Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Vengo da Napoli e sono nato con lo scoccare dell'armistizio. Figlio di contadini, ho compiuto gli studi classici al liceo Diaz di Ottaviano, laureandomi poi in lettere moderne alla Federico II di Napoli. Fin dal ginnasio ho coltivato l'aspirazione a fare l'insegnante, anche grazie alla figura della docente di lettere che ha contribuito molto alla mia formazione. Mi sono laureato nel '69 e dopo pochi mesi mi sono trasferito a Govone, CN, per insegnare nella locale Scuola Media. Amavo il contatto con i ragazzi, avvertivo la necessità di confrontarmi con loro per misurare le mie esperienze -soprattutto di duro lavoro e rinunce- e le loro, visto che operavo in un contesto sociale, culturale e geografico completamente diverso. Ero in Piemonte! Confesso che fino a trent'anni non ero in grado di scrivere alcunché, poi, il 27 febbraio 2001, con la pensione, un pomeriggio è successo qualcosa di assolutamente straordinario: la vista che si annebbia, la mente che esplora l'universo, una sete d'infinito che mi pervade. Ho iniziato a scrivere delle poesie, per "scaricarmi", poi i racconti e romanzi. E da allora non mi sono più fermato.
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Scrivo preferibilmente di pomeriggio o di sera, dopo cena, per motivi contingenti e nutro la passione per il restauro di mobili antichi e tutto ciò che vi attiene. Scrivo ciò che il cuore mi detta, traggo ispirazione dalla mia miniera interiore che talora mi sollecita anche quando sono in dormiveglia o appena sveglio. Allora prendo carta e penna per annotare, prima di fare le pulizie personali.
Il suo autore contemporaneo preferito?
Gianrico Carofiglio è il mio autore preferito. Per il suo stile: la prosa chiara e accattivante, fine indagatore di vicende umane non sempre chiare, sobrio e mai sopra le righe nella descrizione di questioni sentimentali o di sesso.
Perché è nata la sua opera?
Circa cinquant'anni fa avevo sentito la notizia del rinvenimento di un cadavere nell'intercapedine di un muro durante i lavori di restauro di un appartamento nel centro storico di Napoli. Un fatto di cronaca che avevo sepolto nel mio subconscio ma che è esploso molti anni dopo, arricchendosi di molti particolari. Poiché ho una predilezione per la storia, avevo evidentemente la "necessità" di raccontare la storia millenaria di Napoli e la cultura di cui mi sono imbevuto fino al momento dell'"espatrio". Ha contribuito quindi la necessità di aprirmi agli altri e di raccontarmi, per condividere e raccontare pregi e difetti di una società che non smette mai di stupire.
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Il contesto sociale (periferia di Napoli alle falde del Vesuvio), e specialmente famigliare, ha contribuito molto, sia col vissuto quotidiano, sia col racconto di mio padre, classe '912, e anche dei nonni paterni, classe 1882. Preziosi i loro riferimenti alla società contadina dell'Ottocento, i racconti di guerra d'Abissinia, della Libia, della Grande guerra hanno indirizzato le mie predilezioni verso la storia.
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è fonte di gioia, un modo per liberarmi di ciò che ribolle in me, quando la misura è piena, e mi emoziona molto. Racconto la realtà in cui ho vissuto o quella di cui mi sento di far parte.
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Mi rivedo in buona parte nei panni dell'avvocato Alvise: nel desiderio di venire a capo di un omicidio misterioso, nei luoghi dove lui si aggira, le biblioteche e specialmente il Cortile delle Statue, che ho frequentato e dove mi sono addottorato. Mi rivedo nella tenera storia d'amore con la segretaria Marinella.
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Mi sono messo in ascolto del mio eco interiore, l'ho scritto di getto, in pochi giorni, lavorando nel pomeriggio fino a tarda notte. Poi, limatura, correzioni e quant'altro.
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Il primo a leggerlo è stato Vittorio Dan Segre, (mediorientalista di successo e editorialista de "La Stampa") compaesano e amico stimatissimo. Ne era entusiasta e lo vedeva come ottimo compagno di viaggio. Per la sua brevità, efficacia nella stesura lineare, che tuttavia metteva in evidenza i colori, i sapori e l'anima di una città che anche lui amava.
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Non avendo mai letto un ebook, (dopo un po' mi stanco davanti al visore) non saprei rispondere. Penso che sia adatto ai giovani, propensi e ormai abituati a passare diverse ore al giorno con il telefonino tra le mai.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Forse l'audiolibro può abbracciare più categorie di lettori e quindi può essere un passo avanti nella diffusione di opere letterarie