Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere è, per me, un momento di forte concentrazione e di distensione a un tempo. L'attenzione per il contenuto e per la forma aiuta a dimenticare tanti problemi e il risultato ripaga sempre del tempo e della fatica.
Va sottolineato che per me scrivere è, per lo più, il momento finale di un lungo processo di studio, di ricerca e di riflessione sulle cose del mondo.
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Vi è presente, soprattutto, la mia lunga riflessione sulle cose del mondo, che mi hanno portato a riscoprire le riflessioni presenti in Manzoni, sempre lucide e profonde, con le quali sono spesso in consonanza. Inoltre l'attenzione per la forma della scrittura mi caratterizza ormai da molti anni. Spesso tendo a scrivere e riscrivere, rileggere e correggere. Per di più, come docente universitario, ho corretto, anche nella forma, centinaia di tesi di laurea e leggere con una matita in mano è diventata per me un'abitudine.
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Vi è stata, da un lato, la riscoperta di un autore per molti aspetti modernissimo e il desiderio di renderlo ancora più tale, riscrivendone il capolavoro, "I Promessi Sposi", in un italiano moderno, rispettoso del testo, ma più scorrevole e più comprensibile alla prima lettura. La lingua, come ogni cosa viva, evolve nel tempo e gli anni intercorsi dalla sua stesura (duecento dalla sua prima versione, centottanta dalla sua ultima versione) si facevano purtroppo sentire. Spero di aver dato un contributo significativo a una sua nuova lettura, in occasione dei centocinquant'anni dalla morte del Manzoni, che ricorre proprio quest'anno.
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
Il titolo era obbligato, ma il sottotitolo no. Ho voluto rendere chiaro subito il senso del mio lavoro, dovuto all'amore per l'autore dei "Promessi Sposi" e al desiderio di renderne possibile una lettura o una rilettura libera da quel che d'inevitabilmente invecchiato che c'era nella sua forma.
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Vorrei lo stesso Manzoni o anche Marx, autore vasto e ricchissimo, da leggere o rileggere fuori da ogni ipoteca ideologica e politica. Si tratta di due autori che ben conosco, ma di cui si scoprono nuovi risvolti a ogni rilettura.
Ebook o cartaceo?
Preferisco il cartaceo, che oltre tutto permette sottolineature e commenti. L'Ebook è però utile, permettendo di andare avanti e indietro per il libro, ritrovando subito i passi e le parole che pi interessano. Inoltre non intasa biblioteche già piene di libri.
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
In realtà non sono uno scrittore di professione, ma un docente universitario (prima all'Accademia di Brera di Milano, poi all'Università di Pavia, poi, per ventisei anni, come ordinario alla "Sapienza" di Roma). Scrivere è per me il modo di comunicare i risultati della ricerca, che, con l'insegnamento, è parte integrante dell'attività di un docente universitario. Ma scrivere, per me, non è stato mai solo un dovere, ma anche un piacere, come dimostrano le decine di libri e le centinaia di articoli che ho pubblicato. Inoltre non nego la soddisfazione datami dalle traduzioni di quei libri in molte altre lingue: inglese, francese, spagnolo, tedesco, serbo-croato e anche cinese.
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L'idea si è presentata via via, a mano a mano che rileggevo "I Promessi Sposi" con la matita in mano. Anche il fatto che lo stesso Manzoni abbia presentato (sia pur fittiziamente) il suo romanzo come la riscrittura di un antico manoscritto mi ha incoraggiato a procedere nella mia riscrittura. Non so se possa essere definito un aneddoto, ma non nascondo le critiche dei miei famigliari quando mi vedevano ("ancora!") con "I Promessi Sposi" in mano (almeno una rilettura integrale all'anno negli ultimi sei anni).
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Sono ormai abituato a vedere il mio lavoro prender forma di libro (il primo libro l'ho pubblicato nel 1964!). Ma vedere il proprio lavoro nella forma di un libro è sempre una straordinaria emozione. Bello è averne una copia in mano ed è ancora più bello vederla circolare, recensire, commentare...
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Per ora nessuno. Ho voluto tenere rigorosamente riservato il mio progetto, un po' per pudore, un po' perché non volevo indurre qualcuno a riprenderne l'idea.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audio libro è una forma bellissima. Per molto tempo, quando ho potuto, ho seguito con grande piacere le letture dei libri su Radio 3 Rai.