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29 Ott
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Intervista all'autore - Raimondo Miraglia

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere è sicuramente lo sfogo dell'anima, una immersione nella propria fantasia ma anche il desiderio di imitare l'attività creatrice di Dio dando vita a luoghi e persone che, dopo un poco, è come se avessero una vita autonoma e decidessero liberamente delle proprie scelte.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
L'idea originaria de "La Reliquia dimenticata" nasce grazie all'entusiasmo provato nel viaggiare per le terre del medio oriente ed in particolare in Terra Santa, dunque la mia vita ha fatto capolino proprio nei posti dove si svolge il romanzo. Quei luoghi così ricchi di un fascino esotico ma che hanno influenzato la vita di tutti con la loro storia, mi hanno sempre interessato. Quindi parecchie descrizioni che si ritrovano nel libro sono assolutamente reali, frutto della mia osservazione diretta.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Sicuramente è stato un grande lavoro, il più impegnativo ma anche gratificante tra le cose che ho scritto. Normalmente scrivo di getto le idee che mi passano per il cervello ma in questo caso la creazione è stata accompagnata, e non poteva essere altrimenti, da un’attività di studio e di approfondimento della realtà storica del tempo narrato. Un lavoro che è durato parecchio, teso a limare ed a ricercare notizie più attendibili possibili di un'epoca della quale si sa molto poco ma che penso sia affascinante proprio per il suo mistero. Un tempo, a metà tra il periodo classico e quello medievale, contraddistinto da forte misticismo e violenza, quando la religione permeava fortemente la vita di ogni individuo, nel bene e nel male.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Per nulla semplice, anzi. Il titolo del romanzo all'inizio era "I giorni dell'ira", poi quando ho capito che sarebbe stato meglio dividerlo a causa della sua lunghezza, ho cercato un titolo più accattivante per la saga e che descrivesse meglio il suo oggetto. La prima parte, di cui oggi parliamo, si intitola "L'inganno della pergamena" ed è stato un titolo quasi naturale visto il suo contenuto. Sono ancora alla ricerca del titolo migliore per la seconda parte.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Per la sua cultura, la sua passione per la storia e la sua straordinaria capacità di scrittura, mi sarebbe piaciuto conoscere Valerio Massimo Manfredi.
 
6. Ebook o cartaceo?
Dico ancora cartaceo, la carta è un'altra cosa, purtroppo ormai compro quasi solo ebook per questioni di praticità, spazio e portabilità. Mi piace avere un libro sempre con me e poterlo leggere dallo smartphone in qualsiasi momento è indubbiamente comodo.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Carriera è una parola forte, ho l'hobby della scrittura dai tempi del liceo, quando ho iniziato a scrivere poesie e steso un romanzo di formazione adolescenziale che però è rimasto nel cassetto.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Come ho già detto, c'era la voglia di raccontare alcuni luoghi visitati, magari al tempo del loro massimo splendore. Poi devo dire che avevo molta voglia di leggere un romanzo di avventura ambientato nell'alto medioevo bizantino ma non trovavo niente che assomigliasse neanche lontanamente a quello che cercavo ed allora ho dovuto scriverlo.
Inoltre ho trovato piccoli punti di contatto tra l'epoca dell'invasione musulmana nei territori cristiani e la nostra. Quando ho iniziato ad immaginare l'idea del romanzo era la fine del 2017, gli attentati dell'Isis imperversavano per le strade d'Europa ed a causa di fondamentalismi religiosi, che credo non c'entrino niente col pensiero di Dio comunque lo si voglia chiamare, la gente non si sentiva sicura a passeggiare, temendo che in qualsiasi momento la sua vita potesse essere messa a rischio, una grande fragilità emotiva. Durante la realizzazione del testo poi ci siamo tutti imbattuti nel coronavirus e anche le persone di quel tempo dovettero fare i conti con una pandemia mortale, la peste. Raccontare gli stati d'animo di quegli uomini, è stato come estremizzare i nostri. Ma il messaggio finale del romanzo è di pace e fraternità tra tutti.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Una bella sensazione davvero, l'idea che diviene tangibile. Ora il lavoro è tutto nelle mani dei lettori.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Mia zia Amalia, cui ho dedicato "L'inganno della pergamena".
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ottima possibilità di aumentare l'accesso alla letteratura ma io preferisco assaporare la parola scritta.
 
 
 
 
 

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