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28 Giu
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Intervista all'autore - Mattia Marchi -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato e cresciuto a Faenza, città di medie dimensioni in provincia di Ravenna, e sono tutt’ora residente lì.
A chiunque mi abbia posto questa domanda ho sempre risposto allo stesso modo: “la scrittura è stata l’unica via per esprimere veramente tutte le emozioni che provavo quando mi sentivo solo, abbandonato, incompreso, e forse anche vittima del destino”. Ricordo che iniziai a scrivere mentre frequentavo la scuola secondaria di primo grado, periodo che ricordo con un po’ di amarezza visto il costante accanimento dei compagni di classe nei miei confronti. Durante una lezione di letteratura italiana dedicata ad Ugo Foscolo, ho pensato che forse anche io avrei potuto non solo descrivere le mie emozioni ma anche mandare un messaggio, attraverso la scrittura e alla poesia.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
La sera, più precisamente di notte. Tante poesie di questo libro sono nate di notte, mentre ero affacciato alla finestra, mentre guardavo il cielo e fumavo una sigaretta. Nel mio caso, la notte porta davvero consiglio.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Guido Catalano
 
Perché è nata la sua opera?
La mia opera nasce dal bisogno continuo di esprimere ed esorcizzare tutte le emozioni che provo, soprattutto quelle negative e tristi. Non a caso il titolo del libro tradotto in italiano significa “apprendimento tramite la sofferenza”, perché questa è anche un’opera di crescita interiore, crescita che nasce dalle continue delusioni, dall’amarezza che generano le scelte sbagliate, scelte mie e delle altre persone nei miei confronti. Infine l’opera deve fungere da messaggio per tutti coloro che si sentono soli e abbandonati, ogni opera dovrebbe far pensare a chiunque la legga e si identifica con quello che io scritto che non si è mai soli quando si ha il coraggio di esternare ogni pensiero più nascosto o inammissibile, perché chiunque prima o poi sente di toccare il fondo.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Qualunque situazione di vita quotidiana è utile per scrivere finché alla base di essa è presente un’emozione. Senza emozioni questa opera non sarebbe mai nata, se non avessi mai intrapreso strade difficili e non avessi mai preso decisioni sbagliate, ora probabilmente non avrei nemmeno scritto una poesia. La poesia è sicuramente nata come una richiesta di aiuto e si è evoluta fino a diventare la mia chiave personale di comunicazione.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe, la differenza a parere mio è il come si percepisce la poesia intesa come momento in cui si scrive. Personalmente posso affermare che io scrivendo una poesia evado da quella realtà di cui allo stesso tempo sto scrivendo.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tutto, io sono quello che ho scritto.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Assolutamente, tutte le persone che ho incontrato durante gli anni sono state fondamentali ed essenziali, per tutte le diverse prospettive che mi hanno mostrato.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Il romanzo per intero a nessuno a dire il vero, ai miei amici più stretti qualche poesia raramente.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Osservando con che velocità il mondo attuale e la società moderna si evolvono direi di sì, anche se nulla potrà mai privare del proprio fascino un libro cartaceo.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che sia un’ottima innovazione, un qualcosa che consente a chiunque di vivere le emozioni che si provano quando ci si immerge tra le pagine di un libro. Spero sia una frontiera che venga sempre ultimata e migliorata.

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