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06 Nov
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Intervista all'autore - Francesco Tabacco -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato ad Asmara, in Eritrea, il 1° febbraio del 1951. Ho amato profondamente Asmara, i suoi sapori, le sue tradizioni, i suoi colori contrastanti, la sua variegata vegetazione, i suoi assordanti silenzi; e la nostalgia si fa ancora più forte quando penso che non tornerò più a vivere nella cittadina in cui sono nato.
Dopo l’infanzia trascorsa in terra d’Africa sino al 1963, ampiamente descritta nel mio libro “La Città sospesa”, ho vissuto per quasi sei anni a Roma per poi trasferirmi nel 1969 a Bologna. Nel 1977 ho contribuito a fondare Radio Informazione, una delle prime radio libere, esperienza propedeutica alla mia futura attività̀ pubblicistica, poi gli studi universitari tra la Facoltà̀ di Scienze Politiche e quella di Giurisprudenza.
A ventinove anni ho sposato Mara Beatrice Facci.
A 30 anni ho vinto un concorso presso l’Università̀ di Bologna.
Tra il 1986 e il 1992 responsabile delle pubblicazioni periodiche dell’Ateneo e svolgerò attività̀ di addetto stampa.
Tra il 1992 e l’anno 2010 collaborerò alla realizzazione del Museo del IX Centenario, diretto dal Prof. Andrea Zanotti, che con il supporto di tecnologie multimediali narra le vicende dell’Alma Mater Studiorum. Una intensa attività̀ pubblicistica come redattore del notiziario dell’Ateneo prima e come addetto stampa poi, gli consentirà̀ di intervistare, tra gli altri, personalità̀ come Aleksander Dubcek, Andrej Sacharov, Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco, Madre Teresa di Calcutta, Mstislav Rostropovic, Kary Mullis...
Nel 1989 l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti.
Dal 2011 convivo con una gravissima forma di neuropatia ottica ischemica bilaterale, degenerata nel tempo in semicecità̀. Cinica la vita. Una beffa perdere lentamente la vista: se una volta usavo carta e penna, ora non posso più̀ fare a meno della tecnologia touch screen, così il computer diventa necessario prolungamento del mio corpo e del mio cervello.
“Mai arrendersi. Mai smettere di alimentare la curiosità̀ verso il mondo”.
Ho maturato questa consapevolezza operando sin da giovane nel volontariato e, contestualmente, promuovendo la costituzione sia dell’Associazione Sclerosi Multipla Albero di KOS che dell’Associazione Cassiodoro Masterclass, realizzando la convinzione che la forza non deriva dalle capacità fisiche, ma da una volontà̀ indomita.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Scrivo praticamente da sempre ma, in particolare ormai da oltre due anni, mi sono dedicato alla scrittura di libri. Non ho un’ora in particolare in cui dedico il tempo per scrivere; il mio sistema non è perfetto ma fa miracoli per le mie esigenze. Scrivo quasi tutti i giorni articoli Sia per il notiziario che per il web della Associazione. Comincio a scrivere la mia newsletter il venerdì e la finisco il sabato mattina. Il weekend mi dedico alla scrittura di altro…
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Quando mi domandano, c’è uno scrittore che più̀ di altri ami? A me viene subito in mente Ernest Hemingway. Provate a leggere quello che per me è il suo capolavoro: “Il Vecchio e il mare”. L’autore riesce a trasformare una semplice battuta di pesca in un viaggio incredibile; e al termine della lettura scopri che questo libricino di appena cento pagine…ecco ti ha cambiato. C’è quest’uomo che fissa il mare e un cielo altrettanto immenso e infinito che sta sopra di lui; c’è la lotta per la sopravvivenza, c’è il bene, la solitudine, la bellezza e il male.
 
Perché è nata la sua opera?
Di fronte a una malattia (nostra o di qualcuno a noi caro) possiamo reagire in mille modi. Personalmente invece che reagire, sono riuscito ad agire. Questo libro è un piccolo dono che ho voluto dedicare alla comunità̀ di malati affetti da sclerosi multipla. Questa è la storia di oltre centomila italiani, di oltre tre milioni di persone nel mondo. Sono i malati di sclerosi multipla, in grande maggioranza giovani, le donne molto più̀ degli uomini. È la storia della speranza che adesso li accompagna.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Tutti possiamo essere, quanto meno all’inizio delle nostre vite, paragonati a dei piccoli semi. Veniamo al mondo accolti e protetti in una famiglia, è il luogo dove viviamo i nostri primi importantissimi anni. Lì instauriamo i legami primari che lasciano un’impronta indelebile dentro di noi, diventando anche un modello per i legami successivi. Il modo in cui i nostri genitori ci parlano, i vezzeggiativi che usano, i profumi delle persone e di certi luoghi della nostra infanzia, l’atmosfera della casa dove cresciamo, i rituali legati alle feste vissuti con i nostri familiari, la cultura che ci viene trasmessa, tutto questo costituisce pian piano quelle che possiamo chiamare le nostre radici. Un complesso intreccio di persone, relazioni, eventi, cultura, emozioni che prendono forma fin dalla prima infanzia. Le radici sono la nostra appartenenza.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Ci sono libri che fanno paura perché́ raccontano storie spaventose, ma ci sono anche libri che fanno paura solo perché́ raccontano la realtà̀. E fanno paura a chi “gestisce” quella realtà̀: al potere. Incontrare un libro non è mai un esercizio inutile.... poiché́ ci preserva dalla paura della forza straordinaria che i libri emanano. Sai, i libri hanno una colpa imperdonabile: aprono la mente, fanno pensare. E c’è chi per paura, per ignoranza, per odio pensa bene di bruciarli. È successo tante volte in passato, dal medioevo in poi fino al mostruoso rogo dei libri del 1933.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Questo è un libro che narra la storia di tre avventure concentriche:
quella medica, la speranza dei malati;
quella scientifica, la ricerca sulla sclerosi multipla;
quella umana, la storia appassionata ed appassionante di Mara e Francesco.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Questo libro è dedicato a mia moglie Mara Beatrice Facci e a tutte quelle persone con Sclerosi Multipla che hanno diritto ad una ricerca scientifica rigorosa, innovativa e di eccellenza, orientata a scoprire le cause, comprendere i meccanismi di progressione e le potenzialità di riparazione del danno, individuare e valutare i possibili trattamenti specifici, per una vita di qualità in ogni fase della malattia.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Come è naturale che fosse, al Presidente onorario dell’Associazione sclerosi multipla Albero di KOS che, tra l’altro, ne ha redatto la prefazione. Fabio Gabrielli, classe 1962, filosofo, toscano d’origine ma comasco d’adozione. Dal 2008 Preside della Facoltà̀ di Scienze Umane e Ordinario di Antropologia filosofica all’Università̀ Ludes di Lugano, prima di andare a Lugano è stato insegnante al Collegio Gallio di Como. Ha scritto vari saggi e numerosi articoli scientifici nell’ambito dell’antropologia e della filosofia applicata, con particolare riferimento a tematiche biologiche ed esistenziali. I suoi studi vertono, attualmente, sulle dinamiche biologiche e culturali della coscienza e sui disturbi dell’umore, in particolare studia depressione maggiore, tra natura e cultura. Ed è proprio per il suo impegno in questo ambito che, nel 2015, viene proposta la sua candidatura per il premio Nobel con il prof. Massimo Cocchi e il prof. Lucio Tonello. La proposta chiedeva di premiare la ricerca sui marcatori biologici della depressione maggiore e della sindrome bipolare che è stata svolta dal biochimico Massimo Cocchi, dal biomatematico Lucio Tonello, cui si è aggiunto nel 2009 Fabio Gabrielli.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Leggere un libro di carta oppure un ebook non è la stessa cosa, anche se si tratta dello stesso titolo. Da almeno 30 anni si discute delle differenze tra il cartaceo e il digitale. Le ricerche si sono accumulate e oggi ne sappiamo abbastanza per dire che si tratta di due modi diversi di leggere, e che il caro vecchio libro da sfogliare ha molti assi nella manica. È ancora troppo presto per darlo per morto. Non c’è in assoluto una cosa migliore di un’altra, dipende dall’uso che se ne fa.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Per le persone che come me vivono la disabilità visiva è impossibile non ringraziare le tecnologie digitali che in questi ultimi anni hanno sicuramente aperto nuovi orizzonti non solo all’accesso ai contenuti culturali e didattici, ma mi hanno consentito anche di scrivere questo libro.

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