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10 Giu
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Intervista all'autore - Heribert Stohr -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Trovo che sia il modo migliore per esprimere la mia personalità. Ho sempre usato l'umorismo per superare la mia timidezza.
Credo nelle folgorazioni e nelle intuizioni che sono le basi per iniziare una lettera, un brano, come per un musicista scrivere o suonare le prime note di una canzone. Provo piacere, eccitazione, gratificazione nel manifestare quello che penso, lo svolgo come un tema o un riassunto come facevo quando ero scolaro.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Almeno un 30%. Ci sono dei personaggi che assomigliano ai miei veri amici però ho calcato molto la mano e se qualcuno si riconoscesse mi strozzerebbe. È come il quadro della Gioconda, non si sa bene chi sia la donna ritratta e tutto il paesaggio intorno è fantasia.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Avevo raccolto su di un bloc notes degli appunti senza alcun collegamento fra loro. Ad un certo punto il materiale era voluminoso ed ho provato a dargli una forma e una scorrevolezza.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Intuizione, colpo di fulmine. Molto semplice. Ho pensato alle persone che si tengono tutto dentro e allora è il corpo che reagisce manifestando qualcosa di evidente sotto gli occhi di tutti.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Le correzioni di Jonathan Frenzen.
Perché parla di un matrimonio con figli e le difficili relazioni di coppia.
 
Ebook o cartaceo?
Cartaceo ma comprendo che sia destinato a scomparire; per ragioni ecologiche e per ragioni di spazio. Io posseggo pochi libri ma saranno 400 e la mia casa è di 93 metri quadrati. Più che il possesso materiale del libro è la sua estetica che ancora mi intriga insieme allo sfogliare le pagine in maniera più fisica e sentimentale.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
A parte le solite poesie sdolcinate per intortare le bambine, un giorno del 1967 presi l'influenza ed ero a letto per qualche giorno. Lessi La Vita Nova di Dante Alighieri e mi venne voglia di scrivere a modo mio, cercando uno stile originale, per cui intrapresi vari esperimenti.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Volevo scrivere un libro sull'amicizia. Ho sempre scritto montagne di lettere, poi email, ai miei amici lontani e mi mancava qualcosa da esprimere a tutti e non solo a loro. Nella stesura iniziale sono inciampato nel mio personale matrimonio che incominciava a naufragare rispolverando una mia precedente passione per una ragazza alla quale ho dato ampio spazio e l'incastro amicizia-amore ha sempre funzionato. Uno è l'alibi dell'altro.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Un obiettivo raggiunto. Naturalmente hai poche speranze che ciò si concretizzi per cui non avevo neanche messo in conto nella lista delle probabilità. Mi piacerebbe che diventasse un lavoro a tempo pieno e sostituisse quello attuale.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La protagonista femminile.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Pensavo che avesse una maggiore diffusione e convincesse un pubblico più vasto, forse in Italia si è più "conservatori" e forse anche gli editori non "spingono" il lettore verso il digitale.

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