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16 Nov
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Intervista all'autore - Giovanna Breccia -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere è per me una necessità, così come svolgere da tantissimi anni la mia professione di psicoterapeuta e psicoanalista.
Attraverso la mia parola mi consegno all'Altro affinché possa avvenire quella trasfusione di anime che è fondamentale nel lavoro terapeutico così come attraverso i romanzi che scrivo.
Scrivo per dire ciò che penso, sento, approfondisco di giorno in giorno proprio a contatto con i vissuti dei miei tantissimi pazienti che ho avuto l'onore di seguire in quarantacinque anni di lavoro. Sono stati migliaia e mi hanno insegnato veramente la vita. Allora restituisco attraverso i miei scritti tutto quanto ho ricevuto, con l'entusiasmo che mi caratterizza e il desiderio che chiunque legga ne tragga un vero e proprio giovamento per l'anima. I tanti libri che ho letto e leggo, quelli veri, sono stati per me maestri di vita e mi hanno illuminato nel mio percorso di analisi personale, necessaria per la formazione professionale, poiché i grandi scrittori, come tutti gli artisti in genere, sanno penetrare nelle pieghe più intime dell'essere umano molto più e meglio di qualunque trattato di psichiatria o di psicologia. La scrittura ha sempre valore terapeutico quando è arte e io avverto da sempre la necessità di esprimermi attraverso la parola per dire quanto la vita mi ha insegnato, attraverso le esperienze personali che ho vissuto, i libri che ho letto, le persone che ho incontrato sul mio passo. Da tutto ho appreso e sono cresciuta dentro. Sento il dovere morale e il piacere di restituirlo. Scrivere, comunque e sempre, è un atto terapeutico per me stessa. Mi immedesimo nei miei personaggi, così tanto diversi da me per genere e stile di vita, vivo le loro vite come se fossero la mia e questo mi fa conoscere sempre parti di me inconsce, inesplorate alla coscienza, spesso rimosse o rifiutate, ma che esistono e devono trovare la strada per uscire alla luce e, una volta depositate sulla carta, diventare elementi positivi per la conoscenza di me stessa, anche se so che non potrà mai avere un termine.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In alcuni libri del passato, c'è molto di me. Quest'ultimo libro non è stato ispirato direttamente da vissuti personali ma da situazioni oggi molto diffuse. Il pessimo uso del libero arbitrio, il delirio di onnipotenza, il superpotere dell'ego, devastano il mondo. Volevo parlare di quanto accade, e lo vediamo ogni giorno, nelle vicende interpersonali, nei rapporti di coppia tossici determinati dalla codipendenza, di cui sono pieni i telegiornali. Nei video di YouTube sembra che non si parli di altro che delle varie forme del narcisismo patologico.
Certamente, nella mia esperienza clinica e nella vita personale, ho incontrato persone affette da gravi disturbi della personalità e l'incontro con esse mi ha fatto comprendere il grave disagio in cui versano. Ho vissuto insieme con loro le loro sofferenze e i loro deliri, ho cercato di comprendere, perché, solo se si comprende, non si giudica, si può curare. Questo indubbiamente mi ha segnato e mi ha fornito l'occasione di conoscere mie zone d'ombra che, se non arrivano alla coscienza, possono travolgerci, come ha ben detto Jung.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere quest'opera è stato per me molto importante. L'ho scritta per mettere a nudo verità spesso taciute e da molti subite. Volevo palesare, in qualche modo denunciare, consuetudini immorali ma, nello stesso tempo, volevo penetrare con sguardo clinico e comprensivo, nell'anima di un personaggio afflitto da un serio disturbo narcisistico di personalità e nell'anima dei coprotagonisti, altrettanto problematici, sia pure in diversa modalità. Entrare nella psiche complessa e disturbata del personaggio femminile è stato per me, donna, un lavoro emozionante Scrivere questo libro è stata una notevole impresa: ho cercato di capire fino in fondo cosa possa spingere gli esseri umani a tanto e, infine, ne ho avuto una profonda compassione. In ognuno di noi albergano misteri e fragilità incredibili.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stessa per deciderlo tra varie alternative?
Non è stata semplice. In genere negli ultimi anni intitolo i miei libri con una sola parola: Il destino, La vita, Il tempo, Il male. Volevo parlare del libero arbitrio e dell'uso che se ne può fare e avrei inizialmente voluto intitolare l'opera semplicemente "La libertà". Ma poi ho pensato che questo titolo sarebbe stato troppo vago e avrebbe lasciato intendere che volessi parlare della libertà come un valore assoluto per ogni essere umano. Così ho deciso di chiamare l'opera "La seduzione della libertà", titolo che fa comprendere al lettore la direzione in cui l'opera si muove.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Vorrei con me Dante, Shakespeare, e tantissimi altri che mi hanno formato.
Ho comunque una predilezione per i grandi scrittori russi, primo fra tutti Dostoevskij perché è immenso ed è il più grande psicologo di tutti i tempi.
Ma non dimenticherei mai la Bibbia, poiché in essa sono contenute le grandi verità che servono all'uomo. Come terapeuta inoltre ritengo i Vangeli una enorme lezione di vita per non cadere nei giochi psicologici che purtroppo devastano le relazioni umane.
Vorrei comunque con me testi non solo di grande profondità ma di grande bellezza. Credo che oggi manchi l'educazione al sentimento che solo la grande arte può dare.
 
Ebook o cartaceo?
Ovviamente, scrivendo da quando ero giovane, preferisco il cartaceo. È molto più faticoso e deconcentrante leggere un ebook. Comunque bisogna adeguarsi ai tempi, non è vero?
Ma a me piace sfogliare le pagine, prendere appunti, ritornare su passi che voglio comprendere meglio. Con un ebook questo non è certamente facile.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittrice?
Ho scritto sin da quando ero giovanissima. Scrivevo allora poesie. Ne ho migliaia inedite, anche perché la poesia è una perla rara e ha sempre alle spalle il rischio del ridicolo. Forse un giorno farò una cernita e ne pubblicherò alcune.
In seguito, essendo ricercatrice in Filosofia antica, ho pubblicato saggi su argomenti molto poco noti, come deve avvenire per un ricercatore.
Poi, dopo il completamento degli studi in Psicologia e le diverse specializzazioni, con l'inizio della professione di terapeuta ho sentito l'esigenza di scrivere romanzi e non più saggi. Con un romanzo si possono dire tantissime cose, si può esprimere la propria visione filosofica della vita, si può entrare nella psiche dei personaggi con competenza e arrivare prima e meglio al cuore del lettore.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Non ci sono aneddoti che abbiano ispirato questo romanzo.
L'idea è nata semplicemente dalla visione del mondo di oggi e dalla mia pratica clinica che non manca mai di spunti interessanti per costruire un romanzo.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Mah... Non provo grandi emozioni. Sono soddisfatta che l'opera abbia trovato il suo giusto compimento. Ma quando un'opera è finita, ne ho subito in mente un'altra che cattura la mia attenzione.
Non rileggo mai, o quasi mai, i libri che ho scritto. Appartengono a un momento della vita che è passato per lasciare posto ad un altro.
Comunque sono sempre contenta quando raggiungo un obiettivo che mi sono prefissata.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Nessuno. La Vostra casa editrice e basta.
Quando era in vita mio fratello Pier Augusto Breccia, grande pittore, era la prima e unica persona cui sottoponevo la lettura di un mio libro, con timore, poiché era un uomo estremamente esigente con sé e con gli altri.
Il suo parere era per me un oracolo. Era sempre talmente positivo che mi dava il coraggio di non arrendermi mai.
Prima di morire mi disse: "Dio ha dato a me il dono della pittura, a te quello della scrittura". Queste parole mi risuonano sempre dentro e, ogni volta che porto a termine un libro, avverto la sua approvazione. Questo mi basta.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso sia una meravigliosa occasione per divulgare cultura. Oggi nessuno ha voglia o tempo di leggere. Però si può sempre ascoltare mentre si sbrigano altre faccende che non richiedano impegno mentale, o mentre si è in viaggio in macchina. Io personalmente ascolto spesso audiolibri attraverso YouTube e ho così l'occasione, nel poco tempo libero che mi rimane dalla professione, mentre faccio una qualunque altra cosa, mi preparo per andare in studio, sono in una fila o in una qualunque sala d'attesa, di imparare sempre cose nuove e che neanche conoscevo.

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