Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono Alessandro, un ragazzo di 24 anni.
Abito a Melegnano, una piccola città alle porte di Milano.
I verità questa passione è arrivata un po’ per caso. Anzi, forse non so neanche io il reale motivo.
Scrivendo la mia tesi di laurea triennale in Scienze dell'Educazione e della Formazione ho pensato che forse quello che stavo scrivendo poteva essere utile ai miei colleghi educatori, ai genitori, ai docenti. Spesso infatti quando accadono fenomeni di cyberbullismo, il tema che tratto nel libro, fanno tanto rumore, si susseguono notizie su notizie al telegiornale, ma poi effettivamente a scuola, a casa o semplicemente nel gruppo di amici quanto si dà peso? Quanto ci si interroga?
Forse da qui nasce la spinta di pubblicare questo testo. Sensibilizzare i giovani come me, e tutte le figure educative ad informarsi, formarsi e soffermarsi un secondo e riflettere.
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento esatto, però credo di avere due momenti preferiti in cui dedicarmi alla stesura.
Il primo momento è la mattina, il secondo invece è la sera tardi.
Non so bene il reale motivo, ma in tarda serata credo che mi si accendano quelle luci che spesso durante la giornata sono spente.
Durante il giorno infatti siamo impegnati dal lavoro, dallo sport o da altri hobby e ci scordiamo spesso di quanto sia bello soffermarsi e pensare.
Cosi è avvenuto anche per questo testo.
Il suo autore contemporaneo preferito?
Se mi permette ne vorrei citarne due.
Il primo è Alessandro D’Avenia per il suo modo di scrivere, riuscendo in modo straordinario a trasmettere le emozioni direttamente al lettore.
L’altro invece è Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell'età evolutiva, che da anni scrive in modo semplice molti bestseller per genitori, educatori e ragazzi. I suoi manuali infatti sono citati spesso nel mio libro.
Credo fortemente infatti che gli esperti del settore siano la fonte da cui trarre quell’acqua che può alimentare la nostra cultura e il nostro sapere.
Purtroppo ancora oggi esistono troppi falsi esperti, ma tutto questo si impara sul campo, leggendo e studiando esperti come il dottor Pellai.
Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata dalla voglia di raccontare partendo da esperienze concrete, come il cyberbullismo sia diventato un elemento del nostro quotidiano, non più lontano da noi.
I social network e gli smartphone vengono affidati sempre più in età precoce, e questo può portare a due vie: l’accompagnamento responsabile della figura genitoriale all’utilizzo dei dispositivi, oppure un’occasione che si può trasformare da risorsa a esperienza negativa.
Purtroppo con la pandemia che stiamo vivendo sono aumentati i casi di segnalazione di questi fenomeni, cioè riportato all’interno del testo dai dati raccolti da Fondazione Carolina. E proprio di Carolina voglio parlare, sentiamo sempre più oggi giorno eventi finiti in tragedia, come alla storia di Carolina Picchio, che ha ispirato questo testo. Nel 2013 si tolse la vita, è la prima vittima riconosciuta di cyberbullismo in Italia, e grazie alla battaglia portata avanti da suo papà Paolo la storia di Carolina sta entrando nelle nostre scuole, dove spesso partono le segnalazioni. Le scuole sempre più cercano di attuare momenti di prevenzione, ma la scuola sola non basta. La famiglia deve essere quel luogo dove i ragazzi possano esprimere i propri disagi e non rifugiarsi subito sui social postando i loro sentimenti.
Perché il Web è un mondo a cui vogliamo far riconoscere noi stessi non per quello che siamo, ma per come vogliamo essere visti.
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Questo testo nasce nel 2020, anno che ricorderemo per sempre, che ha cambiato le nostre vite.
Con la pandemia abbiamo dovuto necessariamente modificare i nostri comportamenti, i nostri modi di vivere, di relazionarci e di svolgere le attività scolastiche. Abbiamo conosciuto la famosa DAD (didattica a distanza), ma non solo. Stando a casa i ragazzi volevano rimanere in contatto con i loro amici, e tutto questo avveniva tramite lo smartphone, la Playstation e tutti gli altri dispositivi.
Collaboro con Fondazione Carolina da qualche anno e ho pensato che forse la mia tesi di laurea potesse essere incentrata proprio su questo, di come internet ha cambiato le nostre vite. Sbagliato demonizzare, infatti all’interno del testo non cerco mai di creare quello sfondo negativo dietro all’uso dei social network, perché credo siano anche uno strumento di rilancio e di occasione.
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Credo entrambe le cose, in questo caso è un modo per raccontare la realtà che ci circonda. Raccontare come il digitale sia entrato nelle nostre vite in modi diversi e in tempi diversi.
Infatti raccontare la realtà a tutti gli educatori, docenti, ma anche agli stessi ragazzi credo sia un momento per fermarsi a riflettere e chiedersi davvero se tutti questi schermi che ci circondano, valgano davvero la pena averli.
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
All’interno di questo testo c’è tanto, ho cercato di portare la mia esperienza da educatore di oratorio, di educatore di quei ragazzi che ho tanto a cuore.
Da sempre credo che la formazione dei ragazzi, debba passare necessariamente dalla formazione degli educatori di qualsiasi agenzia educativa, dalla famiglia alla scuola, passando per l'oratorio senza dimenticare le società sportive, che hanno tutt'oggi un grande bacino di utenza.
Ad esempio all’interno di questo testo ho cercato di portare alla luce come i rapporti famigliari siano cambiati, ma non perché siano cambiati i ragazzi, ma perché sono semplicemente cambiate le nostre abitudini, e spesso i genitori, cosi come i ragazzi, fanno fatica ad accettarlo.
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Come citavo prima i ragazzi sono stata la fonte da cui trarre ispirazione, a loro devo tanto. Ma non voglio dimenticare Carolina. Lei, come cito nel libro, è stata un po’ la mia mentore.
Senza di lei infatti questo libro non sarebbe mai potuto nascere. All’epoca nessuno parlava di cyberbullismo. E oggi Paolo Picchio spesso dice: “Toglierei il cellulare a certi cinquantenni”. Il tema del cyberbullismo diventa quindi centrale in una società, com’è quella di oggi, dove la rete gioca un ruolo determinante, e non solo per i più giovani.
Carolina non era la ragazza a cui pensiamo come possibile vittima: era sveglia, forte, brillante, sportiva. Era empatica e questo è stato il suo dramma. Le è capitato a un certo punto di essere presa in giro ma non solo ci passava solo, rispondeva anche a tono. Ecco allora come punirla. Non ricordava nulla di quella sera, ma alla fine ha trovato la forza di denunciare quel gesto con la lettera in cui scrive 'le parole fanno più male delle botte'. Se è successo a lei può succedere a tantissimi ragazzi.
Nel libro infatti non mancheranno le occasioni per delineare il probabile aspetto di una cybervittima e di un cyberbullo.
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Dopo il mio relatore della tesi di laurea, i primi sono stati la mia famiglia, compresa la mia ragazza.
Credo sia importante che questi momenti così significativi siano condivisi con le persone a cui si ha più a cuore.
A proposito, voglio dire ai ragazzi, parlate, condividete i vostri pensieri, le vostre emozioni, non tenete tutto, neanche le cose più belle o che magari per voi possono sembrare insensate e inutili, raccontatevi!
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Sono presenti correnti diverse.
Da una parte i sostenitori del libro cartaceo. Gli appassionati dell'odore che emana un libro nuovo appena acquistato, dell’oggetto fisico, dall’altro invece troviamo i sostenitori del digitale.
Credo infatti sia importante far coincidere le due cose così da avere una moltitudine di strumenti, per arrivare a un pubblico più ampio e cercare di accontentare tutti.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
I libri sono racconti, esperienze e trasmissione di emozioni.
È importante che tutti possano avvicinarsi.
Penso anche ai tanti non vedenti, che grazie a questa modalità possono ascoltare migliaia di volumi che fino a poco tempo fa, prima dell’avvento di queste tecnologie era completamente impensabile.