei luoghi che mi fanno stare bene (Maremma, Sardegna, parchi naturali e via dicendo). Ora non mi sovviene (sacrilegio!) alcun autore/titolo, ma sono sicuro che al reale momento opportuno saprei quale buon libro portare con me.



6. E-book o cartaceo?

Cartaceo, sicuramente. La tecnologia applicata mi piace, ma quanto a libri resto legato alla vecchia e cara carta. E poi non vedo dove prenderei, in un'isola deserta, la corrente elettrica per ricaricare il supporto informatico su cui visualizzare l'e-book. Per diventare il Robinson Crusoe degli anni duemila servono nozioni tecniche solide che esulano dalla mia modesta sfera conoscitiva.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

È un po’ difficile rispondere a questa domanda dato che non è un romanzo quello che ho scritto, ma si tratta soltanto di poesie. Per giunta, quasi tutte in rima baciata. Mi auguro ardentemente che quella che ho intrapreso, pur con tutta la modestia possibile che da sempre mi caratterizza, possa davvero diventare una carriera. Ma credo sia prematuro parlarne. Inoltre, chi scrive per camparci ha bisogno di serenità, di silenzio, di tranquillità e di tanto tempo libero a disposizione. Tutte cose che non annovera un modesto impiegato di un pubblico servizio come me che, pertanto, deve sforzarsi di tenere a mente i versi che gli sovvengono, tuttalpiù appuntandoseli sullo smartphone, prima di poterli mettere nero su bianco.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Sin dai primi versi pensati e scritti mi sovviene l'idea di pubblicare un giorno un libro che potesse raccogliere tutte le poesie che mi auguravo di essere in grado di scrivere da quel momento in poi. Anche se l'idea, quasi assurda per le mie capacità di allora, mi faceva alquanto ridere. Successivamente, dato che moltissime persone, anche pressochè sconosciute, iniziavano ad apprezzare grandemente ciò che scrivevo, ho cominciato a crederci molto di più fino a vedere effettivamente realizzato quello che era nato soltanto come un sogno. Come scritto in IV di copertina, la notizia in anteprima mondiale - ma eravamo solo in tre - che una cara amica aspettasse il primo figlio, mi intenerì a tal punto, io che non ero mai stato incline al romanticismo, da indurmi a scrivere alcuni versi sull'avvenimento. Il caso volle che due giorni dopo mi recassi in Maremma per una delle mie solite escursioni. Qui, sulla spiaggia del Parco dell'Ucellina, a due passi dal promontorio di Collelungo che ospita l'omonima torre, in perfetta solitudine e di fronte al mare azzurro e piatto - che sarebbe poi diventato la mia massima fonte di ispirazione anche quando non è lui il protagonista - mi vennero in mente alcuni versi che presto si trasformarono in una lunga poesia. A cascata, a seguire, tutte le altre fino ai giorni nostri. E non mi sono ancora fermato. Spero mai!



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Una gioia immensa, irrefrenabile, indescrivibile. Trattandosi del sogno di un uomo qualunque e quindi non di uno scrittore professionista e quindi a lungo agognato quanto ritenuto irrealizzabile, vederlo finalmente concretizzato è un'emozione ad un livello di bello che esula dalla sfera umana. Infatti, stento ancora a crederci. Diversamente, nutro anche tanto timore che possa essere stracciato dalla critica - credo che le ci vorrebbe ben poco e persino con termini non proprio edificanti - e che non ottenga affatto il gradimento del pubblico vasto come finora è stato con le singole poesie sottoposte al giudizio di tante altre persone comuni, ma anche no, ad un livello meramente locale o, al più, circoscritto alle amicizie, virtuali e non, di Facebook. Aldilà di tutto ciò, resta e resterebbe inalterata la mia massima soddisfazione di essere riuscito in un'impresa per me titanica.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Di fatto, dato che non è stato ancora pubblicato, nessuno. Tuttavia, quello che era in embrione e nemmeno completo com'è adesso, una lontana parente professoressa di Lettere in pensione che mi ricoprì di lodi esortandomi, dopo aver affinato un po’ lo stile, a perseverare perché avrei fatto strada.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Non ne ho esperienza diretta benché ne abbia sentito parlare. Fermo restando il mio convincimento che il libro cartaceo sia sempre il migliore - lo si reca facilmente ovunque e non necessità di alcunché eccetto un paio di occhiali; inoltre, leggere aiuta anche molto a migliorare il proprio lessico e la propria grammatica - l'audiolibro può comunque rappresentare una valida alternativa per chi non ha tempo di dedicare un momento della sua vita alla lettura o ha, suo malgrado, un impedimento fisico. Certamente, credo che sia come non volersi perdere una trasmissione televisiva, ma poi, di fatto, seguirla da un'altra stanza; senza cioè vederne le immagini. Va da sè che se il narratore è alla perfetta altezza del compito che svolge, sia un'esperienza anche forse migliore del leggere direttamente. D'altronde, la radio, quando la TV era di là da venire, surrogava con la voce ciò che si poteva solo immaginare. Con ottimi risultati, però. Come ricordo bene mi avessero spesso detto i miei genitori e non solo. In buona sintesi direi che l'audiolibro è la replica doppiata di un libro che non abbiamo mai acquistato.

 

 

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