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10 Feb
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Intervista all'autore - Antonio Tanzillo -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Parlare di sé stessi è sempre arduo, come si fa a fare un compendio della propria vita, ma bisogna pur farsi conoscere e riconoscere.
Sono nato il 19 di marzo del 1964 a Succivo in provincia di Caserta, precedentemente questo comune faceva parte della città di Atella, sorta circa tremila anni fa, Osca, Sannita e Romana, per intenderci, dove sono nate le Fabulae Atellanae, un genere "farsesco" nato dal popolo e dai suoi difetti, poi diventato in epoca romana "teatrale", città dove anche il poeta Virgilio ha letto le sue Georgiche ad Ottaviano.
Come e quando sono diventato scrittore non l'ho deciso io, so soltanto che le miei prime riflessioni scritte sono iniziate in adolescente età, poco dopo i miei quindici anni.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Sempre, non c'è un solo istante che "sorella poesia" non mi sussurri qualcosa e annoto sul mio notes telefonico quanto di sorgivo esce, in qualsiasi posto mi trovi e quanto sto facendo fermo il mio tempo di prosa per dedicarmi alla poesia.
La poesia per me ha sempre la precedenza perché trovo riposo e sollievo scrivere, è più forte di me.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Giuseppe Ungaretti, perché da lui è nato quel quid che mi ha portato ad innamorami dei versi.
È legato ad un fatto storico che qui vado a raccontare, successo intorno ai miei quattordici anni: la Rai all'epoca faceva le interviste ai grandi autori e una sera fu il tempo di Giuseppe Ungaretti, lo seguii seduto con mia madre a guardare l'unico canale della nostra Geloso.
Vidi questo vecchio smagrito seduto in una grande poltrona che parlava digrignando e gesticolando di poesia e il silenzio che producevano i suoi versi attirò la mia attenzione. Mi inondò di sensazioni che ancora conservo e che riguardo con la stessa intensità, ancora oggi, su You Tube.
 
Perché è nata la sua opera?
È nata naturalmente, a seguire le altre otto pubblicazioni con una disciplina disarmante e un amore invadente, tutto nasce perché così deve essere e che non fa fatica ad esserlo.
Sarei oltremodo scontato se affermassi che tutto ha uno scopo nella nostra vita, ma non è così: tutto accade perché è nella nostra esperienza umana qualificarla sempre in un tempo che ci è dato e che non è nostro, scrivere mi conferisce una eternità che travalica ogni tempo.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Tantissimo, per non dire tutto.
La formazione, oltre la scolastica, deve essere anche accademica da non smettere mai nella vita.
Ho 58 anni e non smetto mai di leggere, perché ad imparare non si mette mai,
anzi nelle mie ore notturne sviluppo, in serenità, tante cose che nella giornata non posso.
Approfondire, integrare per imparare per me è fondamentale.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Dalla realtà non si evade mai e francamente non lo vorrei e, quindi, diventa soprattutto raccontare la realtà, le sue pieghe e le sue piaghe.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tutto.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Me stesso.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Non ho, per mia scelta, riferimenti di persone alle quali passare il file della mia scrittura, diventerebbe per me una materia impersonale e non voglio.
Nessuno può capire una nascita se non l'autore.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
No.
Preferisco la carta, il suo odore e del suo inchiostro.
Diventa una osmosi di amorosi sensi prendere in mano un libro, sottolineare
quanto preferisco, piegare con l'orecchietta le pagine lette.
Un libro si vive, soprattutto fisicamente.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È una nuova possibilità, e basta.

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