Una volta laureato, mi sono messo alla ricerca di un lavoro stabile, convinto che con la laurea lo avrei trovato in poche settimane. Non ero consapevole di quanto fosse complicato restare a galla in questo mare di imprevisti. Tuttavia, questa immensa difficoltà a trovare una degna occupazione lavorativa, mi ha spinto a scrivere questo libro. Volevo divulgare non soltanto uno stato di malessere dovuto alla mancanza di un lavoro, ma anche rappresentare tutte quelle persone che cercano disperatamente un occupazione, e che si sentono dire continuamente di non essere idonee a fare quel lavoro. Volevo scrivere un qualcosa che rappresentasse un grido, un allarme nei confronti di questa società sempre più esigente.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento particolare della giornata che dedico alla scrittura. Mi piace scrivere e lo faccio nel tempo libero, senza programmare nulla in anticipo. Se mi viene in mente un'idea, una frase o anche una semplice parola che penso possa andar bene in un punto particolare del racconto, la scrivo ovunque sono. Il concetto poi lo riporto sul racconto che sto scrivendo e intorno ad esso costruisco tutto il contorno. Mentre scrivo mi immedesimo nei personaggi e immagino ogni singola scena: dialoghi, descrizioni, luoghi, se è giorno o notte, se piove o c'è il sole, ecc... Ogni minimo dettaglio viene calcolato, come se la mia mente stesse girando un film.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Paulo Coelho. Mi piace il suo modo di scrivere per tanti motivi. Anzitutto i suoi testi sono scritti in modo semplice e ciò cattura subito la mia attenzione. Poi è un autore che scrive libri di ogni genere e quando un artista si ispira a più argomenti di vita, per me è un artista completo. Infine, cosa non meno importante, i suoi libri fanno viaggiare la mia mente, a volte la fanno persino sognare, facendomi evadere dalla realtà. Non è da tutti creare sensazioni del genere.
4. Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata a fine 2009. Allora lavoravo in un'azienda informatica come consulente, con un contratto a progetto che sarebbe scaduto qualche mese più tardi e senza la prospettiva di un possibile rinnovo. Non avendo futuro in quell'azienda, ogni due settimane compravo in edicola i giornali degli annunci di lavoro. Sfogliandoli, leggevo sempre la stessa cosa: "cercasi personale con esperienza". Nove annunci su dieci richiamavano il termine "esperienza". E' stato lì che ho deciso di scrivere un qualcosa che andasse controcorrente, un qualcosa che rappresentasse la società non nella sua rigidità, bensì nella sua flessibilità. Volevo raccontare, attraverso una storia inventata, come anche le persone prive di esperienza possano rendersi utili a questa società. L'esperienza si acquisisce lavorando e per me le aziende anziché scrivere "cercasi persone con esperienza", dovrebbero scrivere "cercasi persone che vogliono imparare questo lavoro". Non è facile cambiare questo sistema, ma spero che prima o poi questo cambiamento avvenga.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Ha influito tantissimo, perché se avessi trovato immediatamente un lavoro stabile, probabilmente questo racconto non lo avrei scritto. Per capire appieno un disagio, un problema, bisogna prima viverlo, poiché raccontarlo senza un coinvolgimento diretto, si trascurano sempre dei dettagli che possono risultare fondamentali. La vita forma le persone e servono sia le vittorie sia le sconfitte per perfezionare la mente. Attraverso alcuni episodi vissuti, ho avuto l'ispirazione per scrivere un racconto, ma la società in cui viviamo, nel bene e nel male, influisce sulla formazione di ognuno, anche se non tutti traggono ispirazione dagli episodi della vita per scriverci un libro.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è sia un'evasione dalla realtà, sia un modo per raccontare la realtà. È un'evasione dalla realtà perché attraverso le parole lo scrittore può descrive il mondo che sogna e quindi con la fantasia può evadere dalla realtà quotidiana. Non bisogna scrivere per forza una storia vissuta o reale. Ogni singola storia lo scrittore la modella in base a quello che vuole ottenere come risultato finale. Nello stesso tempo, però, lo scrittore può inserire molti pensieri personali, episodi di vita vissuti, punti di vista, ecc... e quindi può descrivere anche la realtà delle cose (secondo il suo punto di vista, ovviamente). Per quanto riguarda "Il talento dei poveri", ho inserito molti pensieri personali in un contesto inventato. Chi scrive deve aggiungere anche qualcosa di proprio, altrimenti il testo non sarà mai personalizzato al cento per cento.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tantissimo, forse anche più di quello che avrei voluto mettere. Alcune frasi le reputo abbastanza dure, ciniche. Ovviamente non sono rivolte a nessuna persona o azienda in particolare, ma sono delle frecce dirette alla società di oggi, al sistema che non funziona (sempre secondo il mio punto di vista), al mondo del lavoro sempre più rigido ed esigente. Non c'è alcuna diffamazione verso il prossimo, però chi scrive deve pure esternare il proprio pensiero, il disagio che sta vivendo, o comunque far capire al lettore che c'è qualcosa che non funziona. Il "Talento dei poveri" è un libro molto personale, e sono molto orgoglioso di averlo scritto.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nessuno, perché questo libro è stato scritto dalla prima all'ultima lettera direttamente da me. Pochissime persone sapevano che stavo scrivendo un libro, poiché non volevo che interferissero sui miei pensieri. Tuttavia, devo fare un accenno importante: mentre scrivevo il libro, cercavo di captare dalle persone con cui interagivo ogni singola parola, perché involontariamente potevano fornirmi il termine giusto per l'ispirazione di una frase, di un paragrafo o anche di un intero capitolo. Non devo ringraziare nessuno perché l'ho scritto tutto da solo, senza collaborazioni esterne, ma allo stesso tempo ringrazio tutte quelle persone che, indirettamente, mi hanno fornito le parole giuste per costruire i paragrafi.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mio padre. In realtà non gli ho detto di leggerlo, poiché io vivo e lascio vivere, e ognuno deve fare quello che si sente. E' stato lui a volerlo leggere e devo dire che ha apprezzato molto la storia.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Secondo me si, ma non del tutto. Ci sono troppe persone che amano il libro cartaceo, l'odore delle pagine, il rumore che emettono quando passano alla pagina successiva e penso che per queste persone il libro cartaceo resterà il loro preferito. Tuttavia l'ebook è indubbiamente più comodo, sia per una questione di spazio in casa, sia perché è più facile avere un libro nel Tablet, piuttosto che portarselo fisicamente dietro. Tra qualche decennio, penso che l'ebook sostituisca definitivamente il libro cartaceo.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro è una bella frontiera, per due motivi. Anzitutto molte persone non amano leggere e non compreranno mai un libro, che sia cartaceo o in ebook. Tuttavia, se ciò che è scritto venisse riportato in forma visiva e parlata, probabilmente saranno più incentivate ad interessarsi del lavoro degli altri. Non amano leggere, ma vedere e ascoltare sì. Per seconda cosa l'audiolibro è utile perché ciò che la gente vede e ascolta rimane più impresso rispetto a ciò che legge, e ciò attira maggiormente l'attenzione. Insomma, l'audiolibro è un sistema meno noioso e più diretto del comunissimo libro, soprattutto per chi non ama leggere.