2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
A meno che non si scrivano opere di fantascienza o thriller imbottiti di serial killer ed ettolitri di sangue, credo che nessuno scrittore possa esimersi dal mettere un po' di se stesso in quanto produce. La vita ci plasma, ci raddrizza o ci storce, ma lascia una traccia imperitura che ci condiziona e traspare in quello che andiamo raccontando. Nella libera repubblica degli anziani affiorano le problematiche di un'età ormai reietta, i crucci di chi si sente tradito e abbandonato, lo scontro con un mondo che segue indifferente le sue traiettorie. I miei protagonisti hanno tante. troppe cicatrici e si ribellano, dimenticando l'iter naturale che madre natura ha tracciato per noi.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Come per le altre già scritte e per quelle a venire è stato un puro e semplice divertissement. L'impulso d'inventare cose nuove e riferirle a quanti saranno disposti ad ascoltarle nasce dal profondo e, nel mio caso, è indifferente ai meri risultati. Con questo non voglio e non posso dire che mi accontento delle cento copie che mi sono pagato e che ho regalato ad amici e conoscenti (salvo poche eccezioni). Parliamoci chiaro! Mi crogiolerei come una scrofa nel truogolo se i miei libri fossero letti da migliaia di seguaci infervorati. Purtroppo non è così! Non sono uno scrittore di fama né uno di nicchia, mi piace definirmi “di cantonata”. Comunque mi diverto ugualmente e non penso di alzare bandiera bianca.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Inizialmente avevo scelto un titolo diverso: “Gilda”, dal nome intrigante di una delle protagoniste. Quando la storia mi ha preso la mano e sono apparsi altri interpreti con una loro personalità ben definita, ho pensato che la cosa fosse troppo riduttiva ed ho scelto un titolo più consono.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Ci vorrebbe una grande scialuppa di salvataggio per portare con me tutti i libri che ho amato e quelli che imparerò ad amare. In assoluto, condizionato da una scelta unica e restrittiva, sceglierei “Il deserto dei tartari di Dino Buzzati” e piangerei ogni giorno perché mi mancherebbero Hemingway, Thomas Mann, Pavese, Steinbeck prima osannato e poi buttato in un assurdo dimenticatoio. Lo scrittore con cui mi piacerebbe conversare è Albert Camus. Come medico e come uomo vorrei sapere dove ha raccolto i dati sulla peste e sulla sua propagazione e, se fosse propenso a svelarlo, gli chiederei chi era “Lo straniero”.
6. E-book o cartaceo?
Oramai sono arrivato all'età in cui ci si aggrappa alle cose meglio conosciute. Capisco che le nuove generazioni cerchino semplificazione e velocità non disgiunte da un giudizioso risparmio, ma il profumo della carta, il fruscio delle pagine, lo scontento di una sgualcitura o, peggio, di un'involontaria macchiolina non hanno prezzo. Posso apparire retrivo e, se vogliamo, autolesionista, irrispettoso della salvaguardia delle tante foreste aggredite in nome del progresso, ma non toglietemi la carta (cartaceo mi pare un termine dispregiativo che non voglio usare). Se e quando diventeremo dei veri ecologisti, aboliamo la burocrazia sotto ogni forma, risparmiando così miriadi di alberi innocenti!
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Ho cominciato a scrivere quando la donna, la compagna che mi aveva sostenuto per quaranta anni è arrivata alla fine. Piangere, supplicare, dedicarsi a mille alternative non portava a niente. La scrittura non è stata una carriera, è stata una via di fuga.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Come ho già spiegato, la professione mi ha portato a contatto con un fiume di anziani. Ognuno con la sua storia, i dolori, le poche gioie e le flebili speranze. Essendo divenuto un esperto in materia, era inevitabile che mi nascesse un'ispirazione tesa a raccogliere facce, avvenimenti, pregi e difetti della terza età. Anche se sono fermamente convinto che, in pieno duemila, la vecchiaia vera e propria abbia inizio dai 98 anni in su. Il resto è anzianità nella quale possiamo distinguere diverse fasi. Meglio non parlarne, altrimenti dovrei scrivere un altro romanzo.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Una discreta soddisfazione che cresce in maniera esponenziale quando arrivano elogi, condivisioni e richieste di dediche (cosa questa che mi manda letteralmente in orbita).
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La mia seconda moglie, Rosanna, giudice severo e imparziale. Lettrice infaticabile, abituata a volumi di ben altro spessore, si è limitata a brevi commenti e a qualche osservazione correttiva che non mi fiaccano, non mi fanno demordere, ma obbligano questo modesto scribacchino a stringere i denti e correggere il possibile.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Come uomo di scienza credo nel progresso e nelle opportunità che ci propone. Il campo in cui opero ne è una valida dimostrazione. Soggetti dislessici ed altri affetti da varie patologie invalidanti si avvalgono con grande profitto dei mezzi audiovisivi Ma c'è un “ma”. Come ho già affermato, amo troppo il fascino di un sano libro demodé e non posso cambiare gusti solo per seguire la corrente.