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BookSprint Edizioni Blog

19 Set
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Intervista all'autore - Marco Sicari

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Mentre scrivo mi sento spesso vulnerabile, esposto ai sentimenti dei miei stessi personaggi. Sono triste se loro sono tristi e felice se succede loro qualcosa di bello. E non sono sempre io a decidere il loro destino. Talvolta e se riesco a dargli un carattere preciso, mi capita che mi sfuggano di mano e agiscano in modo autonomo. Ma la grande fatica è passare dallo stato d'animo di un personaggio all' altro, ad esempio durante un dialogo, dove finisco inesorabilmente per vivere un pieno conflitto di attenzione. Come mi sento...? Quando scrivo arrivo sempre ad una sottile linea di confine dove i miei sentimenti oscillano tra la realtà e la finzione narrativa.

 

Se supero quella linea, scatta un meccanismo di autoinganno e sono completamente dentro il mio mondo parallelo dentro cui potrei stare un tempo infinito (o almeno fino alla fine del capitolo). Comunque scrivo con una certa sofferenza. Mi sembra sempre che esista una parola migliore, più coincidente di quella che ho scritto. Ecco quale emozione provo: insoddisfazione creativa.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Quasi niente. Per la scrittura del romanzo ho cercato di creare un mondo, di metterci dei personaggi ed ho usato un linguaggio che non è il mio ma che mi pareva coerente con le cose che in quel mondo potevano accadere. Non solo non c' è quasi niente di me in questa storia, ma anche il lettore troverà difficile identificarsi con uno qualsiasi dei personaggi, che ho voluto lasciare appositamente sullo sfondo per far risaltare il protagonista, Battista Giovanni.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

L' ho scritta di rimessa. Io volevo che accadessero delle cose e i personaggi mi tiravano da un'altra parte. Per me ha significato vivere una forte frustrazione, piena di interferenze e di ostacoli da superare. Si, direi di aver provato dolore e fatica. Anche il finale avrei voluto che fosse diverso ma quello scelto era l' unico possibile. E' come correre una maratona dove la grande soddisfazione sta nel tagliare il traguardo.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

L' editore di una nota casa editrice mi aveva detto che la maggior parte dei libri, paradossalmente, viene comperato per il titolo e per la copertina. Così via via che andavo avanti con la scrittura e c'era un episodio che mi piaceva particolarmente, mettevo giù un appunto con un titolo. Alla fine avevo una decina di titoli possibili e tre che mi piacevano più degli altri. Ho chiesto a qualche amico e ho lasciato a loro la scelta.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Su un' isola deserta vorrei poter avere un grande manuale di sopravvivenza con tante immagini. Ma al di là delle battute e parlando di letteratura vorrei portare con me Jules e Jim di Henri-Pierre Roché. È un libro che ho letto già due volte e che racconta di due uomini che amano la stessa donna e di una donna che li ama entrambi. Vorrei averlo con me per impararlo a memoria perché dentro lo stesso volume c' è tutto quello che si si può imparare sull'amore puro e sull'amicizia, cioè di due sentimenti capaci di influenzare la vita in modo definitivo.



6. E-book o cartaceo?

Un giorno sono andato in Messico e ci sono rimasto quasi due mesi e mezzo. Vivevo in un posto isolato dove era difficile trovare dei romanzi in italiano e il mio spagnolo non era sufficiente per una lettura puntuale. In forte crisi di astinenza ho cominciato a leggere un e-book ricevuto in regalo insieme all' acquisto dello smartphone e a cui non mi sarei mai avvicinato spontaneamente, Pinocchio ed ho scoperto due cose: Collodi ha scritto un capolavoro con almeno tre livelli di lettura e che consiglio a dei lettori adulti e che, appena comincia il processo di astrazione della lettura, il supporto su cui il romanzo è scritto non conta più niente. Mi rimane una certa predilezione per la carta non per ragioni romantiche, ma perché un libro lo posso strapazzare un po' di più, sottolineare meglio magari in colori diversi e in modo un po' più disordinato.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Non l' ho mai deciso in realtà. Lo scrittore per è uno che scrive per mestiere mentre io lo faccio solo per passione. Nel mondo dell'editoria ho i denti di latte; penso che la scrittura e il mercato dei libri siano due cose profondamente diverse e talvolta addirittura inconciliabili. Ho scritto questo romanzo senza tenere in nessuna considerazione le dinamiche commerciali ma per il puro piacere di farlo, per un' esigenza irrinunciabile. Non ho neanche un animo integralista e il nuovo romanzo che sto completando ha un carattere più semplice che tiene conto di alcune regole di mercato e anche delle esigenze dei lettori.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Il romanzo è stato scritto molti anni fa quando lavoravo nei Servizi Sociali a Milano. Una delle attività di cui mi occupavo era il "ProntoGiovani", un servizio di prima accoglienza telefonica. Ricordo con i brividi addosso di un ragazzino di 13 anni che veniva coinvolto in riti satanici a Torino e che una volta, con un filo di voce, mi ha detto che stava quasi sempre da solo perché pensava che tutti potessero guardalo dentro e scoprire i suoi segreti. Per questo ho provato ad affrontare il tema della trasparenza cercando di potarlo al punto estremo che è quello di cercare di essere totalmente invisibili. Il romanzo è nato così, da una telefonata che mi è rimasta addosso per anni.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Beh, è una sensazione molto gradevole. Ed è anche un sollievo. Quando il lavoro è ancora sul computer non finisci mai di correggerlo, di cambiare una parola o rivedere una frase. Nel momento che ha una copertina ed è pubblicato tutto diventa definitivo e smetti di preoccuparti di lui.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Ho dato il manoscritto ad una ragazza che frequentavo all' epoca e lei lo ha letto e poi lo ha passato alla madre e la madre ad alcune sue amiche e loro ad altri. Ricordo di averle giocosamente rimproverate perché da lì alla pubblicazione non avrei avuto più lettori interessati all' acquisto, almeno non tra i miei conoscenti. Poi il manoscritto è finito in un cassetto e successivamente in un luogo meno accessibile sotto strati e strati di cose e poi l' ho ritrovato durante un trasloco. Ho interrotto tutto e mi sono rimesso a leggerlo tra uno scatolone e l'altro finché non l'ho finito.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Credo che siano due prodotti profondamente diversi. Ascoltare una storia nelle cuffiette o in auto può essere molto pratico ma non è una lettura. Il lettore sceglie il ritmo, le pause, le tonalità. Nell'audiolibro la storia scorre da se permettendo una minore personalizzazione.



 

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Sabato, 19 Settembre 2015 | di @BookSprint Edizioni

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