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28 Mar
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Intervista all'autore - Nicola Occhionero -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
È un po’ come traslare su carta una parte immateriale della mia persona, in pratica leggo me stesso attraverso ciò che scrivo, anche se non autobiografico.
Avverto il desiderio di carpire le impressioni dei lettori, mi riferisco agli articoli di stampa o poesie.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Credo molto, se considero la curiosità che mi accompagna da sempre di conoscere e comprendere le dinamiche sociali, oltre alla storia della mia famiglia che si lega ai fatti narrati.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Un dovere morale nei riguardi di coloro che hanno avuto forza e volontà per emanciparsi, accompagnata all'emozione di incontrare testimoni ancora convinti di essere stati nel giusto.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
E' nato prima il titolo e poi il resto. Quando ci si focalizza su un periodo o fatto storico, il titolo è il primo recinto ideale a cui pensare.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Credo Pavese, mi affascina il suo modo di coniugare fatti e luoghi come se il lettore li conoscesse da sempre, oltre il modo delicato di fare emergere il suo pensiero politico.
 
Ebook o cartaceo?
Assolutamente cartaceo, innanzitutto per una questione visiva, ma in fondo preferisco le librerie e le biblioteche, il fruscio della carta quando si volta pagina, i segnalibri decorati, le dediche degli autori.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Per carità, non azzarderei a definirla carriera, ma è semplicemente uno specchio per l'anima, una lente per la lettura della società, un passatempo non frivolo.
Potremmo parlare di carriera quando sarò riuscito a pubblicare poesie e altri lavori tenuti nel classico cassetto della scrivania o nella memoria del computer.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Ho conosciuto alcuni dirigenti sindacali e politici, protagonisti delle lotte bracciantili e di altre rivendicazioni salariali, unitamente a partigiani e altri antifascisti. Inoltre, la mia famiglia da sempre antifascista, si accompagnava in parentela ad altre famiglie che la pensavano allo stesso modo, quindi chiedevo agli anziani di raccontare il più possibile ciò che ricordavano. Ovviamente a questa è seguita la ricerca documentale.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Ho scritto su periodici e quotidiani locali, ricordo l'emozione del primo articolo, così come quella del primo comunicato stampa studentesco.
Posso dire che forse con maggiore razionalità, provo le medesime emozioni, ma la cosa più bella è lo stupore di mio figlio dodicenne.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La bozza? non ricordo esattamente, ma di certo il più influente è stato il Prof. Nicola d'Apolito, nella veste di storico e non solo di cugino, al quale ho chiesto di firmare la presentazione.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È una buona opportunità e un ottimo servizio per i diversamente abili, per gli stranieri e i bambini che possono conoscere la corretta pronuncia delle parole, per i viaggiatori e per le persone un po’ pigre.

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