1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere per me è stata sempre una necessità, un bisogno primario. Già da ragazzino tenevo a casa un diario, lo custodivo gelosamente in un cassetto. Ogni sera lo tiravo fuori ed iniziavo a scriverci su, fissando per sempre le emozioni e sperando un giorno di poterle rivivere. In ogni caso, nessuno aveva accesso a quei racconti o poesie che scrivevo tra quelle pagine. Poi, col tempo, in un mondo nel quale la diffidenza verso il prossimo andava sempre più radicalizzandosi, ho capito che la scrittura era un mezzo fantastico in grado di realizzare qualcosa di magico: abbattere le barriere e colmare le distanze che ci dividono dagli altri. Ed allora ecco che oggi, quando in preda all'eccitazione provo a scrivere qualcosa, le parole sgorgano dal cuore una dietro l'altra, mentre io rivivo intensamente dieci, cento, mille volte le scene già vissute. Cosa provo in questi momenti? Gioia, adrenalina, ma anche tanta nostalgia per qualcosa che forse non tornerà più.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In ogni libro c'è sempre qualcosa di chi scrive ed anche "Il Respiro dell'Africa" non sfugge a questa regola. Il libro nasce sicuramente dall'esigenza di raccontare e condividere l'esperienza da me fatta nel continente africano; ma è chiaro che oltre a raccontare il mio punto di vista su quella parte del mondo, descrivo anche i dubbi, le paure e gli incubi che hanno accompagnato, ed ancora accompagnano, la mia crescita come uomo.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
I mesi trascorsi in Africa sono stati frenetici ed anche difficili, c'è voluto del tempo per rielaborare quello che avevo vissuto. Quando gli amici mi chiedevano di raccontare qualcosa, mi rendevo conto della difficoltà di dare un senso ai vari pensieri, ancor di più a condividerli. Così, giorno dopo giorno avevo la necessità di dare risposte principalmente a me stesso, ma anche agli altri. Ed ecco che iniziando a scrivere del viaggio e cadenzando i giorni ed i mesi vissuti lì, sono riuscito a poco a poco a fissare meglio diversi aspetti di questa esperienza. Anzi, mentre scrivevo ho rielaborato nuovamente tutto, ma stavolta unendo al cuore anche le riflessioni post viaggio. Ma devo dire che ancora oggi mi pongo domande alle quali non è facile dare una risposta...
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
All'inizio non ho pensato minimamente al titolo. Poi, strada facendo, qualche idea è saltata fuori, ma nulla che mi convincesse. Ad un certo punto, proprio nel finale del racconto, c'è stata l'illuminazione e da quel momento non ho più avuto dubbi perché, dal mio punto di vista, Il Respiro dell'Africa racchiude in sé il senso di tutto quanto il continente mi ha voluto mostrare e che nel libro provo a descrivere. A tal proposito voglio raccontare un aneddoto; quando ho raggiunto Cape Agulhas, ovvero il punto più a sud dell'intero continente africano, dove l'oceano indiano incontra quello atlantico, sono stato letteralmente investito dal vento. In Africa il vento lo si trova un po’ ovunque questo è vero, ma in quel punto era particolare, non potevi controllarlo, soffiava un po’ da nord ed un po’ da sud, poi da est e quindi da ovest, cambiando continuamente d'intensità e forza. Anni dopo, quando poi stavo scrivendo la parte del racconto riguardante Cape Agulhas, iniziai a rivivere quei momenti e mi sembrò chiaro che quel vento fosse lì per comunicarmi qualcosa, un messaggio: l'impossibilità di controllare e razionalizzare il continente africano, proprio per l'incredibile diversità di situazioni che vi si trovano. Ecco, proprio da quel soffio di vento nasce il titolo del libro.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Devo premettere che amo i grandi classici, quindi la scelta sul libro ricade su uno di questi; inoltre, mi piace scandagliare l'animo umano, ed allora dico che come libro porterei La coscienza di Zeno, di Italo Svevo. La trama la trovo terribilmente attuale considerate le insicurezze ed il perenne dilemma dell'uomo nel suo sentirsi spesso imperfetto, quasi malato. Inoltre, è un classico che apre alla psicanalisi ed offre al lettore una conclusione che sa di speranza e cambiamento, quale quella che Zeno Cosini raggiunge al termine del romanzo, considerandosi non più malato, ma sano in una società malata.
Come scrittore sarei molto indeciso tra Hermann Hesse e Fedor Dostoevskij, ma scelgo il primo perché, oltre ad aver amato tutti i suoi romanzi, ha una grande capacità di spaziare dal viaggio, all'amore, dal vagabondaggio, alla psicoanalisi, riuscendo a fare benissimo in tutti i campi.
6. Ebook o cartaceo?
Credo che la preferenza dipenda dal nostro approccio. Chi ha qualche anno in più magari preferisce il cartaceo, anche per l'odore che emana la carta o per il piacere di sfogliare le singole pagine, sensazioni che attualmente non sembrano riproducibili dalla lettura digitale. Chi invece è più giovane e ha da sempre un approccio diverso con la tecnologia, potrebbe trovare sicuramente più familiare l'ebook. Devo anche aggiungere che con i vari kindle in commercio, la lettura digitale presenta dei vantaggi per chi viaggia ed intende portare con sé diversi libri, così riuscendo a ridurre spazi e peso nella valigia.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Da oltre vent'anni esercito la professione di avvocato, un'attività dinamica, piena di responsabilità e che consente di confrontarsi con realtà molto diverse rispetto alle nostre. Quindi, oggi non so dire se ho intrapreso anche la carriera di scrittore o se ho intenzione di intraprenderla, perché scrivere è prima di tutto un piacere e grazie ai viaggi in giro per il mondo ed alle esperienze maturate, ho pensato che avrei potuto condividere qualcosa con gli altri. Diciamo allora che Il Respiro dell'Africa è il primo tentativo di condivisione in tal senso e che mi piacerebbe in futuro pubblicare altri racconti o romanzi che ho già scritto o che sto continuando a scrivere. Il resto poi si vedrà...
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L'idea è nata mentre ero già in Africa. Sin dai primi giorni di viaggio aggiornavo su un quaderno quanto mi accadeva e da quel momento il pensiero di scrivere un racconto sull'intera esperienza ha preso sempre più forma.
Di aneddoti da raccontare ce ne sarebbero tanti, ma ne ho uno che mostra il coinvolgimento che riesco ad avere quando inizio a scrivere. Un venerdì pomeriggio, una volta chiuso lo studio, tornai a casa dopo aver comprato al supermercato alcuni pacchi di biscotti. Il mio obiettivo era quello di scrivere senza sosta fino al lunedì mattina. Mi sedetti davanti al computer e cominciai a scrivere per ore ed ore, notte compresa. Di tanto in tanto mangiavo i biscotti che avevo distrattamente lasciato nelle vicinanze senza rendermi conto che in una notte terminai tutti i pacchi che avevo comprato. Me ne resi conto dopo qualche ora perché inizialmente avevo mal di testa, nausea e difficoltà nel leggere al monitor, ma giustificavo tali sintomi col fatto che dopo diverse ore trascorse a scrivere, fosse normale sentire la stanchezza. Ad un certo punto però non riuscivo quasi più a vedere ed allora mi alzai dalla sedia e notai allo specchio che avevo il viso gonfio come un pallone e gli occhi praticamente non c'erano più. Era già mattina, chiamai un amico ed in ospedale mi dissero che avevo sviluppato un'allergia a qualche alimento, mi diedero dei farmaci, ma dopo qualche ora ero nuovamente a casa che scrivevo, senza più biscotti però.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È una sensazione strana, all'inizio non sai bene se riuscirai a dare forma alle tue idee. Poi, invece, quando capisci che sei a buon punto, non smetteresti mai di scrivere ed anche alzarti dalla sedia per andare a bere o mangiare diventa un fastidio. Personalmente mi prende una tale adrenalina e voglia di continuare che poi, quando arrivo alla fine, ho dei momenti di puro smarrimento. È una sensazione che ho sempre avuto sin da quando leggevo i primi libri, ma stavolta non sono il lettore, ma colui che scrive e ho quindi la possibilità di interrompere questa sgradevole sensazione correndo al computer per rileggere e modificare alcune parti del racconto e rientrare nella storia. In ogni caso la sensazione alla fine è un misto di soddisfazione per essere riuscito a portare a compimento qualcosa in cui speravo ed il dispiacere per il distacco da un'idea che ti ha accompagnato per alcuni mesi.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
È una mia cara amica, Laura. Ci conosciamo da tantissimi anni e lei ha sempre insistito per leggere quello che scrivevo, mentre io ero piuttosto restio. Poi, ad un certo punto ho acconsentito. Devo dire che mi ha sempre detto che avrei dovuto pubblicare i miei scritti e dopo aver finito Il respiro dell'Africa, mi ha anche dato dei suggerimenti regalandomi per il mio compleanno una copia rilegata con una copertina da lei creata.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Qualcosa del genere esiste da tempo. Ricordo ad esempio le favole ed i libri educativi per i bambini che si potevano ascoltare attraverso una voce narrante. Oggi la tecnologia si è evoluta e raffinata a tal punto che permette e consente a tante persone, che altrimenti non riuscirebbero, di poter ascoltare dei libri. Penso ai non vedenti, agli anziani che hanno problemi motori, ma anche a tutti quelli che vanno di fretta e non hanno tanto tempo, ma magari riescono a "leggere" un libro, ascoltano brani o paragrafi di questo mentre si trasferiscono da un punto all'altro utilizzando autobus, aerei, treni, metropolitane ed altro.