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23 Ago
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Intervista all'autore - Massimo Molinari

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Ho 69 anni. Sono nato in una casa in campagna, il mio l'Eden. Vivo a Migliarino, un paese della provincia ferrarese. Gli studi liceali mi hanno portato a vivere a Bologna, mito della mia giovinezza. Una serie di circostanza mi hanno richiamato a vivere nel ferrarese, nel paese d'origine dove ho scelto di restare. Dopo aver frequentato per alcuni anni la Facoltà di Medicina, ho cambiato decisamente direzione fino a trovarmi a insegnare Lettere in un liceo scientifico. In realtà avrei voluto fare il regista, ma la vita ha deciso diversamente.
Ho sempre "scribacchiato" ma non ho mai pensato di diventare uno scrittore, parola impegnativa, che mi fa sempre paura. Da quando ho raggiunto il pensionamento, per uscire un po' dalla solitudine (che pure amo), mi sono affacciato a un "social" dove ho cominciato a postare ciò che andavo scrivendo. Visto che si è formato un gruppetto di fedeli lettori, ho cominciato a prendere in considerazione l'ipotesi che se c'era un nucleo di lettori, allora forse c'era anche uno "scrittore": da qui la decisione di tentare quest'Avventura.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Quando uno raggiunge il pensionamento, s'immagina un tempo libero da impegni. In genere le cose non vanno così. Alla sottrazione di alcuni impegni subentra spesso l'aggiunta di altri. Di fatto mi trovo a vivere giornate ingombre di incombenze, alcune anche gravose. Pertanto scrivo solo nei pochi spiragli che mi restano liberi. Niente di programmato o di programmabile.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Ho molti autori. In genere riesco a fare di me come lettore tabula rasa, a lasciarmi attraversare dallo scrittore. Questo comporta una mia predisposizione a innamorarmi facilmente dello scrittore che sto leggendo. Per evitare conseguenze estreme, a volte leggo in contemporanea autori molto diversi da loro, per mantenermi in equilibrio fra le loro suggestioni. È una specie di lettura poligamica, che però non fa male a nessuno.
Fra gli autori contemporanei che preferisco c'è Carver. Mi piace molto anche la Nothomb.
 
4. Perché è nata la sua opera?
La sua nascita ha ragioni che non conosco. Anni fa, stavo andando a Bologna con la macchina un sabato sera, e ho avuto l'impressione che fuori dal finestrino qualcosa premesse per entrare. Era un racconto curioso, bizzarro. Non si è più distaccato da me. Allo stesso modo, con la stessa casualità e la stessa pressione, sono venuti anche gli altri racconti confluiti in "Crune". È durata anni. Senza fretta. Con una certa lentezza.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Molto poco.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Credo che la realtà sia talmente "ponderosa" e invasiva, che non sia possibile evaderne. Anche quando si crede di farlo.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Credo ci sia moltissimo. Molto più di quello che io consapevolmente ci ho messo.
 
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
In positivo mia madre che mi ha trasmesso quel tipo di sensibilità che mi consente di scrivere; e poi tutti gli scrittori che ho letto. In negativo i carnefici che hanno bullizzato la mia infanzia: scrivo anche per esorcizzarne il terrore.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A pochissime persone a me molto affezionate.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
L'ebook è un ottimo strumento, al passo con le esigenze dei tempi.
Ma il piacere quasi "sensuale" del libro cartaceo resterà. Credo che il "transfert" del lettore si attivi meglio con un "oggetto" definito.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Personalmente riesco a concentrarmi meglio quando ascolto. Inoltre ho problemi visivi che mi rendono un po' faticosa la lettura.
L'unico problema che mi può creare l'audiolibro è il ritmo. A volte si sentirebbe il bisogno di fermarsi di più su una frase che ci ha colpito.
 
 
 
 
 

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