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BookSprint Edizioni Blog

06 Feb
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Intervista all'autore - Salvatore Canzio -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Vengo da Polistena, un paese in provincia di Reggio Calabria, anche se, per motivi di studio e lavoro, ho vissuto a Roma e successivamente a Varsavia, in Polonia.
Scrivere è sempre stato un mio sogno, ma non so se definirmi davvero uno scrittore. Forse lo sono nel senso più semplice del termine: scrivo molto, che si tratti di appunti, impegni, pensieri o riflessioni personali. La scrittura è sempre stata una parte naturale della mia vita, un modo per elaborare esperienze e dare forma ai ricordi.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Di solito scrivo la sera, dopo il lavoro, quando la giornata si è finalmente calmata e posso dedicarmi ai miei pensieri con più tranquillità. Altrimenti, approfitto delle mattine del weekend, quando il tempo scorre più lentamente e posso concentrarmi senza distrazioni.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Il mio autore contemporaneo preferito è Charles Bukowski, perché amo il suo stile diretto, crudo e senza filtri. Riesce a raccontare la vita con una brutalità disarmante, senza mai risultare artificioso. Allo stesso tempo, apprezzo moltissimo Henning Mankell per la sua abilità nel creare atmosfere intense nei suoi gialli nordici. La sua scrittura è coinvolgente e riesce a trasmettere un senso di malinconia e profondità che va oltre il semplice intreccio poliziesco.
 
Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata da un bisogno interiore profondo, quello di elaborare un trauma che ha segnato una fase importante della mia vita. Scrivere è sempre stato per me un modo per mettere ordine nei pensieri, per trasformare le emozioni in qualcosa di concreto, visibile e comprensibile, non solo agli altri, ma prima di tutto a me stesso. In questo caso, sentivo la necessità di allineare mente e cuore, di dare un senso a ciò che avevo vissuto e, soprattutto, di non lasciare che certe esperienze rimanessero sepolte nel silenzio.
Allo stesso tempo, la scrittura è stata anche un mezzo per sensibilizzare su una realtà che, troppo spesso, viene ignorata o minimizzata. Non volevo che il mio vissuto restasse solo un ricordo personale, ma che potesse essere uno spunto di riflessione anche per chi si fosse trovato in situazioni simili. In un certo senso, sentivo il bisogno di “urlare” al mondo un torto subito, di dargli voce attraverso le parole, affinché non fosse relegato nell’oblio o considerato insignificante. La scrittura, per me, è stata una forma di riscatto, un ponte tra il dolore e la consapevolezza, tra il passato e la possibilità di guardare avanti con occhi diversi.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Il contesto sociale in cui ho vissuto ha avuto un impatto significativo sulla mia formazione letteraria, influenzando il mio modo di osservare il mondo e di raccontarlo. Crescere in un piccolo paese della Calabria mi ha permesso di sviluppare una forte attenzione alle dinamiche umane, ai legami profondi e alle sfumature della vita quotidiana, spesso caratterizzate da contrasti tra tradizione e cambiamento. Questo ambiente ha sicuramente contribuito a plasmare la mia sensibilità e il mio bisogno di esprimere certe realtà attraverso la scrittura.
Allo stesso tempo, vivere in città come Roma e Varsavia mi ha esposto a culture e prospettive diverse, ampliando la mia visione del mondo e arricchendo il mio modo di raccontare. L’esperienza di expat mi ha fatto comprendere il senso di appartenenza e di sradicamento, la bellezza della scoperta ma anche il peso della solitudine. Tutti questi elementi hanno trovato spazio nella mia scrittura, perché credo che ogni storia sia, in fondo, il risultato del luogo e del tempo in cui è maturata.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Per me, scrivere è entrambe le cose. Da un lato, è un'evasione, un rifugio in cui posso dare forma ai pensieri e alle emozioni senza i limiti imposti dalla realtà. È uno spazio tutto mio, in cui posso rielaborare esperienze, immaginare scenari alternativi o semplicemente perdermi nelle parole.
Dall’altro, scrivere è anche un modo per raccontare la realtà, per darle una voce e un significato più profondo. Attraverso la scrittura posso analizzare ciò che ho vissuto, mettere ordine nel caos delle emozioni e dare un senso agli eventi. Non è solo una cronaca di fatti, ma un tentativo di cogliere ciò che spesso sfugge: le sfumature, i dettagli nascosti, le verità che non sempre si riescono a dire ad alta voce.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
C'è molto di me in ciò che ho scritto, forse più di quanto avessi inizialmente immaginato. Ogni pagina riflette una parte della mia esperienza, dei miei pensieri e delle mie emozioni. Anche quando cerco di mantenere un certo distacco, inevitabilmente le mie parole finiscono per raccontare qualcosa di profondamente personale.
Il mio libro nasce da un vissuto reale, da momenti che ho attraversato e che mi hanno segnato. Ogni riflessione, ogni descrizione porta con sé un frammento di ciò che ho provato: la gioia della scoperta, la solitudine, la fatica dell’adattamento, la nostalgia e la crescita personale. È una sorta di dialogo interiore trasformato in narrazione, in cui il confine tra autobiografia e racconto diventa labile.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
La mia famiglia e i miei amici sono stati fondamentali. Hanno sempre creduto in me, nel mio potenziale e nella mia capacità di realizzare questo progetto. Il loro supporto è stato essenziale durante tutto il percorso
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Il primo a leggere il romanzo è stata Francesca, che mi ha aiutato a renderlo più fluido e a correggere qualche imperfezione. Successivamente, l'ho fatto leggere a mio padre, il cui parere per me è sempre stato molto importante.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Credo che l'ebook rappresenti una parte importante del futuro della scrittura, soprattutto per la sua praticità e la possibilità di raggiungere un pubblico globale. Tuttavia, non penso che sostituirà mai completamente il libro tradizionale. La carta ha un fascino che l'ebook non può replicare, e per molti lettori rimarrà sempre un'esperienza irrinunciabile. Piuttosto, penso che il futuro della scrittura vedrà una convivenza tra i due formati, ognuno con i suoi vantaggi specifici.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che l’audiolibro rappresenti una nuova e affascinante frontiera per la scrittura, offrendo un’esperienza diversa rispetto alla lettura tradizionale. Permette di fruire dei libri in modo più dinamico, adattandosi alla vita frenetica di oggi, dove molte persone possono ascoltare mentre sono in viaggio o durante altre attività.
Personalmente, trovo che l’audiolibro possa arricchire il modo in cui un’opera viene vissuta, con l’interpretazione e la voce dell’autore o del lettore che aggiungono una dimensione in più alla narrazione. Tuttavia, credo che non sostituirà mai completamente la lettura di un libro, che offre un coinvolgimento più intimo e personale.

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Giovedì, 06 Febbraio 2025 | di @BookSprint Edizioni

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