Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono arrivato a Roma dalla Sicilia con la mia famiglia d’origine quando avevo dieci anni.
Diciassettenne, dopo aver frequentato il Liceo Artistico e aver praticato a livello agonistico il salto con l’asta, mi sono iscritto alla Facoltà di Architettura, coltivando però anche la pittura. Già prima della laurea mi sono appassionato a certi studi di geometria che m’avrebbero poi impegnato per anni. Poi, occupandomi per lavoro di grafica, illustrazione e arredamento, ho partecipato anche ad alcune mostre nei settori della divulgazione matematica e dell’artigianato ceramico. In seguito mi sono dedicato privatamente all’invenzione di giochi topologici e strategici da tavolo. Solo più recentemente, incoraggiato dai miei familiari, ho preso in considerazione l’attività di narratore anche al fine di superare, con approccio marcatamente autoironico, un delicato periodo della mia vita.
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
L’attitudine alla scrittura mi si presenta in modo saltuario e imprevedibile, senza alcuna regola apparente.
Il suo autore contemporaneo preferito?
Italo Calvino. Ad una delle sue “Città Invisibili” ho anche ispirato “Eudossia”, uno dei miei più riusciti giochi di strategia.
Perché è nata la sua opera?
Quando, edito da BookSprint, era ancora fresco di stampa il mio terzo racconto fantastico (e, insieme, manuale tecnico), ho pensato di portare a conclusione il ciclo narrativo che s’era avviato col primo racconto, dando completezza anche all’esposizione degli studi geometrico-applicativi residui che m’avevano impegnato, in privato, nel corso dei miei decenni d’insegnamento. Di essi, infatti, m’era apparsa necessaria la divulgazione integrale; così ho voluto dar forma a un ulteriore gruppo di episodi, sempre narrati in prima persona, stavolta però molto individualmente autonomi.
Riprendendo l’ibridazione dei due generi editoriali tradizionalmente estranei, quello manualistico-tecnico e quello letterario-narrativo, in questo caso ho dato un peso ancora maggiore, seppur talvolta con la dovuta leggerezza, alle divagazioni introspettive che s’aggirano per gli ambigui ricordi del protagonista.
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Mio nonno materno gestiva una libreria e mio padre insegnava matematica e fisica. Io da ragazzo sfogliavo di nascosto dei volumi che i miei genitori conservavano gelosamente sotto chiave. In realtà si trattava perlopiù di testi riguardanti le Belle Arti. La mia formazione culturale s’è infatti sempre orientata di preferenza verso le Arti Visive. Un analogo sviluppo ha avuto anche la mia cultura musicale.
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Tutte le vicende che ho narrato finora hanno avuto, in qualche modo, una connotazione variamente autobiografica, e quest’ultimo racconto non costituisce certo un’eccezione a questa regola, benché in esso siano presenti tanto ricordi autentici quanto situazioni del tutto immaginate.
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Mettendo da parte la componente autobiografica, che spesso è quella da cui prendono vita le sezioni narrative, è il fascino che esercitano su di me le procedure risolutive di vari problemi pratici di natura geometrica o proiettiva il vero centro di gravità di tutto ciò che ho scritto di recente: l’obiettivo che veramente vorrei esser capace di centrare è proprio la trasmissione ad altri di questa passione.
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
A parte le ripetute sollecitazioni alla scrittura da parte dei miei familiari, l’elaborazione del testo e delle immagini che lo integrano è avvenuta in modo del tutto autonomo.
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Come sempre, ai miei familiari ed alle mie dirimpettaie.
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Penso che le esigenze e gli orientamenti differenziati del pubblico andrebbero assecondati con l’offerta variegata dei canali disponibili, perlomeno fino a quando non dovesse nettamente emergere una preferenza di fruizione.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ritengo che, seppure in espansione, sia un fenomeno destinato a rimanere di nicchia, legato a quelle persone che per le loro limitazioni fisiche o per l’esiguità del loro tempo libero possono affidare la propria fruizione solo o prevalentemente a un canale acustico. Nel mio caso, però, la cospicua presenza di tavole dimostrative e di illustrazioni fortemente connesse col testo narrativo fanno sì che questo canale risulti particolarmente inadeguato e penalizzante per un suo eventuale fruitore.