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10 Nov
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Intervista all'autore - Mario Recchia -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Monopoli, un bellissimo paese in provincia di Bari, la mia infanzia è contornata da grande povertà e grande fantasia;
nei giorni in cui riuscivo a marinare la scuola andavo sempre a parlare con il mare, mi mettevo seduto sopra uno scoglio e gli promettevo che sarei diventato un grande navigatore, che sarei partito lontano e che sarei tornato da vincitore brandendo la spada della vittoria.
Nel 1963, fummo costretti a trasferirci a Firenze.
Gli anni a seguire sono stati costellati da vittorie e fallimenti, ed è durante quegli anni , con quelle vittorie e quelle sconfitte, che sono riuscito a tornare a Monopoli e rappresentare alcuni miei lavori, teatrali, cinematografici e letterari...proprio all'interno di quelle sale cinematografiche nelle quali non potevo andare a vedere i film di Tarzan perché non avevo i soldi per poter pagare il biglietto d'ingresso.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Tutte le volte che ne sento la necessità, anche durante la notte, è come un campanellino che suona dentro il cuore.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Attualmente non leggo molto perché non voglio rimanere condizionato dalle letture che sto facendo; quello che scrivo, può piacere o no, ma deve essere mio e non avere avuto influenze esterne seppur involontarie da altre maniere di scrittura.
Preferisco scrivere e ascoltare la musica che leggere.
Comunque per citare un mio autore preferito ne cito uno per tutti.
Oriana Fallaci
 
Perché è nata la sua opera?
Perché ho sentito il campanellino nel cuore ed ho capito che ero "incinto".
Comunque vi dico che le mie "gravidanze" sono molto contrastanti, spesso mi ritrovo a piangere o a ridere insieme ai personaggi che sono usciti dalla mia anima, è un po’ come avere tanti figli...anzi, nella mia fantasia, in questo momento c'è la grande voglia di organizzare una cena in una grande piazza e invitare tutti i miei ragazzi: tutti i miei figli usciti dalla mia penna, sarebbe bello no?
Pensate un po’, il vecchio fiaccheraio si ritrova a parlare con la moglie di Amleto o con l'amante di Don Emilio...tutti personaggi creati da me.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Nessuna formazione letteraria.
Il contesto sociale sì, quello ha influito moltissimo.
Come ho già detto ho fatto diversi lavori durante la mia vita, da apprendista artigiano nei vicoli della vecchia Firenze a operaio di grandi industrie a imprenditore a impiegato; mi sono persino ritrovato a dirigere una grossa azienda del settore alimentare.
Ecco, questo ha influito molto sulla mia formazione di scrittore e di uomo.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe le cose.
A volte scrivo per divertirmi, altre per necessità interiori, altre ancora per scrivere ciò che nella vita reale non si ha il coraggio di dire e altre per evadere dalla quotidianità e rifugiarmi nella fantasia.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Credo che se si sa leggere fra le righe, ogni mio lavoro parla del proprio Autore
delle persone che lui ha incontrato per le strade, con le quali ha convissuto.
Inoltre, ogni persona che ho conosciuto hanno contribuito a creare molti dei miei personaggi, anche se hanno solo sfiorato la mia vita, io li ho solo portati nei miei lavori teatrali, letterari e cinematografici.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
No nessuno!
Sì tutte le persone che mi hanno accompagnato durante la vita!
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Bella domanda.
Devo confessare che sono molto geloso dei miei lavori, non li faccio leggere a nessuno prima della pubblicazione ufficiale, pensi che ho scritto circa duecento poesie e ne ho rese note circa una ventina.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Anche.
Preferisco però sentire il profumo della carta stampata, passare il dito sulla lingua per umettare la pagina che non si gira, accorgermi che gli occhi si sovrappongono per la stanchezza e svegliarsi con gli occhiali ancora indossati ed il libro per terra.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Tutto ciò che serve per diffondere l'arte in genere ha un valore inestimabile ma confesso che sono un vecchio testone il quale non riesce a farsi conquistare dalla modernità.

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