Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato in una cittadina di provincia, da una famiglia ove l'onestà e l'educazione venivano prima di tutto.
Pertanto, mi sono trovato addosso dei principi che la società post- industriale poco avrebbe apprezzato, barattandoli con altri più "attuali": il denaro, prima di tutto, e poi i consumi ostativi , ecc.
Da studente-lavoratore, ho vissuto un'agiata ma faticosa giovinezza; pieno di soddisfazioni, però, e con qualche viaggetto o gitarella che la mia generazione poteva solo sognare. Ciò mi ha fatto laureare a 24 anni e mi ha aperto la carriera universitaria, che ho presto abbandonato perché non mi ci vedevo a lavorare con una persona scarsamente stimata da tutti i punti di vista.
Decisi, pertanto, di rispondere agli annunci del Corriere, e , dopo un mese di colloqui, appresi di aver vinto una delle 14 borse di studio di un grande Gruppo.
Trasferitomi a Milano, vi ho vissuto due anni "in piena libertà", respirando l'Europa, la cultura d'avanguardia, confrontandomi con gli altri borsisti di ogni dove. Ero passato da una cittadina noiosa ad uno dei centri più vivaci del Continente. Me ne sentivo arricchito, ma non appagato, Una vocina, dentro di me, mi dice "Storia! Quello è il tuo destino.
Non mi hanno distratto due trasferimenti per fare esperienza e carriera, pur con un ottimo trattamento. Decido di dimettermi e di cambiare vita. A Roma, ho la fortuna di essere accolto, quasi adottato, da Alberto Caracciolo, titolare della Cattedra di Storia moderna, il quale mi guida nelle letture e mi legge un lavoro che stavo portando a termine. Vorrebbe inserirmi ne mondo accademico, ma non può; allora mi rimanda Catania, dal mio vecchio professore, al quale rispondo di nuovo negativamente. Dopo di ciò, trovo degli appoggi epistolari considerevoli in Ruggiero Romano, Ihon Elliot di oxford, Luigi, Firpo, Daniel Dessert del College de France, mentre trovo in Marcello Fagiolo, Direttore dell'Ist. per l'Immagine e la Storia di Roma, il primo disposto a pubblicare un mio lavoro. Dedicato alle vittime più illustri della mafia, Corti e cortigiani nella Roma Barocca, esce nel 2004. Faccio appena in tempo ad offrirlo alla madre di Peppino Impastato.
Il lavoro mi procura un certo credito...
Incoraggiato, porto avanti una colossale indagine sul mondo del denaro: tematica assente nella ricchissima biblioteca storica romana. Dopo anni e anni di lavoro in mezza Italia, metto assieme la documentazione iniziata alla fine del Millennio, e ne stendo la prima stesura. Ne esco esausto e scoraggiato: mi pare troppo per un uomo solo. Proprio allora entrano in campo alcuni di quegli incoraggiamenti che ti danno la Ricarica (la buona memoria di Domenico Novacco, cieco da trent'anni, ma ancora valente pubblicista, che benedico sempre!), e ricomincio per ben due volte. Finito, lo propongo ad alcuni Editori, rivelatisi non troppo attendibili, fino a quando non trovo uno, a letto per un incidente, che lo legge, e mi scrive di "volere l'onore di stamparlo". Ci vediamo, raggiungiamo l'accordo. Il lavoro è monumentale (700 pagine), ma dopo un'estenuante correzione, esce in perfette condizioni. I consensi fioccano, anche se sommessamente, soprattutto dalla prima cattedra di Francia per la Storia finanziaria (Francoise Bayard).
Nel frattempo, la passione per la musica, mi aveva fatto fare una digressione biennale per recuperare la storia del "Concerto delle Dame", accolto con entusiasmo, ma stampato con troppi refusi. l'Editore, che me ne assicura la ristampa, corretta, entro breve, si squaglia...Dove finisce tutto il liquido, si sa...
Ecco come ho deciso di diventare "ricercatore", dilettante, appassionato, convinto di dover scavare per raccontare la verità, la mia verità, una nuova verità. E di dedicare i miei sforzi a chi sta lottando per liberare il Paese dalle grinfie delle mafie& Soci, con codazzo di servi "insospettabili". Come abbiamo sentito e letto in queste ultime settimane. Ecco la dedica del lavoro che Vi ho affidato.
Lavoro rimasto nel cassetto per decenni, poi ripreso, arricchito, rimeditato, riscritto, per raccontare ad una Comunità (degna o meno, si vedrà) il suo passato, legandolo al resto dell'Isola, dell'Italia, ove possibile dell'Europa. Perché la faccia più ricca e cosciente, perché possa fare qualcosa per un posto dove si moriva di noia e non di droga, di pettegolezzi e non di omicidi.
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Le ho dedicato il mio tempo libero, le vacanze, indipendentemente dall'ora. Più di una volta, mi sono alzato dal letto per mettermi al computer o segnare un'idea da sviluppare sul primo pezzo di carta. Credo di aver scritto parecchio anche sui mezzi pubblici! La ricerca appassiona, coinvolge...in modo totalizzante. Quanto ho lavorato sulle "Dame", di fronte ad un particolare uxoricidio di una di loro, mi sono sentito un Maigret, costretto a rifletterci anche mentre prendeva un cappuccino in pantofole.
Il suo autore contemporaneo preferito?
Il mio storico preferito è, da decenni, E. J. Hobsbawm, perché ha scritto sempre con coraggio e chiarezza, senza tener affatto conto dei cambiamenti politici vissuti nei suoi quasi cento anni di vita. A Roma gli avevo detto, stringendogli la mano: - Lei non può saperlo, ma guida la mia vita da trent’anni. - Non ho avuto il piacere di offrigli Credito e Società, come a Ugo Tucci, che pure vi aveva collaborato prontamente.
Perché è nata la sua opera?
Perché ho voluta dare alla mia Terra, amara e ingrata Terra, quello che altre parti d'Italia e d'Europa hanno già da parecchio tempo. Perché un'aspirazione giovanile, portata a termine alla fine di una vita, rappresenta un vecchio debito che si vuole onorare. Anche se si trattasse di una cambiale fasulla, di un debito immotivato, di un ingrato creditore.
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Poco o niente. Sono molto grato ed ho sempre vivo il ricordo dei miei Professori, soprattutto delle Medie. gente onesta, preparata, di sani principi.
Fu allora che mi restò impresso uno degli epitaffi greci che ci facevano leggere per temprarci: Amai la giustizia, odiai l'iniquità, perciò muoio in esilio.
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Può essere l'una e l'altra: dipende dal momento, da ciò che se ne vuol fare.
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
La Storia permette pochi "personalismi", ma ho cercato di farne un proiettile contro una piovra. SE vogliamo ucciderla, ognuno deve spara il suo.
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Ve li ho già elencati e sono stati opportunamente ringraziati. Molti di più sono stati gli ingrati e i sordi: ma l'ambiente culturale è ricco di sorprese e di "signore" più di quanto si creda!
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Ne parla ad Alberto Caraccio, quando era in fieri appena.
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Spero di no, ma può coadiuvare la lettura, la sua diffusione. Preferisco la carta perché ho l'abitudine di sottolineare, di appuntare. Cose a cui non saprei rinunziare.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Le auguro di farci più istruiti e di diffondere il meglio.