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BookSprint Edizioni Blog

25 Mag
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Intervista all'autore - Paolo Pagani -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Milano, ma per motivi di lavoro mio padre si è spostato a Mogliano Veneto, in provincia di Treviso, quando avevo 5 anni.
Penso quindi di appartenere alla popolazione veneta, anche se mi sento sempre molto legato alla Lombardia, ed ovviamente a Milano. Alla morte di mio padre ho rinvenuto il suo diario di guerra, ed i suoi contenuti sono stati lo stimolo scatenante per realizzare inizialmente un libro in poche copie, destinato fondamentalmente ai parenti più stretti. Poi le reazioni alla sua lettura mi hanno convinto che avrebbe potuto diventare un documento adatto a fornire testimonianza di quanto accaduto dopo l'8 settembre nel mare di Grecia: avvenimenti completamente dimenticati dalla storiografia pubblica.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non sono uno scrittore professionista, e quindi la scrittura non entra a far parte di una pianificazione giornaliera delle mie attività. Certo che quando ho iniziato questa avventura mi sono dedicato moltissimo alla realizzazione del libro, anche perché prende le mosse da un quadernino piccolissimo, compilato con scrittura minuta e talvolta difficilmente intellegibile. Le attività di comprensione del testo e di ricerca degli agganci storici si sono sviluppate principalmente durante le ore diurne, mentre la scrittura vera e propria del testo mi ha occupato molte serate, e talvolta nottate, soprattutto quando il racconto diventava particolarmente avvincente.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Purtroppo nel 2016 abbiamo perso tutti la possibilità di godere di quel grande che è Umberto Eco. Certo che non è stato semplicemente uno scrittore, ma le sue conoscenze hanno spaziato dalla semiologia alla bibliofilia, dalla scrittura alla filosofia. Le sue conoscenze della cultura medioevale hanno contribuito a renderlo persona di riferimento in questo campo, e le sue capacità letterarie lo hanno reso un grande della letteratura italiana.
 
Perché è nata la sua opera?
Il mio libro, in realtà un diario, è nato per rendere onore a mio padre e per far conoscere avvenimenti accaduti in un luogo che è stato dimenticato dalla storia normalmente divulgata: il mar Egeo. È rivolto soprattutto ai giovani, nella speranza che il racconto realistico di quanto sofferto da chi ha patito la deportazione tedesca li spinga ad avvicinarsi sempre di più al dialogo fra i popoli, rinnegando la guerra sotto tutti i suoi aspetti.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Ho conseguito il mio titolo di studio nell'Istituto Salesiano "Don Bosco" di Mogliano. La predominanza di insegnanti sacerdoti ha fatto sì che non venisse dimenticato ciò che oggi viene sempre più snobbato: il latino. Di conseguenza la mia preparazione tecnica (ragioneria) non è mai stata svincolata da insegnamenti umanistici di ottimo livello, ed ecco perché la mia formazione letteraria, pur inferiore rispetto a quella che si poteva conseguire da un liceo classico, è stata certamente di ottimo livello.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Come già detto, la divulgazione di questo diario ha voluto essere un modo per raccontare una realtà tragicamente vissuta. Pur essendo presenti nel libro situazioni di evasione, talvolta anche divertenti, sono predominanti i momenti tragici della prigionia sotto le forze germaniche. Ecco perché la scrittura di questo testo non ha potuto essere un tentativo di evasione dalla realtà, e non vuole esserlo nemmeno per chi decidesse di leggerlo fino in fondo.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
In realtà, io ho scritto ben poco. La mia attività è stata soprattutto legata alla stesura dei testi in modo facilmente leggibile, perché il lettore non decidesse di chiudere il libro dopo le prime pagine. Ciò ha comportato prima di tutto l'interpretazione di quanto era stato scritto nel diario originale, spesso rintracciando le parole fra macchie di sudore e di sangue, risistemando la punteggiatura, verificando con altre fonti la correttezza di quanto scritto. Pur non essendo io l'autore, penso comunque che ci sia molto di me nel libro, anche perché, per ovvi motivi, è stato fin dalla prima pagina che mi sono immedesimato nelle situazioni raccontate da mio padre.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Non "qualcuno", ma "qualcosa". Effettuando le ricerche necessarie per verificare i contenuti del diario, sono entrato in contatto con alcuni parenti di quei soldati che sono stati letteralmente trucidati dai tedeschi, in occasione dell'affondamento di una nave stipata di italiani che avrebbero dovuto essere tradotti in Germania. La scoperta di questi fatti. fino ad allora sconosciuti, è stata veramente fondamentale per motivarmi nella stesura del libro.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
La prima persona che ha potuto leggere il libro così come poi è stato pubblicato è stata mia moglie Marisa, che ha contribuito a risistemare il racconto e ad individuare un titolo rappresentativo del momento in cui il diario è stato scritto.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Un approccio nostalgico alla bibliografia tiene fondamentalmente conto del profumo della carta, del fruscio delle pagine, della possibilità di scrivere delle note, e così via. Ma tant'è, la tecnologia avanza ed un libro elettronico è certamente più facile da trasportare, magari anche da leggere (mi vien da pensare alla dimensione dei caratteri, per esempio). Credo che l'e-book potrebbe essere certamente il futuro, soprattutto se si pensasse in questo modo di alleviare il peso che grava sempre più sulle spalle dei nostri giovanissimi studenti . . .
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Io non utilizzo questa tecnologia, ma sento che molti giovani gradiscono sentirsi leggere un libro anziché acquistarlo. Il problema è che all'audiolibro si può accedere anche guidando la macchina, e ciò determina un incremento delle situazioni di rischio. Ma come al solito, non è lo strumento che è negativo, ma l'uso che se ne fa. Spero che i genitori possano insegnare correttamente ai figli!

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