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30 Giu
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Intervista all'autore - Orsola Gigliotti -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittrice?
Nasco verso la metà del secolo scorso in un grazioso paese al centro della Sicilia che, se lo guardi dal belvedere di Enna, ha la forma di una scarpetta destra tacco 12.
Calascibetta, appunto, arroccata sul monte Xibet, dove saraceni, spagnoli e francesi hanno lasciato tracce della loro presenza anche in alcune caratteristiche fisiche dei suoi abitanti: la prestanza di un Normanno, la fierezza d'un nobiluomo Catalano (alcuni lo portano nel cognome), la furbizia e la filosofia d'un saraceno sono tratti facilmente riconducibili alle origini di molti abitanti, soprattutto nei miei coetanei. Mi sono soffermata a parlare di loro perché sono stati i primi personaggi descritti nelle mie composizioni scolastiche, quando l'insegnante ti assegnava il classico tema "parla della tua famiglia" 0 "del vicino/a di casa" o ancora "descrivi una giornata particolare". Ecco: descrissi una lite tra vicini di casa. Pensai che avrei fatto la giornalista ma sarei dovuta andare a studiare a Palermo e mamma mi tarpò le ali. Ma papà, che già a 5 anni mi insegnò a leggere il "Corrierino dei piccoli" man mano che crescevo mi suggeriva i vari autori. I miei preferiti erano i russi. Col tempo ho letto di tutto. Da Salgari a Manzoni a Leopardi a Foscolo e, naturalmente Verga e Pirandello senza trascurare il siculo Martoglio: autori che mi hanno fatto innamorare del teatro amatoriale. Ogni tanto rileggo uno dei libri di Oriana Fallaci (li ho tutti). Che grande mente!
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Sono mattiniera, ahimè, e, abitando all'ultimo piano, non puoi metterti a fare le pulizie di casa perché ai piani di sotto si dorme ancora e quindi non mi resta che sedermi al tavolo della cucina, sorseggiare il caffè, guardare l'Etna a nord o la luna che tramonta a ovest. Capita che mentre faccio le parole crociate una parola, una frase mi colpisce, mi risveglia un ricordo ed ho lì pronto un blocco notes dove appuntare i pensieri che man mano fluiscono alla mente.
Magari resta lì per giorni o magari il giorno dopo diventa poesia. Non cerco mai la rima per forza. Devo sentirla, deve commuovermi o farmi sorridere, deve saltellare come una delle nostre tarantelle o farmi innamorare di nuovo della persona che me l'ha ispirata. Ecco: nel mio caso "Il mattino ha la rima in bocca"
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
L'ho già detto: Oriana Fallaci. Solo con lei mi è capitato di finire un suo libro e ricominciare a leggerlo.
 
Perché è nata la sua opera?
La pandemia credo sia stata la causa involontaria. Se mi guardo attorno ha fatto a molti lo stesso effetto. In ogni programma televisivo non c'è un ospite che non abbia scritto un libro.
Il fermo degli spettacoli teatrali mi ha regalato tempo per sistemare la libreria, i cassetti, riordinare le carte e... perché no? mi sono detta.
Ho fatto una prima selezione, ho scartato quelle enfatiche, quelle leopardiane, quelle drammatiche, insomma è venuto fuori questo libriccino che è un po' un esame, un modo per sapere se ciò che scrivo può interessare, essere gradevole o meno. In quest'ultimo caso rimetto tutti i fogli dov'erano e richiudo il cassetto.
Sicuramente continuerò a scrivere poesie ma lo farò per me, per fissare un ricordo sul foglio, per lamentarmi di ciò che non mi piace, per arrabbiarmi di brutto quando vedo la natura o gli animali vittime della cattiveria umana.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Sicuramente tanto. La lettura dei classici, la famiglia, il teatro, l'amore per la mia terra, le meraviglie del creato sono le cose che riscaldano il cuore e stimolano la mente. Naturalmente se hai, o hai avuto, la fortuna di avere avuto un lavoro che ti ha permesso di vivere discretamente. Sono certa che se fossi vissuta di stenti la poesia sarebbe stata una illustre sconosciuta. Del resto sono convinta che chiunque scriva qualcosa, un romanzo, una favola, lo fa perché ne ha il tempo, la voglia e un tenore di vita che dà un minimo di tranquillità economica.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivo le mie sensazioni o riporto sensazioni vissute da altri che hanno voluto farmi partecipe delle loro gioie o delle loro pene al punto che le faccio mie. Non scrivo romanzi di fantascienza. La realtà e sempre superiore alla fantasia anche quando te la inventi, perché in quel momento ci credi, è reale.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
C'è sempre qualcosa di mio perché uso le mie parole, quelle che sento di dire in quel momento anche se a "parlare" in quel momento è il mio gatto.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
"La fiera letteraria", una rivista che circolava negli ambienti universitari e che aveva pubblicato qualcosa di mio. Conservo ancora le lettere che mi scrissero alcuni editori a cui non diedi seguito perché, ragazza di paese, certi pudori sono difficili da scalzare a quell'età e a quei tempi.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Il mio professore di didattica, al magistrale, trovò una mia poesia scritta durante una esercitazione scolastica nel quaderno di didattica. Pensavo mi facesse rapporto al preside e invece mi incoraggiò a continuare.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Spero proprio di no. Già le frasi che si leggono nei social a volte fanno venire i brividi. Ho suggerito all'Accademia della Crusca di abolire la lettera "h" davanti alle vocali "a" e "o" per evitare confusione e ritrovarci con la lettera "a" senz'acca quando è verbo e con l'acca quando è una semplice preposizione. Abbiamo bisogno di leggere, leggere, leggere. Io mi sono sempre addormentata con un libro sulla faccia costringendo papà o mamma a venire in camera mia per spegnere la luce.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Quel che ho appena detto. Spesso, se chi legge è noioso, ci si distrae e si perde il filo del discorso.

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