1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono uno scienziato di una certa esperienza nel settore della biologia molecolare, costretto in gioventù, da circostanze poco favorevoli, a ignorare la mia naturale inclinazione verso le materie umanistiche che, essendo tale, è comunque testardamente sopravvissuta aiutandomi a dare un pizzico di originalità alle mie ricerche. La transizione da scrittore di scienza a narratore è avvenuta quasi naturalmente passando da testi divulgativi e interventi scritti e orali sulla politica della scienza. Scrivere mi impone di riflettere e riflettere mi fa sentir vivo.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c’è un momento della giornata perché tutto dipende dall’ispirazione che, quando mi fa visita, ho l’esigenza di seguire. L’ispirazione viene abitualmente materializzata in note scritte, spesso al risveglio, e poi le note vengono rilette , corrette e rimuginate fino a quando do libero corso al fluire delle parole. Non sono uno scrittore notturno. Ho bisogno della luce.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Non ne ho, perché è talmente alto il mio debito verso la letteratura classica, la storia, la filosofia, la fisica che sono impegnato da anni a recuperare. Imparo molto ma ho ancora molto da imparare. Lo storico del futuro Yuval Noah Harari è l’unico scrittore contemporaneo di cui ho letto tre libri di seguito. Se nella definizione di contemporaneo rientrano anche autori scomparsi di recente allora : Orwell, Pasolini, Fallaci. I miei autori favoriti sono in assoluto Shakespeare, Voltaire, Dumas e Dostoevskij.
4. Perché è nata la sua opera?
Questa opera nasce per aprire uno squarcio nel mondo chiuso e controllato della scienza praticata nell’accademia e in quello sordo e opportunista dell’industria, entrambi inadeguati a raccogliere la sfida eccitante che pone un mondo in continua evoluzione. La società moderna si basa sulla ricchezza generata dalla conoscenza, quella innovativa e originale. Accademia e industria devono saper selezionare, sostenere , promuovere e liberare gli scienziati migliori, non emarginarli, frustrali o soggiogarli ai loro piccoli interessi.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Figlio di una coppia di lavoratori del dopo guerra, lasciato a casa da solo fin da piccolo, ho alimentato a suon di letture la mia fantasia, sviluppando forti inclinazioni romantiche.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe. La realtà è limitata. Osservarla è fonte di insegnamento e ispirazione per immaginare il suo superamento.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
In quest’opera molto, al contrario delle due precedenti dove mi ero ben guardato dal non cadere nella trappola dell’autobiografia. Ma me lo dovevo. Accetto le sconfitte, mi lecco le ferite ma non in silenzio.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Mia moglie: compagna, amica, confidente, giudice, esempio, ispiratrice. Grazie a lei il racconto si eleva nell’affermazione di un amore famigliare che bilancia le tante traversie raccontate. Un ideale quello della famiglia, considerato superato e invece così presente e rivoluzionario.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mia moglie.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Non saprei. Io ho ancora il piacere fisico di toccare un libro, di portalo con me, di sfogliare le pagine, di annotare le frasi e i concetti, di riporlo in un dato luogo della casa pronto per essere di nuovo consultato. Il libro rimane per la vita, l’e-book se ne va con il pc.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Trovo sia una soluzione interessante per qualcuno che è occupato a sbrigare qualcosa di noioso come guidare l’auto ad esempio. Per il resto penso che leggere un libro crei un mondo a sé, un’atmosfera silenziosa di intimità feconda e personale che la voce di un narratore viola irrimediabilmente.