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22 Nov
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Intervista all'autore - Elena Levato

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Già il mio nome è una storia! Da bambina mi hanno sempre chiamata Franca, scoprire in età adolescenziale che questo nome non era in anagrafe è stata una pillola dura da ingerire. Sono nata a Savelli(KR) Sila- Calabria, vivo ormai da decenni a Settimo Torinese (TO) e ho trascorso alcuni anni in provincia di Milano, e gli studi universitari a Napoli. Scrivere, così come leggere sono state due passioni che ho coltivato da piccola. Leggere, evidenziare, trascrivere e rileggere questa è stata una costante. Ho iniziato a scrivere poesie, commenti e soprattutto descrizioni. Ho scritto fiabe e favole, e in un periodo particolare della mia vita, mia figlia mi ha ad incoraggiato a pubblicare. Ho iniziato con un romanzo del genere fiaba lunga di cui posso dire di essere quasi una esperta, per passare adesso a un romanzo/denuncia. Non si decide di diventare scrittori, si scrive e basta: spesso le mani vanno sotto dettatura della mente, senza che io ne abbia consapevolezza. Infatti, ho scritto un romanzo in un mese e mezzo, sul ruolo della donna all'inizio del secolo. Ho ancora nel cassetto un romanzo fantasy.




2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Non c'è un momento preciso da dedicare alla scrittura e tantomeno fisso; a volte mi sveglio con dei pensieri in testa, come se avessi fatto un sogno e devo fissarlo sulla carta per non dimenticare, a volte scrivo di pomeriggio, ma prevalentemente è la sera il momento più indicato. Vivendo da sola non ho condizionamenti, perciò quando arriva l'idea o solo semplicemente il desiderio di scrivere, metto da parte ogni altra cosa e, pur senza una idea precisa, inizio a scrivere e funziona: la mente crea. Prima prendevo carta e penna che comunque mi porto sempre appresso, a casa ora uso il computer.



3. Il suo autore contemporaneo preferito?

In verità ce ne sono molti ma quello che preferisco dopo la Rowling è Glen Cooper. Mi piace non solo come scrive ma anche per l'originalità delle tematica. Mi sono appassionata dopo aver letto La Biblioteca dei Morti. Ho comprato il libro per il titolo poi però ho scoperto l'autore e così ho, via via, comprato tutti gli altri.



4. Perché è nata la sua opera?

Seguo tutte le notizie di cronaca e le trasmissioni televisive che trattano di violenze su donne, e ritengo che sul "femminicidio" non si sia fatto abbastanza o per meglio dire non se ne parli abbastanza per vergogna o pudore. Ho conosciuto, (per via della mia associazione) donne violentate e una ragazza con una storia simile. Secondo me, per lei non è stata fatta giustizia: la sua morte è stata denunciata come un suicidio, mentre per me qualcuno deve averla uccisa. Quindi ho elaborato il come poteva essere successo e ho deciso di raccontarlo. Inoltre, il sapere che chi viene ucciso non muore subito, mi ha spinto a riflettere su quali siano gli ultimi pensieri e a cosa si aggrappi la mente di chi sa di non avere via di scampo. Ho voluto scrivere anche per dare voce a un'anima ferita che vive quest'ultimo momento.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

È una domanda un po' particolare perché se penso ai libri che circolavano a casa mia, se penso che nel mio paese c'era un centro di lettura e la parrocchia possedeva una piccola libreria devo dire che sono stata fortunata ad avere luoghi dove recuperare libri. Se penso che questo contesto sociale sia stato condiviso con altri familiari e compagni di scuola devo dire che è stato ininfluente. Qual è la mia riflessione? Che sono sempre le scelte individuali a determinare le nostre azioni.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Scrivere non è una evasione perché è un processo serio e anche razionale che richiede impegno, tempo, sacrificio. Si scrive per il piacere di scrivere e raccontare, certamente con un occhio rivolto alla realtà e l'altro alla propria mente creativa. La vita induce a riflettere, ci offre spunti per narrare, la natura per descrivere e il tutto per provare emozioni, ma senza il desiderio di scrivere restano solo immagini scolpite negli occhi. La voglia di scrivere e la capacità di usare le parole facilitano la scrittura: senza una competenza linguistica si fatica, senza la realtà, senza l'esperienza cultura non si creano personaggi. Scrivere è qualcosa di meraviglioso perché è il modo che uno si da per mettere insieme parole e immagini, emozioni e sentimenti, raccontare spesso cose ovvie ma in un modo originale.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Nella vicenda specifica c'è il dolore e la condivisione, ma è ovvio che in un libro ci siano pensieri e sentimenti dell'autore. Lo stupro è un fatto atroce che lacera l'anima e non è facile da comprendere. Per fortuna mia non ho vissuto un'esperienza del genere, ma ho conosciuto donne che sono state violentate. Cosa c'è di mio? La conoscenza della vita paesana e della vita in città, la solitudine in cui spesso ci si trova in momenti di sconforto e sofferenza, le incomprensioni genitori-figli che, ai miei tempi erano frustrazioni. Cosa c'è di mio? Le limitazioni che i genitori di una volta ponevano alle ragazze, specialmente di paese, nel vivere una storia d'amore e la condizione della donna che, per cultura e tradizione, doveva e deve ancora obbedienza e sottomissione.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

Non direi. Scrivo sempre da sola anche se condivido.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

A una mia alunna laureata, donna e mamma. È stata lei a dirmi che la storia meritava di essere pubblicata perché merita di essere letta. Poi l'ha letto il mio più caro amico, un dottore pediatra e mi ha espresso il suo entusiasmo. È la persona che mi ha scritto la presentazione.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

Non saprei, io amo il cartaceo. Il libro voglio tenerlo in mano, annusarlo, sfogliarlo, lasciarlo sul comodino e poterlo prendere quando ne ho voglia. Sono consapevole che il mondo stia cambiando, l'e-book può essere uno strumento che facilita la ricerca di un testo e soprattutto il costo. Ben venga l'e-book ma non eliminiamo i libri.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

L'audiolibro è senza dubbio uno strumento didattico di notevole rilevanza. La frontiera delle novità non si può chiudere, la tecnologia avanza e non la si può fermare. Come la robotica deve essere considerata di supporto all'uomo e non in sostituzione, così, come ho detto prima, ben vengano i nuovi strumenti purché non distruggano il libro. Nella scuola il cartaceo non può essere eliminato.

 

 

 

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